Sempre con grande simpatia e
affetto vado con la mente all'amico NINO CASIGLIO, del quale il 16 novembre si è
ricordato l'ottavo anniversario dalla sua scomparsa (1995). A parte le sue ben
riconosciute doti di attento studioso e di fine letterato mi piace qui
rievocare soprattutto l'uomo e le sue qualità fatte di sensibilità e di ascolto
dei bisogni degli ultimi. Per tanti anni ho lavorato accanto a lui al Liceo
Scientifico "G. Checchia Rispoli" come tante volte ci siamo visti nel suo
studio. Di NINO ho sempre ammirato l'equilibrio nei giudizi, l'apertura alle
nuove forme di sperimentazione (ricordo ancora con quanto piacere veniva e
sostava nella mia classe da me organizzata in tale direzione), la prudenza nel
valutare situazioni anche delicate, la pazienza nell'attendere che l'apparente
immaturità evolvesse verso approdi più sensati, l'illuminata e concreta saggezza
nel ponderare uomini, cose ed eventi. Solo chi non l'ha conosciuto bene può
vantarsi di esserne specialista.
CASIGLIO, a suo modo, era un uomo
libero da certi schematismi, rispettoso verso chi aveva un pensiero diverso,
sospettoso verso le convenzioni o nei confronti di chi voleva appropriarsi
della sua integrità da strumentalizzare poi a proprio uso e consumo,
soprattutto amava i suoi alunni, tanto che molti scrutini di fine anno
scolastico duravano ore perché il tutto potesse quadrare in una cornice di
giustizia. NINO era anche una persona umile che sapeva chiedere consigli.
Ricordo ancora quando mi sottopose un suo progetto per un nuovo modo di
insegnare la lingua latina: naturalmente lo condivisi in pieno perché mi
sembrava ed era ben calibrato dal punto di vista pedagogico-didattico. Rammento
anche con soddisfazione il corso abilitante del 1973 da lui diretto insieme
all'indimenticato RORÒ DE ROGATIS e le
sue lucide lezioni di psicologia dell'apprendimento: nonostante io fossi prete
e lui socialista (ma non "mangiapreti") mi promosse con il massimo dei voti,
risultando così il primo classificato in quel corso. NINO aborriva i luoghi
comuni, le frasi cosiddette fatte, i pensieri banali: era per un linguaggio
appropriato e personale, senza finzioni o scimmiottature del conformismo
corrente. NINO, insomma, era se stesso,
cioè un uomo che internamente respirava autonomia e che vedeva nessi anche là
dove altri sorvolavano con sorprendente superficialità. Così mi preme rievocare
la sua memoria: così, credo, piacerebbe anche a lui essere ricordato. Tutto il
resto certamente anche conta, ma in maniera
relativa.
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