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La colpa della sofferenza PDF Stampa E-mail


  La vita umana è un dono meraviglioso, ma è anche un groviglio attraversato da tante contraddizioni: gioia e dolore, autenticità e finzione, bontà e atrocità, virtù e vizi, santità e perversione, bene offerto fino al martirio e male assoluto, egoismo sfrenato ed eroismo ammirabile, serenità familiari e lutti angosciosi, ecc. Una delle principali e più comuni fonti di perplessità, però, resta quella determinata dall'esperienza della sofferenza fisica e psichica: la malattia o l'inabilità Perché queste e perché poi proprio ad alcune particolari persone? Una domanda di questo genere introduce la mente nel grande oceano dell'inestricabile mistero del vivere, sicché in qualche modo una risposta bisognerebbe tentare di cercare.

Preciso subito che il dolore e conseguentemente il soffrire, di qualunque natura essi siano, costituiscono parte sostanziale dell'esistenza quotidiana. L'uomo è un essere limitato, inserito in uno spazio-tempo altrettanto ristretto e angustiante. .Ognuno, nel bene come nel male, dipende dall'altro, dalle situazioni ambientali, dalle qualità delle scelte sociali, dalle proprie emozioni, dal più o meno buon funzionamento di tanti fattori biologici e genetici peraltro non ancora del tutto noti, da molti fenomeni naturali non sempre controllabili (terremoti, eruzioni vulcaniche, dissesti idrogeologici con frane, ecc.). Per questa serie di ragioni non ogni volta la malattia o la stessa morte sono frutto di una colpa o di una irresponsabile azione personale. Realisticamente, e io aggiungerei purtroppo, questa è l'attuale condizione della esistenza umana. C'è da dire, però, che molti disastri personali e collettivi sono anche l'espressione concreta dei vari stili individuali  di vita o di tanti errati comportamenti generali.  Quanti guai l'uomo se li va a procurare con le sue  stesse mani: droga, alcol, incidenti sul lavoro, imprudenze spericolate, inquinamento atmosferico e ambientale, alimentazione sbagliata, sofisticazioni nei prodotti primari, colpevoli mancanze nella costruzione di case, ecc. Tante morti improvvise sono facilmente prevedibili: se solo si fosse un po' più accorti quante vite verrebbero a essere risparmiate!

C'è, però, l'inquietante problema della scomparsa precoce di esistenze ancora in crescita, come quelle di bambini e di giovani. Qui la domanda si pone in maniera spesso drammatica: perché? La risposta, escluse le cause di origine genetica o accidentale (incidenti procurati da altri...), diventa molto difficile da dare e quasi sempre rasenta l'ultimo maglia  del vivere. Il fatto è che una giustificazione razionale semplicemente non esiste. Non è nell'ordine naturale delle cose che la vita si spezzi o si spenga al suo primo sbocciare: sembra un'assurdità insostenibile, ma purtroppo è così. Allora una via conoscitiva di uscita andrebbe trovata, o almeno cercata, al di fuori di questo apparente ordine. E qui entriamo nel campo della teologia e della fede religiosa.

A tale proposito cosa esse dicono? A seconda delle varie esperienze religiose le soluzioni si presentano molto diversificate.

Per quelle orientali, che generalmente accettano l'idea della reincarnazione, la malattia non sarebbe altro che una sorta di purificazione per gli errori commessi nelle vite precedenti e questa ha lo scopo di preparare il soggetto a una successiva esistenza migliore.

Per quanto riguarda il Cristianesimo c'è da fare una distinzione. Nell'Antico Testamento la sofferenza dei figli era considerata perlopiù come conseguenza delle colpe commesse dai propri padri. Nel Nuovo Testamento, invece, soprattutto nelle Lettere di San Paolo,  il dolore con tutto ciò che l'accompagna viene valutato come una forma di partecipazione personale alla passione di Cristo allo scopo di contribuire così alla redenzione dell'umanità.

A questo punto s'impone un interrogativo di fondo: ma non è richiesta una scelta "volontaria" in questa compartecipazione alla missione salvifica del Cristo? Quale autocoscienza possono avere in ciò bambini e giovani? Dal momento che nessuno vuole il proprio male, quali motivi spingerebbero Dio quasi a forzare l'acquisizione di un'autoconsapevolezza che non si ha e che, forse, neanche si desidererebbe avere? Dio può giocare cinicamente a dadi con la vita delle sue creature più deboli e indifese? Tentare di elaborare o di prospettare una soluzione a questa serie di dilemmi rischia di far precipitare la mente nel tunnel della depressione o della disperazione e comunque in uno dei più inestricabili misteri dell'esistere.

In questa sede ci provo con la dovuta prudenza imposta dalla delicatezza di un argomento così arduo da capire e soprattutto da accettare.

Premetto che l'uomo è inserito nella dimensione di uno spazio circoscritto alla visibilità e in quella di un   tempo lineare del quale si conoscono solo il passato e il presente, mentre il futuro sfugge sia nei contenuti che nel suo significato più profondo. Su ogni essere umano, è una mia convinzione, io credo che esista un "disegno" in continua evoluzione non sempre da noi afferrabile. Talora può sembrare anche  incomprensibile o strano e non spiegabile con gli strumenti del semplice e comune ragionare. Quale potrebbe essere il senso di un tale "disegno"? Si può solo tentare di avanzare qualche ipotesi.   

In primo luogo che un tale "disegno" esista  mi sembra quanto meno molto probabile. Ě sotto gli occhi di tutti in forma di coincidenze non casuali, incontri imprevisti, letture illuminanti, realizzazione di eventi inattesi, parole ascoltate o dette al momento giusto, ecc. Ě come un gomitolo di filo che si snoda o una tela che si va lentamente tessendo come un mosaico composto da tanti puzzle dispersi. Sapendo "leggere" bene queste esperienze si nota che dietro di esse si nasconde una precisa finalità: la conoscenza della "verità del vivere" e la certezza intuita che l'autentica felicità alla quale si è chiamati tutti insieme in un vincolo di reciproca solidarietà non risiede in questo non rare volte squallido mondo. Sarà una progettualità da alcuni forse respingibile, ma sembra essere proprio così. Se non accadessero tante inaspettate, indesiderate e impreviste disgrazie forse gli occhi interiori di molti mai si aprirebbero, continuando magari a vivacchiare nella banalità o nella ricerca del vuoto e sciupando così una irripetibile occasione di riflessione sulla preziosità del  dono di essere stati  inseriti nel flusso dell'esistenza.

In questo "disegno" quale ruolo hanno la sofferenza, un bambino e un giovane le cui vite si interrompono così bruscamente? La prima ha la funzione di schiarire in qualche modo la coscienza e di fortificare la mente  intercettandone  le parole nascoste nei suoi infiniti silenzi, i secondi (bambini, giovani) quella di porsi come Angeli Custodi, Spiriti Guida, Anime Innocenti di Luce che donano aiuto ai superstiti terrestri  nelle molteplici difficoltà del loro cammino, difendendoli dagli illusori abbagli del male, comunicando buoni e incoraggianti pensieri, talora rendendosi straordinariamente anche visibili pur se sotto altre sembianze. Dunque essi non sono "morti" né tantomeno scomparsi  dalla scena di questo mondo senza un valido motivo o per colpa di chissà chi. La realtà è che noi viviamo come sperduti viandanti dal passo incerto ancora immersi e condizionati dal velo avvolgente di una diffusa materialità, perciò è a noi difficile scorgere queste presenze invisibili, ma,  al massimo, solo percepirle con la nostra attenta sensibilità, naturalmente se questa è andata raffinandosi negli anni. Dilatando, però, di più lo sguardo, allora si verrebbe a scoprire che si è tutti nati a essere una grande famiglia, nella quale si è stati pensati con amore a rinsaldare una perenne comunione fra di sé, sviluppando una volontà di bene che procede verso orizzonti sempre più ampi. I legami completi saranno riannodati solo al totale consumarsi del tempo e allo sciogliersi definitivo dello spazio, quando cioè, varcando la soglia di una  superiore dimensione di universo vibratorio, un eterno presente e un superspazio, dove ci si potrà muovere istantaneamente a piacimento, non bloccheranno né più gli affetti né le vicinanze, una volta violentemente interrotte, saranno più soggette all'attuale deludente   provvisorietà.

Questo è il senso ultimo della sofferenza e della precoce apparente partenza di giovani e bambini dalla nostra terra, come anche questo è il destino finale dell'intera storia dell'umanità, scritto in collaborazione con una Intelligenza paterna che ogni essere intende ricondurre alla amorosa unione con Sé,  

Concludo queste riflessioni con due brevi pensieri.

"Si toccherà l'alba solo quando saranno stati percorsi tutti i sentieri della notte".

"L'apprendimento della verità avverrà in larga misura solo nel prossimo mondo quando ricorderemo le nostre esperienze di questo e solo allora le capiremo" (Kurt Gödel, Lettere alla madre)



 

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