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I limiti della conoscenza umana/1 PDF Stampa E-mail
Indice articolo
I limiti della conoscenza umana/1
1. La prelettura biopsicocibernetica
2. Una epistemologia interdisciplinare
3. Il problema del flashback e della sorpresa
4. Il ruolo della teologia
5. I limiti della conoscenza umana

Il problema del flashback e della sorpresa

Non rare volte accade che improvvisamente su un problema, attorno al quale si è lavorato per lungo tempo, arrivi, come un lampo di illuminazione insperata e inattesa (flashback), la risposta. Cosa avviene di reale in questi momenti? Probabilmente dal punto di vista neurologico, dopo che gli episodi sono stati registrati nel cervello e immagazzinati in maniera imprevedibile, si verifica una sorta di rapide interazioni fra i neuroni della memoria e si perviene così a una sintesi e a una selezione di informazioni tali da far prevalere quella più importante e incisiva e comunque che possa servire meglio allo scopo di una ricerca o di una domanda.

A questo proposito nel suo saggio "Che cos'è un uomo?" Mark Twain, scettico della nozione di libero arbitrio, sostiene l'idea che l'uomo non eserciti il controllo della propria mente e delle sue opinioni: "Non sei tu ad aver creato quel pensiero- dice il vecchio nel saggio - sono gli ingranaggi della tua mente ad averlo creato, in maniera automatica ed istantanea senza bisogno che tu abbia dovuto rifletterci su".

L'intuizione di Twain si è arricchita col sostegno scientifico di un gruppo di ricercatori dell'Università G. d'Annunzio di Chieti- Pescara.  E' stato infatti pubblicato, da pochi giorni,  sulla rivista Nature Neuroscience, il risultato di una ricerca   secondo la quale i processi di decisione percettiva non debbono necessariamente coinvolgere le strutture dei lobi frontali del cervello, tradizionalmente associate agli aspetti più complessi della cognizione umana, come la coscienza, ma sono invece le stesse strutture cerebrali di base, implicate nell'elaborazione degli stimoli ambientali rilevanti per la decisone e nel controllo delle azioni che la seguono, ad essere coinvolte e quindi "attivate" dal processo di decisione percettiva.

Un lavoro questo molto interessante che illumina non di poco il problema della nascita imprevista di un nuovo pensiero.  

Dal punto di vista psicologico si attiva una riorganizzazione dei dati percettivi in modo che esca fuori, dalla loro combinazione, una completamente nuova, che in qualche maniera prima  esisteva informe e dai contorni ancora confusi, poi, come per un processo di big-bang, viene a prendere forma una nuova realtà, cioè una nuova idea. Quali "particelle", per così dire, vengono a collidere fra di loro per  giungere a un evento imprevisto e certamente creativo? A questo punto nessuno può dirlo con precisione, perché tende a scattare quel "quid" di personale che fa di ognuno una originalità: sostanzialmente è una rimodulazione del tutto, e, perché no, anche un po' di mistero ancora irrisolto. Ovviamente tutto ciò genera "sorpresa", meraviglia e stupore intellettivo: cioè si offre come un qualcosa di totalmente inesistente prima che va a inserirsi e ad arricchire il panorama conoscitivo della persona, che non è spiegabile meccanicisticamente solo con una sorta di semplici effetti prodotti dalla rete dei circuiti neuronali riverberanti. È come chiedere a un pianoforte perché produce una sinfonia: non saprebbe rispondere senza appellarsi all'artista che l'ha creata o che la esegue. Il "come" è una cosa, il "perché così" un'altra. E allora qui il discorso incrocia e interroga alcune discipline particolari, come la filosofia teoretica, la criteriologia, la fisica teorica, la teologia e soprattutto la psicologia del profondo, secondo la quale esiste un Io, centro regolatore e di attribuzione di pensieri e di azioni. Lo si chiami come si vuole (spirito, mente, anima, psiche), ma c'è, è in tutti e si presenta in  maniera individuale e irripetibile in quanto a serbatoio di particolari esperienze, a capacità rielaborativa di dati e in quanto a modalità reattiva dinanzi agli eventi della vita. I fenomeni psi devono, dunque,  in qualche modo sapersi coniugare e relazionare a questa realtà, peraltro, sempre in continuo movimento.

 

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