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Il futuro, inteso come storia
complessiva, in parte dipende dal disegno misterioso di Dio, in parte è frutto
anche della responsabilità umana nella
maniera come sa operare le proprie scelte. Se queste ultime vengono indirizzate
alla salvaguardia della natura, della conservazione dell'equilibrio
nell'ecosistema, dello sfruttamento più razionale delle risorse e della
conseguente giustizia nella loro distribuzione (fonti energetiche, acqua...), di
una politica più attenta al fattore demografico e allo studio e uso di energie
non inquinanti, allora Terra e vita si salvano. Agire altrimenti costituirebbe
un sicuro disastro annunciato.
Ovviamente resta il problema
della fragilità comune e della "paura" non solo della sofferenza e della morte,
ma anche dell'imponderabile e dell'imprevedibile. Per esorcizzarle, l'uomo nel
tempo tende spesso a costruirsi dei contenitori nei quali scaricarle e
semmai a condividerle poi con gli altri, pensando di sopportarle collettivamente magari meglio (comune pena
mezzo gaudio): perciò si sono inventate e tuttora s'inventano continuamente
delle date sulle quali puntare per constatare se realmente poi certi eventi
paventati vengono a essere smentiti dai fatti e, quindi, trovare così un po' di
sollievo. Ma, superata una, se ne trova sempre un'altra pronta a subentrarle e
così via. È il meccanismo psicologico della proiezione che entra in gioco,
quando invece sarebbe più saggio prendere seriamente coscienza della propria
attuale condizione, imparare a saper utilizzare al meglio per sé e per gli
altri l'irripetibile dono dell'esistenza, amare, rispettare e difendere
maggiormente la natura, cominciare a costruire realmente una comunità di pace e
di condivisione. Questo è il vero rinnovamento invocato e sperato: ma
dipende esclusivamente dalla libertà umana, indipendentemente dalla pressione o
meno derivante o esercitabile da ipotetici eventi esterni.
Sebbene anche la paura possa
produrre talora qualche cambiamento, speculare, però, deliberatamente su di
essa è da sciagurati, perché si va a manipolare, giocando poco onestamente,
sugli istinti più deboli dell'animo umano.
E questo a chi giova? A vendere magari
qualche libro in più? A passare per profeti (di sventure, direbbe Papa
Giovanni XXIII)? Alla fine a chi certamente non giova è alla conoscenza della
verità, alla quale tutti si è chiamati,
se non si vuol vivere da stolti e da ciechi.
Scrive Dante nella sua Divina
Commedia:
"Considerate la vostra semenza,
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza"
(Inferno, c. XXVI, 118-120)
Per i vasti riferimenti bibliografici → Giornale dei Misteri, Maggio 2009
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