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Agnone di P. Matteo nei sec. XV e XVI PDF Stampa E-mail
La Città di Agnone è posta in una fertile valletta non molto distante da Frosolone d'Abruzzo e dalla Maiella e fa parte della Diocesi di Trivento. La Città deriva dall’antica Anglonum o Aquilonia, dove, come riferisce Livio, il console L. Papirio condusse l'esercito romano e qui fece giurare fedeltà ai sodati Sanniti. Il periodo storico, che va dalla seconda metà del XV secolo alla prima metà del XVI, è stato caratterizzato da profondi mutamenti specialmente sul versante religioso. Il Concilio di Trento (1545-1563) aveva avviato nella Chiesa, e di conseguenza nella stessa società, una serie di trasformazioni che avrebbero poi influito e inciso non poco sul futuro della vita civile e religiosa dei secoli successivi.
Un forte impulso fu dato al rinnovamento delle strutture ecclesiastiche, dei costumi e della pratica religiosa: istituzione dei seminari, nascita di nuovi Ordini religiosi, maggiore severità nell’etica dei comportamenti, riforma liturgica, capillarità nella predicazione al popolo, formazione delle coscienze anche con l’attività preventiva (Indice dei libri proibiti), promozione e animazione di iniziative caritative e assistenziali, l’obbligo di residenza in Diocesi per i Vescovi, rigore dottrinale e disciplinare, ecc. Naturalmente queste erano le buone intenzioni, anche per controbattere le tante lacerazioni provocate dalla Riforma protestante con lo scisma d’Occidente, ma, si sa, ogni innovazione vuole sempre i suoi tempi di maturazione e di applicazione concreta, perché la realtà è comunque variegata e spesso non priva di resistenze, magari codificate da secoli e perciò talora difficili da scalfire o, peggio, da cambiare. A tutto questo non era sfuggita la cittadina di Agnone, una florida località di ascendenze osco-sannitiche situata nell’Alto Molise e posta a circa 850 metri sul livello del mare. Qui, come del resto in quasi tutte le altre realtà dell’entroterra, le novità scivolavano molto lentamente nei cuori e nelle menti e ciò a causa di stratificazioni sociali consolidate nella storia e quindi considerate come immutabili. Ad Agnone, sin dall’anno 1443, il Re Alfonso d'Aragona aveva concesso il diritto della “bagliva”. Il Baglivo era quel magistrato che amministrava la giustizia. Aveva per simbolo la bilancia e certamente doveva abitare nell'ultima casa della Ripa (a sinistra andando alla terrazza che domina la Vallata del Verrino), la cui finestra, in pietra travertina, presenta un disegno di architettura il cui stile è proprio dei tempi aragonesi.
In questa Città si sono succedute grandi famiglie storiche come quelle dei Colonna, dei Gonzaga, dei d'Aquino (celebre nella storia ecclesiastica e non meno nella storia politica e militare) e dei Caracciolo: quest'ultima vi rimase fino alla soppressione della feudalità. Non pochi eventi luttuosi colpirono Agnone, come i terremoti del 19 agosto 1561, del 30 luglio 1627, del 1629 e quelli del 1638 e del 1640. Anche la peste decimò il popolo agnonese come si rileva dalle date segnate in più luoghi (Chiesa di San Francesco, 1500, Convento di San Francesco - entrata - Peste 1507 ecc.) e dai lazzaretti di San Rocco e di San Bernardino. Dal 1500 in poi diversi gentiluomini veneziani, romani e fiorentini abbandonarono le loro città in seguito a persecuzioni politiche e vennero a dimorare in questa Città portando la loro lingua, i loro costumi e le loro industrie e dando così origine a molte famiglie rinomate e stimate.
Nel XVI secolo in Agnone vi erano oltre alle scuole private, ben cinque conventi aperti e cioè quello dei Celestini, dei Chierici Regolari, dei Conventuali, dei Riformati e dei Cappuccini, nei quali si faceva scuola al popolo. Nel Convento dei Chierici Regolari si insegnava gratuitamente non solo a leggere e a scrivere e il catechismo, ma anche l'italiano e il latino. Dallo spagnolo di quel tempo provengono i nomi entrati a far parte del linguaggio popolare agnonese: sopressata, torrone, cotognata (dal portoghese) e largamente si diffonde il titolo di “Don” al posto di “Signore”. Voci arabe, turche e persiane penetrano attraverso i contatti con l'oriente: sofà, sorbetto, rob (sugo di frutta concentrata), tatone ( dall'arabo “tatow” = nonno e tata). Nel Seicento la vecchia erudizione e le nuove scienze s'incontravano e talora si scontravano nelle Accademie, che si andarono moltiplicando come non mai, ivi compreso in Agnone. Erano perlopiù salotti che si allargavano ad accogliere le persone “letterate” della città e nei quali si usava dissertare su argomenti secondo regolamenti più o meno rigorosi. La successione dei nuovi “signori” di Agnone ebbe inizio nel 1505, quando Ferdinando il Cattolico concesse la città a Prospero Colonna. Egli, in occasione della sua venuta a Napoli, aveva accordato ad alcuni baroni del Regno diecimila ducati di rendita annua, con le terre di Corigliano ed Atri in Calabria, Barletta ed Acquaviva in terra di Bari, Diano e Lagoparvo nel principato di Piedimonte ed il Comitato di Morcone in Terra di Lavoro, già appartenuti a Prospero Colonna. Non volendo che quest'ultimo rimanesse senza remunerazione “per i tanti e cosi importanti servizi” resi e il fervente amore sempre dimostrato verso la parte aragonese, con privilegio emanato il 13 ottobre nella città di Cordova, il sovrano concesse, in perpetuo, a lui ed ai suoi eredi e successori, “in feudum tamen et sub debito feudali servitio”, le terre di Caramanico con i suoi casali, Agnone e Torino (di Sangro), siti nelle terre d'Abruzzo. Ogni volta che il dominio della città passava da un feudatario all'altro, le autorità locali spedivano al nuovo signore un emissario che, spesso, portava in dono prodotti dell'agricoltura e dell'artigianato locale per chiedere la riconferma dei privilegi garantiti dagli Statuti. Così, in una supplica del 1528 al cardinale Pompeo Colonna, l'Università di Agnone ricordava che “per la fideltà et bona servitù da sempre dimonstra[ta]...li furono concessi molti privilegij, gratie et immunitate, et confirmati suoi statuti, capituli, ordini et reformationi, tucte concernenti il servitio di lor Signorie et governo pacifico et quieto di essa Università» ed ottenne la conferma dei precedenti privilegi”. Per più di due secoli gli Statuti vennero continuamente modificati a beneficio della città.
La crescita demografica del Regno di Napoli nel corso del Cinquecento interessò in modo rilevante anche i centri più interni. In base alle numerazioni dei fuochi, l'Università di Agnone risultava densamente popolata: nel 1532 era tassata per 693 nuclei fiscali, nel 1545 per 734 e nel 1561 per 813. Le crisi agrarie degli ultimi decenni segnarono, anche ad Agnone, il punto di inversione della favorevole congiuntura cinquecentesca, tanto che la numerazione del 1595 diede 767 fuochi. Nei primi decenni del Seicento, la popolazione aumentò nuovamente fino ad arrivare a quella attuale di circa 8500 abitanti. Comunque la punta massima di 843 fuochi fu raggiunta nel 1649, per ridursi, dopo la peste, a 9 e a 613 nuclei fiscali. L'Università di Agnone, come la maggior parte delle Università del Regno, doveva corrispondere dal 1649 ducati 4,20 (42 carlini) a fuoco, da essere assegnati non alla Regia Corte ma ai “consegnatari”, ossia ai creditori della stessa. L'unico consegnatario di Agnone era il principe di Santobuono. Fin dal Medioevo, Agnone si era affermata come centro di arti e di commercio di considerevole importanza. Intere sezioni degli Statuti regolavano le attività di ramai, fabbro-ferrai, sarti e calzolai. Il capitolo relativo ai “calderai” specificava la qualità del rame da adoperare per ciascun oggetto e stabiliva il prezzo di otto ducati, per ogni “centenaro” (40 rotoli o 100 libbre grosse) di rame lavorato venduto in Agnone. Gli oggetti di rame dovevano essere lavorati con le “recchie” di rame (orecchiette forate per l'innesto del manico) e con le “vere” di ferro (cerchi che delimitavano i bordi dei vasi di rame), eccetto le “ frissore “ (padelle per friggere), i “manerii” (recipienti con manico per attingere acqua) e le “scommarelle” (schiumarole) che era consentito confezionare con i manici di ferro. Le conche potevano avere manici composti per un terzo di ferro, mentre per “le conche schiette” (larghe e appiattite) era consentito fare le “ase” (asole per i perni) di rame e le “campanelle” di ferro (anelli per appendere i recipienti). I tini, che servivano per l'acqua, potevano avere manici tanto di rame che di ferro. Nel corso dei secoli XVI e XVII, i baroni continuarono a opprimere i vassalli, a frodare lo Stato e ad annullare qualsiasi effetto della giustizia con la corruzione. Fecero divenire soltanto formale la partecipazione dei vassalli all'elezione degli amministratori e dei magi- strati, che furono sostanzialmente espressione della loro volontà, e continuarono ad ampliare le loro proprietà a scapito di quelle delle Università. Gli usi civici, già ridotti dai Comuni per il bisogno di denaro che, durante il Cinquecento, li aveva indotti ad affittare le terre comuni, vennero ulteriormente limitati. Nel momento in cui l'offensiva feudale raggiunse il punto massimo, in coincidenza con la grave crisi finanziaria, politica ed economica che colpi il regno napoletano nei venti anni che precedettero la rivoluzione del 1648, si acuì anche lo scontro tra Comuni e feudatari. La violenza baronale si fece sentire in modo particolare sui rappresentanti dei Comuni, come Agnone, che, nella maggior parte dei casi, appartenevano al ceto dei “civili”, degli “onorati”, dei “gentiluomini”, secondo le varie denominazioni che nei diversi centri assunse quel ceto che, con un termine più generico, potremmo definire borghesia. L'ingerenza diretta del governo centrale nell'amministrazione delle Università, attraverso i commissari di “redenzione” (=la Giunta delle Università), pur limitando l'autonomia finanziaria dei Comuni, stabili tra essi ed il governo un continuo contatto, che spinse anche i centri minori del Regno a sentirsi non più isolati di fronte al barone, ma parti di uno Stato. Quanto più si intensificavano i rapporti tra la borghesia provinciale e gli uomini della capitale (arrendatori, ministri, ceto forense), tanto più la spinta delle Università verso la demanializzazione e la loro azione giudiziaria per reagire ai soprusi baronali si intensificò e prese consistenza. Le liti con i baroni, convenuti su un piano di formale parità dinanzi ai vari stadi giurisdizionali, costrinsero molte Università, come quella di Agnone, a indebitarsi. La politica governativa fu, in tale contesto, contraddittoria, perché se da un lato l'autorità regia sembrò favorire l'autonomia dei Comuni nei confronti del baronaggio, dall'altro essa minò la base finanziaria di questa autonomia, effettuando un prelievo fiscale che le Università non erano in grado di sopportare e provocando un notevole aumento del debito pubblico locale a vantaggio di speculatori ed acquirenti di rendite, tra i quali vi erano spesso gli stessi baroni. Questi ultimi, d'altra parte, riuscivano a sfuggire sia ai pesi di carattere feudale sia ai tributi ordinari ed a trasformare i loro privilegi in occasioni di commerci, guadagni e monopoli. Così, per esempio, i nobili furono favoriti nel commercio dei prodotti delle loro terre per la provvista delle città. I poteri feudali che i baroni ancora conservavano permettevano loro di imporre “quasi forzatamente, ma che non appari[va]” i prodotti del feudo ai loro vassalli benestanti. Tutti gli scarti “ed il rimanente difettoso delle industrie” che non si potevano vendere ai mercati “per essere di cose non buone o guaste”, si vendevano nei macelli del feudo. Questa era la situazione socio-economica di Agnone in quel particolare periodo storico, tanto che si dovette giungere, in vista di una pacificazione sociale, a sottoscrivere un atto pubblico, del quale si riporta qui di seguito qualche esempio:

” Addì 28 marzo 1506, nel locale di S. Croce. A lode di Dio e della Gloriosa Vergine Maria, alla presenza, e con l'intervento e mediazione del Revdo P.fra Bernardino da Siena dell'Ordine dei Minori dell'Osservanza e predicatore in Agnone della parola di Dio nell'anno in corso, presenti il mastrogiurato, il Sindaco ed altri cittadini del Consiglio di detta terra in numero abbondante, sono stati visti e letti i Capitoli e le promesse fatte al tempo del Rev.do Padre fra Marco da Bologna e trovandosi in essi due Capitoli nei quali non si faceva alcuno scrupolo di coscienza, non per derogare e diminuirne alcuno ma per aumentarli in meglio è stabilito e riformato in quella promessa che del Capitolo del rame dove è scritto che si possa prendere 3 ducati per miglioro, atteso che quei 3 ducati non si possono pretendere perché ci sarebbe l'usura, (è stabilito) che volendosi dare detti rami a qualche patto, non si possa percepire cosa alcuna eccetto quando volessero fare compagnia (società) lecita e giusta a perdita e guadagno; della qualcosa sia responsabile chiunque lo voglia fare…Ancora di nuovo si omologa, ratifica e conferma il Capitolo contro gli omicidi in quel modo e forma che si trovava scritto nei Capitoli della detta terra di Agnone, acciocché in essa terra sia perpetua pace e unione e ad evitare le rovine e i malanni che ne seguirebbero. Inoltre di nuovo si stabilisce ed ordina, affinchè Iddio rimova ogni flagello e pena che seguir dovesse in detta terra, che nessun pubblico concubinario possa né debba dimorare né abitare in detta terra e chi si trovasse al presente a tenerla (la concubina) (si prescrive) che la debba lasciare e cacciarla di casa ovvero sposarla o maritarla secondo che meglio gli parrà, entro il termine di 15 giorni, altrimenti dopo aver esposto pubblico bando, sia cacciata dal consorzio e dalla compagnia dei cittadini e dalla stessa terra come sopra. E tutti i predetti Capitoli e promesse siano a lode dell'Onnipotente Dio e della Gloriosa Sua Madre Speranza immortale Vergine Maria, per la salute della Regia e Regína e Maestà il pacifico vivere e l'unione della predetta Real terra di Agnone. E' aggiunto ed ordinato fermo e stabile Capitolo acciocchè nella detta terra di Agnone, per il futuro abbia ad esservi senza interruzione pace e unione ed allo scopo di togliere ogni occasione e causa donde possa nascere scandalo o errore alcuno, nella detta terra di Agnone è stato stabilito ordinato e fissato dal detto Parlamento, dal Consiglio e dall'Università che ogni anno, nel pubblico e Generale Parlamento che si farà nella detta terra pei tempi futuri, si debba eleggere, creare ed ordinare quattro cittadini e uomini probi di detta terra tra i quali uno ed il primo sia il Rev.do Arciprete di essa terra presente e futuri, i quali abbiano libertà e potere (d'intervento) in tutte le cause di odio, malevolenze, inimicizie, errori ed altre cose che accadessero nell'ambito di detta terra tra cittadini commoranti ed abitanti in essa, che subito e senza indugio dovranno cercare (le cause) di dette divergenze, odii ed errori in quanto possibile ai detti cittadini, ristabilirne l'unione e la pace e comporre in concordia le dette parti con tutta quella grazia e prudenza elle potranno e parimenti far giungere ad un compromesso per quanto riguarda queste divergenze secondo quanto è detto sopra e qualora qualcuno dalla parte del quale vertesse la divergenza non restasse contento da non voler consentire all'unione, pace e concordia e quel tale avesse odio o fosse ;n errore, allora i detti cittadini e le parti sono tenuti a far convocare e adunare il Consiglio di detta terra e in detto Consiglio far chiamare la Marte la quale sembra colpevole e il Consiglio con tutte le forze, ed in pieno accordo col Capitano di detta terra, deve costringere ed obbligare le dette parti in contesa a far fare loro pace e unione acciocché per i tempi futuri possano e vogliano vivere in perfetta pace”.

La realtà di Agnone, peraltro molto comune a quella di molte altre del Regno di Napoli, in quei tempi era, purtroppo, questa. Perciò non meraviglia se talora si dovette arrivare anche a tanto! Sei anni prima della morte di S. Francesco (3.10.1226), e precisamente nel 1232, esisteva in Agnone un drappello di francescani che si riuniva nella chiesa di Maiella (cfr. Digestum Scripturarum Coelestinae Congregationis iuxta temporum seriem a D. Ludovico Zanotti a Caesena in eadem Congregatione abate). Da questo documento si sa che detta Chiesa, che prima era dei Frati Minori e poi dei Frati Maiellesi, venne consacrata nel settembre 1232 e che tra le reliquie della stessa vi era anche un pezzo del saio di San Francesco. La storia del complesso movimento francescano di Agnone si collega al movimento francescano in Abruzzo che si onora di poter dimostrare che San Francesco è stato in Abruzzo, come a Celano, a Boiano e nella città di Penne (cfr. Wadding, Annales Minorum, a. 1217). Da questo si può dedurre che i Frati Minori avessero come luogo di incontro la chiesa di Maiella in Agnone. Tale chiesa era fuori dell’abitato. Poi i Frati Minori costruirono la chiesa di San Francesco in città. Il movimento francescano in Agnone è stato, dunque, contemporaneo a San Francesco. Anche le Clarisse in Agnone avevano il loro monastero già alcuni anni dopo la morte di Santa Chiara avvenuta l’11 agosto 1253. Infatti in data 1279 il Vescovo di Trivento Giacomo confermò una concessione a favore del monastero di Santa Chiara, quella cioè di poter godere di alcuni privilegi, secondo le leggi della Diocesi di Trivento. Un favore simile venne concesso nel 1280 allo stesso monastero. Ma vi sono tante altre date che confermano la notizia dell’esistenza del monastero delle Clarisse in Agnone. Un convento francescano fu costruito nel 1343 dai Frati Conventuali con la relativa chiesa, che fu ampliata e consacrata nel 1732 da Mons. Antonio Lucci, frate conventuale e Vescovo di Bovino. Il convento di Agnone apparteneva alla seconda Custodia della provincia di S. Angelo. I Frati Conventuali vi hanno abitato fino alla soppressione avvenuta del 1866. Molti sono i francescani nativi di Agnone. L’influsso francescano si è fato sentire anche nelle leggi civili che regolavano la vita dei cittadini, spesso negli Statuti e nei Capitoli promulgati il 13 marzo 1504. In essi si inculcava di frequente la fedeltà alla vita cristiana Il Terzo Ordine di San Francesco esisteva fin dal tempo di San Giovanni da Capistrano, che era recato in Agnone per la predicazione quaresimale. Per opera di quest’ultimo nell’Abruzzo si estese la riforma degli Osservanti e in Agnone fu fondato il Convento di S. Bernardino. In esso vissero molti frati di santa vita, come Padre Tommaso Teutonico (morto nel 1467) e P. Benedetto da Cremona Per quanto riguarda il Convento dei Cappuccini presente in Agnone, dopo la Riforma dell'Osservanza, si ebbe nella grande Famiglia Francescana la Riforma Cappuccina (1525) e il fervore agnonese verso i frati dell'Osservanza si manifestò con la costruzione del Convento di S. Bernardino e quello verso i Padri Cappuccini con la costruzione del Convento dei Cappuccini. Fu proprio merito del Frate Cappuccino agnonese, Padre Matteo di Agnone, al secolo Prospero Lolli, che, con la sua predicazione quaresimale tenuta in Agnone nel 1598 e con l'esempio delle sue virtù, seppe conquistarsi tanto l'affetto dei sui concittadini che alla fine questi si impegnarono ad erigere un Convento. Come accade sempre dovunque, e quindi anche ad Agnone, vi fu dapprima disparere sul sito dove doveva sorgere il Convento, se alla località “il Cancello”, presso il Palazzo Gamberale, alla località “la Ripa” oppure alla località “la Croce”; fatta l'estrazione a sorte delle tre località, uscì il biglietto con l'indicazione “la Croce”. A questo proposito si racconta che, dovendo il Padre Provinciale P. Francesco (portoghese) recarsi ad Agnone per piantarvi la Croce per la fabbrica del nuovo Convento, volle che con lui vi andasse anche il Padre Franco di Manfredonia, uomo di santa vita, essendosi venuta a creare una difficoltà sul fatto che ciascuno desiderava avere il convento vicino alla propria casa. Nessuna soluzione sembrava accontentare le varie persone, tanto, come narra un Cronista del tempo, che il P. Franco, per impedire che venissero alle armi, fu costretto a dire: “Signori miei, sin d' hora ci siamo consigliati solamente con noi et habbiamo lasciato Iddio in disparte. Vorrei adesso che facessimo a lui ricorso con supplicarlo ad illuminarci e mostrarci la sua volontà con mettere a sorte il sito ed appigliarci a quello ci toccherà”. Il consiglio piacque a tutti, come fosse dettato dallo Spirito Santo, sicché, scritti i nomi dei siti su tre foglietti e deposti in un vaso, il P. Franco intonò in ginocchio il “Veni Creator”, dopo del quale estrasse un biglietto dall'urna e si trovò scritto il nome del sito. Alzandosi in piedi, aggiunse: “Ecco, Signori miei, che Dio ci ha manifestato il suo santo volere. Oggi è Venerdì, giorno dedicato alla Passione del suo Santissimo Figlio, e vuole che, in conformità del tempo e del Mistero in esso rappresentato, si fabbrichi il Monastero dei Cappuccini nel sito della Croce”. Allora tutti, soddisfatti, accettarono quel luogo come il più comodo della Città. Accadde, però, che, una tale scelta non essendo gradita a uno dei notabili della Città, questo ebbe a dire che se per disavventura si fosse cominciata quella fabbrica, non sarebbe mai terminata perché i Cappuccini non avrebbero avuto i mezzi sufficienti per portarla a compimento e aggiunse: “Possa io morire quando si darà principio a coprire il Monastero”. Udito ciò, il Padre Franco lo riprese amorevolmente e gli disse che a quelli che confidavano in Dio non poteva mancare mai niente e che faceva molto male a desiderare la morte e chiedesse, quindi, perdono a Dio del suo errore prima che fosse troppo tardi. Cose d’altri tempi! I lavori per la costruzione del convento iniziarono nel 1603, col consenso del Vescovo di Trivento Monsignor Giulio Cesare Mariconda, napoletano. Nel 1605 il Convento dei Cappuccini fu ultimato e la sua Chiesa fu consacrata nel 1623 dal Vescovo di Trivento Mons. Girolamo Costanzo. Il Convento aveva un orto a esso contiguo, ma non rendite temporali né debiti, né aggravi di Messe di sorte alcuna. Era abitato da più di 12 Frati e qualche volta era stato anche sede dello Studentato. A sostenerlo erano i benefattori della Città. Nel convento vi morirono nel 1656, nel periodo della peste e a sua causa, P. Giovanni Maria da Agnone (21 settembre?), fr. Francesco da San Marco, fr. Giuseppe da Brescia, fr. Francesco da Campobasso, fr. Matteo da Vico, fr. Vincenzo da Serracapriola (1 novembre 1656). La venerazione alla Madonna di Costantinopoli da parte dei PP. Cappuccini, che risale al tempo delle crociate, è stata viva e costante specie dopo la peste del 1656.
Dopo l'ultima soppressione del 1866 il Convento andò in rovina e l'antica Chiesa, rimasta isolata, fu demolita nel 1925 e su di essa venne creata una piazza con il Monumento ai Caduti. Ma un'altra Chiesa dello stesso nome sorse nella parte opposta della piazza per la generosità delle due Banche locali “La Sannitica” e “La Operaia Cooperativa”. Nel 1954 i Padri Cappuccini tornarono in Agnone e all’inizio trovarono una sistemazione provvisoria nei locali della Stazione della scomparsa Ferrovia Elettrica Agnone-Pescolanciano, per avere oggi, ma già da oltre venti anni, quella definitiva nel nuovo Convento. Così dunque il secondo Ordine di S. Francesco, le Clarisse, il Terz'ordine, le tre grandi famiglie francescane dei Frati Minori Conventuali, dei Frati Minori Osservanti e dei Frati Minori Cappuccini hanno avuto per vari secoli una vita veramente fiorente in Agnone. In questo contesto sociale, economico, culturale e religioso, certamente non privo, come si è fatto rilevare, di elementi anche conflittuali, si è andata sviluppando la vicenda terrena del Servo di Dio P. Matteo, che, essendo figlio di tali luoghi e dei suoi tempi, ne è stato condizionato nella sua persona, ma non poco ha tentato anche di far sentire la sua forte e autorevole voce di Testimone, di Predicatore instancabile, di grande e potente Esorcista e di Uomo di Dio e di cultura teologica e filosofica ben solida al fine di migliorarne le condizioni d vita non soltanto sul piano religioso, ma indirettamente anche in quello civile e non solo di quell’area geografica

. BIBLIOGRAFIA

- Nicola Marinelli, Agnone francescana, Agnone 1927 Statuti e Capitoli della terra
di Agnone. Testo originale per la prima volta ora pubblicato con Introduzione e
note da parte di Filippo La Gamba, Editrice Athena Mediterranea, Napoli

- Custode Carlomagno, Agnone: dalle origini ai nostri giorni,

- Campobasso Vittoria Ferrandino, Una comunità molisana in età moderna, in
“Economia, finanza di Agnone”, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994

- Digestum Scripturarum Coelestinae Congregationis iuxta temporum seriem a D.
Ludovico Zanotti a Caesena in eadem Congregatione abate
.
- Wadding, Annales Minorum, a. 1271 I Francescani in Capitanata, Atti del
Convegno di Studi tenuto presso il Convento di San Marco in Lamis dal 21 al 25 ottobre 1980, Mario ADDA Editore, Bari 1982
 

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