(Seminario
di Studi, Torremaggiore, Castello Ducale, 31/03/1987)
Si dice che il mondo di oggi è pieno di nevrotici
L'incomunicabilità
fra gli esseri umani, la riduzione delle relazioni alla dimensione puramente
pragmatica, la precipitosa caduta di valori ritenuti intangibili, la profonda
solitudine dell'uomo moderno, la crisi nei modelli di riferimento non sono che
la punta di un iceberg, che ha come comune denominatore la messa in discussione
del significato dell'esistenza. Stanno a dimostrare questo stato di cose tanti
fatti: il dissesto in molte realtà familiari, il fenomeno delle tossicomanie,
la delinquenza e il terrorismo, la spregiudicatezza morale, il suicidio di
tanti adolescenti e giovani. Se nel piano organico le malattie simbolo del
nostro tempo sono il cancro e, in questi ultimi anni, l'AIDS, sul piano
psicologico lo è la nevrosi.
Le presenti
riflessioni ruoteranno su tre
argomenti: il concetto di nevrosi e la sua patogenesi, le principali forme di
nevrosi, qualche dato dalla mia esperienza clinica.
A- Il concetto di
nevrosi e la sua patogenesi
Lungo il corso
dei secoli il concetto di nevrosi è andato incontro a varie interpretazioni.
Per gli antichi greci era il sinonimo di malattia mentale. Per il chimico G. E. Stahl (XVIII secolo) denotava
l'insieme dei disturbi psichici derivanti alcuni da malattie organiche, altri
da funzionali. W Cullen nel 1769 fu il primo a descrivere con questa parola
l'insieme degli atteggiamenti nervosi che si attivano in determinate situazioni
di vita. Janet, seguendo Mesmer e Charcot, riscontrò che sotto ipnosi alcune
forme di nevrosi erano da collegarsi con fatti vissuti nel passato, ma
dimenticati. In questo secolo si sono sviluppate quattro modelli di
interpretazione della nevrosi:
- quello di W. Reich, secondo il quale la
nevrosi si sviluppa quando c'è repressione e si esprime sotto forma di
tensioni muscolari;
- quello di S. Sullivan, per il quale la
nevrosi non sarebbe altro che un disturbo quando in una relazione
importante si crea un'incongruenza o difficoltà comunicativa;
- quello comportamentista, in base al quale le
nevrosi sarebbero la conseguenza di contemporanee situazioni-stimolo
producenti l'effetto di forti ma incompatibili tendenze all'azione;
- quello psicoanalitico, infine, secondo il
quale la nevrosi si instaura, quando lo sviluppo della pulsione si ferma e
si fissa in un determinato periodo dell'evoluzione dell'individuo (fase
orale, fallica o di latenza) e unitamente a questi blocchi si formano
anche i meccanismi di difesa.
I primi tre
modelli (cioè quello reichiano, quello relazionale di Sullivan e quello
comportamentista) hanno in comune il fatto che determinate situazioni
comunicative possono essere rivissute dal soggetto con conflittualità,
determinando così forme nevrotiche di natura reattiva, ma non spiegano l'intero
quadro delle nevrosi, che non si riduce solo a quelle reattive, anche se un conflitto nella comunicazione è
quasi sempre riscontrabile in tutte le nevrosi. Lo schema psicoanalitico è il
più completo, anche se, in qualche parte, è da integrare con alcune altre
osservazioni.
La nevrosi è un
blocco nello sviluppo dell'energia vitale, dovuto allo scompenso tra quadro
ereditario (che è una precondizione), sistema di stimoli o di modelli
intrafamiliari (specie nei primi 5 anni di vita) e condizioni della vita
presente. Quando questo equilibrio cade si crea un conflitto fra l'Io
dell'intero organismo e l'ambiente circostante. L'oscillazione della
personalità si manifesta prima sotto forma di ansia generica, che servendosi di
vettori clinici come l'adrenalina e la nora-drenalina provoca una forte
sofferenza nell'individuo, poi, se non risolta, una vera e propria nevrosi, che
si esprimerà con un insieme di sintomi particolari e un'accentuata attività
difensiva. I tempi di questo processo in alcuni è lineare, nel senso che l'una (la
nevrosi) segue all'altro (lo stato ansioso), in altri i tempi quasi
s'identificano e ciò vuol dire che lo stato ansioso latente era allo stadio
massimo di saturazione, per cui è bastato un semplice evento negativo presente
e scompensante a evidenziare la conflittualità interna. L'Io (coscienza lucida,
mediatrice fra l'inconscio e il mondo dei valori del Super Io) è sofferente,
perché da una parte è pressato dalla forza espansiva dell'inconscio (rimozioni
negative e istinti positivi), dall'altra è condizionato dal sistema di valori
al quale è stato educato. L'Io soffre, perché non riesce più a trovare
equilibrio fra queste due istanze della persona. Per difendersi e per
conservare qualche spazio d'azione attiva meccanismi di difesa, aventi lo scopo
di farlo in qualche maniera sopravvivere dallo schiacciamento di queste due
forze contrapposte e si esprime sotto forma di comportamento sintomatico. Il
conflitto e la sofferenza interna sono questi, perciò le nevrosi sono un fatto
eminentemente umano (gli animali esprimono solo nevrosi indotte e
sperimentali). La nevrosi non compromette la vita, né è alienante, non produce
una forte distorsione della realtà né una grave disorganizzazione nella
personalità, anche se ad essa sono associati prima il dolore morale, poi quello
fisico (tramite sintomi), oltre che un non-adattamento all'ambiente. A
differenza della psicosi, la nevrosi conserva e non distrugge l'Io. A livello
cerebrale giocano qui i grandi sistemi di proiezione talamo-corticale e
reticolare ascendente, oltre che i sistemi nervosi di inibizione. Il linguaggio
del nevrotico è ricco di simbolismi, anche se ancora molto legato ai sintomi.
Questo è evidenziabile soprattutto nelle libere associazioni e nell'analisi dei
sogni. La soluzione del quadro nevrotico si avrà solo quando l'inconscio si
espande, liberandosi da una parte dei contenuti negativi (e quindi
sbloccandosi) e attivando dall'altra interessi vitali rimasti fissi a un
determinato periodo della vita (non sempre tali interessi sono di natura
libidica, come voleva Freud), e quando il Super-Io viene sottoposto ad analisi
critica da un Io meglio protetto dall'ansia. Sul piano nervoso ciò significa
riorganizzazione dei circuiti e attivazioni delle strutture bipolari e
indipendenti del piacere e del dolore. La persona così si sviluppa equilibrata,
creativa, originale, in pace con se stessa, libera e costruttiva nei confronti
dell'ambiente circostante, che viene visto come una realtà in evoluzione, da
inventare continuamente. Da qui nasce anche la gioia di vivere, il gusto della
ricerca, la dialettica creativa e mai conformista. È il grande balzo di
qualità, rimasto bloccato a un gradino dello sviluppo con la nevrosi.
B- Le principali
forme di nevrosi
- L'isteria - Essa si evidenzia con
l'attivazione di un sintomo che richiama ed è legato all'esperienza
traumatica originaria con la cosiddetta conversione. Ricordo qui due casi:
l'esperienza del terremoto del '79 che in una paziente è rivissuta sotto
forma di peso alla testa e di vertigini; un fatto di violenza rivissuto
nella crisi con parole indecifrabili in un'altra paziente. Secondo Freud
l'isteria è legata alla prima fase genitale.
- La nevrosi ossessiva - Ha due componenti
fondamentali: un'idea che si impone con forza e uno stato emotivo
concomitante (la qualità dell'emozione, in questo caso è il dubbio, il
rimorso o l'ira). Essa consiste nell'attaccamento affettivo penoso a
un'idea fissa, ma della stessa qualità di quella punitiva anche se
incompatibile con essa. Si attivano qui i meccanismi della trasposizione o
della sostituzione. Ricordo una paziente che prima di mangiare doveva
lavarsi 10 volte le mani; questo fatto fu associato a un'infezione avuta
nel passato (10 anni) alle vie genitali. Per Freud la nevrosi ossessiva è
da collegare con la tarda fase anale.
- La nevrosi d'angoscia - Essa presenta come
sintomo un'irritabilità generale e diffusa, un senso di attesa angosciosa,
il risveglio notturno (o "pavor nocturnus"), vertigini con ... ..., parestesie, costrizione toracica e
palpitazioni cardiache, riduzione della libido. C'è una forte componente
di psicosomatizzazione (il disturbo organico è rivissuto come un male
organico). Di questo quadro fanno parte la nevrastenia, l'ipocondria, le
manie del dubbio, l'ansietà prolungata nel tempo. La nevrosi d'angoscia è
intimamente legata all'atteggiamento che si ha verso l'esistenza (senso di
vuoto, perdita di significato, problemi d'identità). Per Freud questa
forma di nevrosi è da riferire alla tarda fase orale, in cui l'angoscia
primaria è quella di essere inghiottiti e così dissolversi nel nulla.
- La nevrosi fobica - Essa è una modalità
della precedente nevrosi, quella d'angoscia; talora precede quella
ossessiva. La paura si esprime o verso cose specifiche (agorafobia,
claustrofobia, eritrofobia, antropofobia, nosofobia, paura della notte,
del buio, della solitudine, della morte, del vuoto) o verso sensazioni
interne (come in quella impulsiva: paura di atti nocivi a sé e agli altri,
che, però, non si compiono). Anche qui, come, per l'angoscia, la
fissazione è alla tarda fase orale e implica spesso problemi
d'insoddisfazione sessuale.
- La nevrosi reattiva e da stress - Essa è una
particolare forma di reazione a una situazione percepita e vissuta come
ansiogena. Varia con le situazioni di vita (professione, matrimonio, stato
celibe o nubile, scuola, società ...) e con l'età. Di questo genere sono
spesso quelle di natura sessuale (disturbi eiaculativi, impotenza
psicogena ...: dove il piacere è visto più come fine che come effetto del
rapporto; uno stato d'ansia può inibire il vago, causando impotenza, e
eccitare il simpatico, provocando eiaculazione precoce), e quelle
cosiddette iatrogene (di origine medica).
- La nevrosi caratteriale - E' stata così
definita da Freud; oggi si chiamano "turbe caratteriali". In questa
nevrosi i sintomi dolorosi sono tali più per gli altri che non per il
soggetto interessato.
- Nevrosi collettive - Sono associate a
particolari eventi ritenuti pericolosi per la sopravvivenza del genere
umano. Si ha questa durante periodi di emergenza: guerre, epidemie, contro
mali particolari (cancro, AIDS), in momenti di disastri con danni
collettivi (terremoti, diffusione radioattive ...).
Queste nevrosi,
anche se tendono a somatizzarsi, non vanno confuse con le affezioni
psicosomatiche, perché queste ultime non sono causate dalla psiche (come è
nelle nevrosi), ma solo sostenute da essa. In altre parole non sottendono
sempre un conflitto o una frustrazione interna. Da notare, inoltre, è anche il
fatto che queste forme di nevrosi non sono categorie a se stesse o a se stanti,
ma spesso i quadri si attraversano, per cui si possono presentare più sintomi
di vari quadri nevrotici. Solo che, in genere, c'è la prevalenza di uno
sull'altro. Questa diversità dipende dallo stadio di sviluppo in cui è nata la
nevrosi e a cui si è bloccata l'evoluzione della persona. Lo stato di
sofferenza del soggetto è la premessa per il suo coinvolgimento nell'intervento
terapeutico, nel quale, almeno nelle prime fasi, è utile associare anche un
trattamento farmacologico. Con la disponibilità del soggetto e con un buon iter
psicoterapeutico (che dovrebbe prevedere strumenti anti-ansia, liberazione
delle forze inconsce, attivazione degli interessi e riprogettazione della
vita), la prognosi è quasi sempre positiva. Lasciar correre però significa
preparare la strada alla depressione, una grande attenzione bisognerebbe infine
dare anche ai cambi stagionali e alle norme di igiene mentale da osservare.
C- Alcuni dati
della mia esperienza clinica
Nel trattamento
dei nevrotici occorre saper stabilire subito un contesto di empatia,
consistente nell'accettazione del paziente e della sua sofferenza, ponendosi,
almeno agli inizi, dalla sua ottica. Contemporaneamente il clima dovrebbe
essere improntato a un sincero rispetto per la sua persona e la sua libertà,
oltre che alla dinamica, che in lui si svolge.
Un buon
terapeuta deve porre, inoltre, molta attenzione nell'analisi dei sintomi e del
processo di simbolizzazione, che ne è alla base. Già lo stesso linguaggio
adottato dal paziente si presenta come veicolo di questi processi di
simbolizzazione interna. Un'accurata attenzione va data anche all'analisi e
all'interpretazione dei sogni, che sono l'elaborazione, anche se in maniera
mascherata, dei bisogni inconsci della persona. La medesima attenzione va
prestata anche alle difese che il soggetto pone in atto, e che spesse volte
sottendono o una sofferenza che ha difficoltà a venir fuori a causa della
propria fragilità interna o che potrebbero anche far pensare a un'incipiente
formazione di una struttura psicotica; la persona si difende, insomma, o per
debolezza o per sfida nei confronti del terapeuta o perché sceglie lo status di
malato, per trarre da esso i vantaggi della realtà circostante.
Il trattamento
delle nevrosi, dalla mia esperienza, trova un grande giovamento dalla
psicoterapia individuale. Talora, può, però essere utile anche quella di
gruppo, specialmente quando la nevrosi ha contorni relazionali o reattivi
all'ambiente.
Un buon
terapeuta non dovrebbe mai promettere guarigioni facili o a cuor leggero. Deve
far presenti le difficoltà del cammino e incoraggiare costantemente e, direi
anche, pazientemente il paziente a intraprenderlo con fiducia; i tempi variano
a seconda della reattività del soggetto. Alla fine il quadro si sblocca senza
che ci si accorge. Ancora dalla mia esperienza, risultano più facilmente
solubili le nevrosi giovanili e adulte che non quelle in persone anziane, nelle
quali ottenere un discreto controllo dei sintomi già costituisce una
soddisfacente risultato.
Il nevrotico ha
bisogno di riprendere un discorso interrotto nel suo sviluppo allo scopo di
vedere gradualmente espandere la propria personalità. Perciò occorre non
sovrapporsi con la propria visione di vita. Il suo adattamento alla realtà deve
essere sempre creativo e originale e non conformistico, di svendita cioè
all'ammasso. Solo quando comincerà a capire e a gustare il senso della vita e a
parteciparvi con entusiasmo, la sua nevrosi può dirsi in via di risoluzione. Se
la domanda è grande, la risposta non può e non deve essere deludente.
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