Il ministero di P. Matteo da Agnone: dalla mistica al servizio |
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(Dalla Rivista "P. Matteo da Agnone")
Il
Servo di Dio P. Matteo da Agnone è stato sostanzialmente un uomo di preghiera,
di dedizione agli altri nella formazione delle coscienze e un innamorato
contemplativo di Cristo e della Madonna. La sua profonda spiritualità lo
spingeva a essere contemporaneamente acuto nei
pensieri teologici e filosofici
e generoso dispensatore dei tesori interiori che andava riscoprendo con
la sua quotidiana meditazione. È stato un grande predicatore, ma anche un noto esorcista e un infaticabile
confessore di anime.
L'attività
pastorale di P. Matteo essenzialmente ruotava attorno a quattro elementi:
l'esaltazione dell'amore di Cristo per l'umanità espresso soprattutto nella Sua Passione, l'importanza
della figura materna di Maria come Mediatrice di salvezza, la necessità della
Penitenza come strumento di liberazione dal male e di elevazione a Dio e
l'esercizio della carità come testimonianza concreta della verità della propria
fede.
Della
Passione di Gesù, come momento e segno storico supremo della vicinanza di Dio
all'uomo sofferente, si parla largamente nel "Fasciculus Myrrae": di essa
vengono descritti i particolari, i dettagli dei comportamenti di Cristo, la Sua
attenzione, più che a se stesso, alla redenzione umana, il Suo silenzio, la Sua
accettazione della volontà del Padre, l'insondabile mistero del dolore come
prova ultima del tenero amore di Dio per la Sua creatura malata di limiti e di
peccato e autoferitasi nella sua libertà. Scrive a proposito P. Matteo: "Totae
salutis epilogus est Crucifixus" (f. 11 r). Nella Croce e sulla Croce Gesù con la sua morte fisica chiude una
nebbiosa e incerta pagina di storia e ne apre un'altra segnata dalla speranza:
quello strumento di fine diventa un emblema di inizio di una nuova vita che
avrà il suo culmine non nell'oblio ma nella Risurrezione, come un faro che
illuminerà l'intero corso dell'avventura umana. "In hoc signo vinces": è nella
Croce che sarà riabilitata la vicenda temporale, altrimenti incomprensibile e
ingiustificabile, del soffrire e delle tante sciagure che quotidianamente si
abbattono nel tessuto esistenziale di ognuno.
La
Madonna occupa un posto centrale nell'insegnamento e nella pratica pastorale di
P. Matteo. Il venerato Servo di Dio invita
a rivolgersi ad Essa con fiducia , affetto e abbandono di figli: si badi
bene, il suo non è un vuoto e vago sentimentalismo privo di sostanza, ma
l'affermazione di un "sentire" autentica la presenza di questa Madre spirituale
premurosa, attenta e sempre disponibile ad ascoltare la voce degli esseri
umani, a condizione, però, che si sappia dimostrare docilità anche alla Sua. La
Madonna è dolce, ma anche ferma nella sua universale maternità, ben consapevole
della nostra mutevolezza e instabilità, ma anche sempre pronta a dare una mano
a chi cade perché possa rialzarsi e continuare il proprio cammino di
purificazione e di evoluzione verso la Somma Trasparenza.
Il
terzo elemento è la Penitenza. Anche su questo P. Matteo insiste molto. Senza
una presa di coscienza dei propri errori e di un forte impegno a emendarsene
non c'è sincerità né con se stessi né tantomeno con Dio: la Confessione diventa,
allora, il luogo visibile dell'umile riconoscersi imperfetti, ma anche
l'occasione per verificare l'onestà dei propri propositi di cambiamento. Ẻ su
questa concretezza che si gioca da una parte il perdono di Dio e dall'altra la
decisione dell'uomo a mutare rotta nella proprie scelte di ogni giorno. È in
questa ottica che P. Matteo amministrava il sacramento della Penitenza, cosa
del resto che, nei nostri tempi, farà in un modo universalmente straordinario
il Santo Padre Pio.
Se
la Penitenza è conversione interiore, occorre, però, per essere credibili, che
essa si evidenzi nell'esercizio della carità sia verso gli amici che,
soprattutto, verso i nemici. Qui P. Matteo è molto esplicito e lo scrive in
varie parti del "Fasciculus": "Per bene operare due cose sono necessarie:
sapere ciò che si deve fare, et sapere in che modo si deve fare " (f. 226 r);
"La correttione fraterna tocca a tutti e quattro sono le condizioni: chi debba
essere corretto da noi, qual di noi sia obbligato a corregere, di che peccato si
faccia la correttione, et in che modo" (f. 200 r). Su quest'ultimo punto P.
Matteo precisa: "...avvisando amichevolmente, riprendendo reverentemente,
riprendendo aspramente et castigando" (f. 200 r). Aggiunge ancora il Servo di
Dio: "Ognuno è soggetto al precetto d'amare Iddio et il prossimo. Però essendo
la correttione fondata nell'amore di Dio e del prossimo, ogn'uno è obbligato a
corregere " (f. 200 r). Naturalmente l'esercizio della carità non è fatto solo
di correzione fraterna, ma anche di aiuto, di discrezione, di delicata
sensibilità, di rispetto per l'altrui individualità, di sostegno nelle
difficoltà, di assistenza e di condivisione solidale nei momenti di sofferenza
e soprattutto di perdono senza confini né condizioni: e anche qui P. Matteo ne
parla in più parti del "Fasciculus". È da supporre che questo profondo
insegnamento pastorale sia stato preceduto e accompagnato dall'esempio concreto che il venerato Servo
di Dio ha tradotto in gesti nella sua vita: implicitamente ciò è testimoniato
dall'affetto enorme da cui era circondata la sua persona. Solo chi esercita
sinceramente la carità può essere stimato e rispettato così!
Queste
sono le principali linee direttrici lungo le quali si è sviluppata l'attività
pastorale di P. Matteo. Come si può notare, l'origine è la sua ricchezza
interiore conseguente alla mistica unione con Cristo, mentre gli effetti sono
costituiti dallo zelo generoso e disinteressato largamente dispensato ai propri
fratelli di fede e non: una sintesi, questa, della quale solo i Santi possono
essere capaci.
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