Home arrow Articoli

j0341542.jpg                     Articoli suddivisi per categoria

Una Supercoscienza universale? /2 PDF Stampa E-mail
Indice articolo
Una Supercoscienza universale? /2
Osservazioni Conclusive
Bibliografia Essenziale
3. NELLA STORIA DELLE RELIGIONI

Generalmente presso le varie religioni la Supercoscienza viene definita con una pluralità di nomi: Grande Spirito, Grande Madre, Anima universale, Energia cosmica, Allah, Dio...
Osserviamole ora più da vicino:

A. Nelle antiche culture
 

I Celti

Le terre in cui era diffuso il sistema religioso dei Celti includono la Gallia, la Britannia e l'Irlanda, alcune certe zone nei pressi del Danubio e la Galizia. Informazioni su questa antica religione ci giungono dalla mitologia, dalla letteratura grecoromana e dall'arte religiosa di cui sono stati rinvenuti parecchi esempi. Nel periodo della conquista dei territori celti da parte di Roma si realizzò anche un considerevole sincretismo tra la religione celtica e quella romana. Molte divinità furono identificate in entrambe le tradizioni con divinità della tradizione opposta. Lo stesso Giulio Cesare, nel De bello gallico (52-51 a. C.),  opera un'elencazione delle divinità celtiche associandole, per il loro patronato, alle divinità romane. Poco si sa delle credenze religiose  nonché della vita dopo la morte. Le usanze di bruciare cibo, armi ed effetti personali del defunto rende l'idea di una credenza nell'aldilà. I druidi, cioè i sacerdoti, come afferma lo stesso Giulio Cesare insegnavano una dottrina che prevedeva la credenza nella reincarnazione, oltre che includente molti elementi astronomici e misteri sulla natura degli dèi. Gli Irlandesi credevano in un paradiso chiamato "La terra dei vivi", che collocavano in un mondo sotterraneo o su isole al largo nell'oceano. Questo paradiso veniva anche chiamato "La terra del piacere" o "La terra dei giovani". Era considerata una dimensione caratterizzata dall'eternità, assenza di tempo, da cui dipendeva l'assenza della vecchiaia e di tutte le preoccupazioni dell'uomo che caratterizzavano la vita terrena. Ancora meno si conosce sull'escatologia della religione celtica. Era diffusa la credenza nella fine del mondo, caratterizzata dal collasso dell'universo (la cosiddetta "caduta dei cieli").  Il culto, stando alle cronache grecoromane, non si svolgeva in templi, fino al periodo di contatto con l'Impero, ma veniva praticato all'aperto, in particolare all'interno di aree boscose. Questa era la tendenza generale, sebbene gli archeologi abbiano trovato parecchie aree che ospitavano templi, in particolare in Gallia, anche risalenti a periodi antecedenti la conquista romana. La religione celtica era anche contraddistinta dal culto degli alberi, considerati sacri e permeati, come del resto tutte le altre realtà, dallo spirito divino: una sorta di panteismo supercosciente.

Gli Egizi

La religione praticata egizia dal popolo degli Egizi fino all'imposizione del Cristianesimo e successivamente dell'Islam. Ai tempi della prima diffusione del Cristianesimo, quando nell' Impero Romano stavano prendendo piede nuovi culti, anche la religione egizia, in una forma basata particolarmente sulla centralità della dea Iside, stava avendo una considerevole diffusione. La religione egizia era fondamentalmente enoteistica e panteistica, venerava cioè una pluralità di figure divine considerandole come le differenti forme di manifestazione di un'unica Sostanza divina, chiamata Netjer.  Il divino, una sorta di supercoscienza indefinita veniva interpretato come espresso nella natura stessa del mondo. Nella Stele del Louvre (C 286)  si legge che Dio è un "oceano di energia primordiale" e nell'Inno  ad Ammone (Papiro di Leida) è scritto "Tu sei l'Uno".  La vita dopo la morte veniva concepita in massima parte come un viaggio mistico verso una dimensione parallela, il Duar, nella quale tutto si fondeva in una unica realtà.

I popoli mesopotamici e l'Estremo Oriente

Il  panorama religioso mesopotamico  è l'insieme delle  religiose sumere, assire, accadiche e babilonesi.  diffuse nel Medio Oriente (precisamente nei territori dell'attuale Iran, Siria e Turchia) prima dell'espansione cristiana e islamica, e, antecessiva a queste ultime, quella zoroastriana. Le due divinità principali della religione mesopotamica erano Namma, la Dea Madre, e An A (chiamato anche Marduk  e Assur), il Signore del Cielo; agli dèi venivano consacrati templi (chiamati "case elevate" o "case del cielo") alla sommità degli zigurat, che si trovavano nel centro delle città. La cosmologia mesopotamica era considerata come il sistema binario di opposizione di due principi cosmici supercoscienti, identificati con il maschile ed il femminile; per questo motivo un concetto diffuso era quello della ierogamia, da cui scaturiva una visione sacrale e mistica del rapporto sessuale tra l'uomo e la donna.
Di più non sappiamo.

In Estremo Oriente, invece, sono stati prodotti  i più antichi documenti della spiritualità umana: i Veda.  Questi sono suddivisi in quattro raccolte:
  • Rig Veda: Veda della lode;
  • Sama Veda: Veda dei canti sacri;
  • Yajur Veda: Veda dei riti;
  • Atharva Veda: Veda delle formule magiche e terapeutiche.
I Veda sono stati messi per iscritto dal grande rishi Vyasa, che scrisse anche le Upanishad, il Vedantasutra (commento sull'essenza dei Veda), i Purana e il Mahabbarata (chiamati comunemente "Quinto Veda").
I rishi erano grandi saggi, i quali grazie alla loro supercoscienza vedevano (la radice di Veda è vid, cioè vedere) le verità e poi le trasmettevano agli altri. Si trattava quindi di rivelazioni ricevute e non di sistemi filosofici elaborati.

I Purana ("raccolte di storie dei tempi antichi" o " Sacre Tradizioni"), paragonabili alla nostra Bibbia, trattano cinque argomenti: la creazione dell'universo; la sua distruzione e ricreazione; la genealogia delle divinità; le varie epoche del mondo con indicazione della condotta spirituale da tenere nei vari cicli; la storia di grandi dinastie.

I Purana sono distinti in 18 maggiori (Maha Purana) e 18 minori (Upa Purana) In ognuno di essi troviamo la presenza di una particolare divinità, di cui vengono presentate vita, culto, mitologia, nonchè le manifestazioni degli avatara e i relativi insegnamenti spirituali. Gli avatara sono 10: Matsya, Kurma, Varaha, Narashima, Vamana, Parasurama, Rama, Krisna, Buddha. Il prossimo è denominato Kalki ("il distruttore delle impurità"). Secondo la Trimurti (Trinità) indiana abbiamo le seguenti distinzioni: Brama è il creatore, Shiva assicura la transizione da un mondo ad un altro, Vishnu, invece, entra nell'intera manifestazione cosmica per sostenerla e mantenerla ("Visnù il conservatore"), manifestandosi in numerosi avatara ("incarnazioni" "Discese") per proteggere il mondo dalle forze che periodicamente mettono in crisi l'ordine cosmico ovvero il dharma. Se Visnù non intervenisse nei momenti di crisi, le forze disgregatrici avrebbero il sopravvento. Visnù è quindi il custode della legge universale, del dharma.
I cicli evolutivi sono divisi ciascuno in quattro periodi chiamati yuga: 
  • Il primo periodo è l'Età dell'Oro o della Verità (Satya Yuga), nel quale l'umanità ha una spontanea saggezza data dalla propria vicinanza al divino;
  • Il secondo è l'età dell'Argento (Tetra Yuga);
  • Il terzo è l'Età del Bronzo (Dvapara Yuga);
  • l'ultimo è l'Età del Ferro (Kali Yuga).
L'Avatar, sotto il profilo della manifestazione, prescindendo da eventuali ed opinabili identificazioni con una determinata persona fisica, è certamente un Principio divino supercosiente che si manifesta, un Insegnamento Iniziatico che si esplicita e che si rivolge all'uomo offrendogli la mano per sollevarlo dal buio, dalla sofferenza nella quale è caduto. Il Kriya Yoga pranayam, chiamato il rito del fuoco pran-apanico (PRAN APAN YAGYA) degli Yogi, insegna all'uomo come slegare la corda (del respiro) che lega la nostra anima all'involucro corporeo. Ciò fa si che l'anima possa volare ed espandersi nei cieli della supercoscienza dello spirito onnipresente e tornare indietro a volontà nel piccolo inolucro del corpo.. In un senso piu ampio l'intero mondo è saturo con questa forza vitale chiamata prana. Ogni cosa è una differenzazione del modo di esprimersi di questa forza universale. Il Prana universale, quindi, è Para-Prakriti (Pura Natura). Questa energia deriva dallo spirito infinito e permea e sostiene l'intero universo.

Il Buddismo, nato come una grande "eresia"  del Brahmanesimo induista , si è sviluppato come dottrina universale del riscatto dalla sofferenza  tra il sec. VI a.C. e l'VII d.C. Oggi è  la quarta comunità religiosa mondiale, dopo Cristianesimo, Islam e Induismo, e conta almeno 400 milioni di seguaci.
Verso il V° secolo a.C. il principe indiano Gotama Siddharta, percorrendo una Via Mistica diversa da quella induista, la " Via di Mezzo" , oltre i sensi, oltre la mente, oltre l'anima ( l'IO, l'Atman, il Sè) , entra in una Coscienza Illuminata, libera da tutti i karma, libera dal Samsara, libera dalla sofferenza. E' la coscienza portata (non è detto da Chi o da che cosa ) nel " Vuoto di esistenza", nel Sunyata, nella Estinzione (del desiderio e dei karma ), Nirvana. E' il Buddha , l'Illuminato, la Coscienza Pura della ChiaraLuce, che irradia Compassione .
Oltre l'inconscio, nella profondità dell'essere, l'Induismo scopre l'Atman, l'anima individuale intesa come scintilla del Divino, unica e uguale per tutti, che è in ogni essere individuale , vegetale, animale, umano, extraterrestre, etc. in quanto individuo, l'IO.
Quando tacciono i sensi e la mente , nella coscienza irrompe la luce dell'Atman e la coscienza diventa una supercoscienza: la coscienza dell'unità dell'anima con il Divino, Moksa. Nella antropologia buddista l'Atman, l'Individualità, l'Io, non è reale, è pura illusione come tutta l'esistenza.
In ogni individualità cosciente è presente una scintilla spirituale pura, la ChiaraLuce.
Nell''ambiente indiano del VI secolo a.C. il principe Gotama  Siddartha s'era reso conto che l'ascetismo estremo non faceva che spingere a livelli più profondi di coscienza, rafforzando gli impulsi e gli istinti che esso presumeva di sradicare. La retta via -scopre Sidhharta- sta nel mezzo , è la Via Mediana , la "non triste, non lieta, ma equilibrata, saggia e perfetta purezza.", la via della ChiaraLuce.

figura 9.jpg

Il segreto della felicità sta nell'accettarsi così come si è, perchè in ciascuno è nella Via di Siddharta , quando la coscienza incontra  l'Atman, l'Individualità, la supera  come ha superato i sensi e la mente , e , al di là del Sè, al di là dell'anima, la Coscienza è invasa di ChiaraLuce, e questa è la coscienza più "sottile", lo Spirito.
Il Buddha (=illuminato) che è in ciascuno, si "risveglia" nella non triste e non lieta condizione chiamata Nirvana: egli non è più un " Sè", non dice più: " Io". Egli è Tutto nel Vuoto di Tutto. Nella profondita' dell'universo, del Tutto, la sola realtà assoluta ed eterna è Sunyata= Il Grande Vuoto.
Le diverse scuole buddhiste interpretano in modi diversi lo stato di " Buddha": realtà di coscienza e perciò ancora mutevole (scuola Cittamatra, Tibet) oppure realtà definitiva , fenomeno ingenerato ed eterno.
Siddharta è diventato un Buddha percorrendo il Buddha Sasana, un cammino di meditazione spirituale che non è il "suo", ma che è sempre "esistito" e che esiste indipendentemente da lui. Questo non implica che sia possibile raggiungere una Coscienza Universale della ChiaraLuce:  ogni Buddha è una coscienza individuale,  perciò  ogni Buddha è una coscienza diversa della ChiaraLuce.
Secondo il Buddhismo Tibetano, la ChiaraLuce è uno spirito innato, non possiede nulla di vago o di temporaneo che possa rinascere.   Esso è uno spirito sottile, senza inizio e senza fine, cioè trascendente ed eterno..
ChiaraLuce non è una specie di anima universale, qualcosa che esiste separatamente dal Tutto, esso è  il  "Bene Universale" . Il Buddha è supercoscienza del Bene Universale, è identificazione con il Bene Universale che introduce in una beatitudine immortale (il sorriso del Buddha nè è il segno) che irradia Compassione, cioè amore. Il cammino buddhista è un cammino di superamento dell'egoismo.

L'Induismo, invece,  è impegnato nella ricerca spirituale della sanatana dharma (legge eterna della vita): "Fa che io passi dal non essere all'essere, dalle tenebre alla luce, dalla morte all'immortalità" è scritto nelle Upanishad. Per questa religione ciò che conta è la fuga dall'illusione delle apparenze sensibili del mondo, dell'io effimero, per congiungersi intimamente con la realtà vera, identificandosi e dissolvendosi in esso e spezzando il vincolo che lega l'individuo all'esistenza deludente e transeunte attraverso il ciclo incessante delle rinascite. Il Buddismo, che pure ha mutuato dall'Induismo un'ampia porzione della propria cultura, segue un altro itinerario spirituale. Esso rifugge dalla metafisica, non è attratto dalla ricerca di una realtà ultima, ma è sospinto da un interesse pratico circa il modo di liberarsi dal vivere umano, e quindi dal dolore, per raggiungere il nirvana, cioè lo spegnimento dell'io.

La religiosità cinese è dominata dal Taoismo: l'esperienza religiosa in questo caso si esprime soprattutto nella docilità a lasciarsi inserire nella Realtà ultima, identificata con il Tao (Via).

Lo Shintoidmo giapponese si manifesta soprattutto nel rapporto con la grande Madre Natura, come intuizione, percezione mistico-estetica del divino (kami), attraverso la contemplazione di ogni forma dell'essere, quale manifestazione del mistero.

Da tutto questo discorso sulla religiosità orientale, una realtà in sé molto complessa da illustrare e conseguentemente da capire, facilmente si evincomo alcuni elementi di straordinaria importanza: la raffinata raffigurazione concettuale della spiritualità, il superamento della contrapposizione dualistica occidentale (mente-corpo), l'intuizione dell'unità alla quale tutto tende, la fusione della coscienza individuale in una universale nella quale si ritrova la pienezza della pace interiore non  perdendo la propria identità, l'evoluzione progressiva verso sfere di esistenza sempre più alte. La nostra ipotesi qui sembra trovare una sua accettabile elaborazione.

I Greci

La religiosità greca si i è sviluppata in Grecia e nelle sue aree limitrofe, come nel Sud dell'Italia (Magna Grecia), nelle colonie greche del Mediterraneo occidentale (Marsiglia) e sulle costa dell?Egitto.  Questa influenzò fortemente le origini di quella romana, fondendosi con la religione etrusca e in seguito diffondendosi e originando sincretismi nel periodo ellenistico.  Una convinzione diffusa] fa risalire le origini del sistema teologico greco a influenze esercitate dalle preesistenti culture sciamaniche dell'Asia Centrale, che in un dato periodo si affermarono nella penisola balcanica assumendo come epicentro di diffusione la colonia di Olbia, in Scizia, a nord del Mar Nero. La religione greca possedeva una propria ben strutturata teologia e un corpus di miti che provvedevano ad esprimerla in forma allegorica.  Per coloro che non si accontentavano dei culti popolari, esisteva una serie di culti cosiddetti misterici che offrivano una comprensione più approfondita e concentrata della religione. I più famosi fra questi erano i Misteri Eleusini in onore di Demetra e di sua figlia Kore-Persefone e quelli Orfici in onore di Dioniso: questi ultimi costituirono  la radice della nascita e dello sviluppo dei primi e degli Oracoli di Delfi.

Il mistero trasmette i suoi contenuti religiosi attraverso un insieme di atti cultuali compiuti dai sacerdoti e dai fedeli a essi iniziati in diversi momenti e in vari spazi (all'aperto, lungo la via, nel santuario, nella vita quotidiana). Con la pratica di questi riti che accompagnano la vita degli adepti si realizza l'assimilazione del fedele alle vicende della divinità e quindi la partecipazione alla sorte "divina" da parte dell'uomo, una sorta di inserimento diretto nella supercoscienza divina.

Gli Slavi

La religiosità slava è quella degli antichi Slavi. Le sue origini risalgono alla fase di unità culturale, etnica e linguistica dei popoli abitanti le regioni nordiche dell'Asia. databile orientativamente dal Neolitico ai primi secoli dell'era attuale. Successivamente ebbe luogo un'espansione territoriale con conseguente differenziazione tra le varie popolazioni, che portò a cambiamenti, variazioni, modifiche, localizzazioni e ampliamenti della tradizione religiosa originaria. Si possiedono pochissime informazioni dirette sulla religione slava; la motivazione risiede nel fatto che questi popoli non possedevano una scrittura, che venne introdotta solamente insieme al Cristianesimo. La maggior parte delle notizie sulla religiosità precristiana nordasiatica ed esteuropea deriva, quindi, principalmente dagli scritti di missionari e cronachisti cristiani, fonti ovviamente non sempre attendibili. Sulla teologia della religione originaria degli slavi esistono numerose teorie. Secondo Helmond, che in qualche misura riprende la testimonianza di Procopio, questi popoli erano caratterizzati da una diffusa concezione enoteistica. Pare che, similmente alle vicine tradizioni asiatiche, quali il Taosimo, il principio divino fosse concepito come un'unità suprema che tendeva a scindersi in una polarità.

figura 10.jpg

Questa dualità di principi, corrispondenti grossomodo al concetto taoista di Yin e Yang, era la base della manifestazione di tutti nel cosmo e venivano personificati dalle due divinità di Perun e Veles: dalla loro interazione scaturiva la realtà, caratterizzata dall'eterna verità degli elementi in opposizione, come il bianco e il nero, il maschile e il femminile, il vuoto e il pieno, l'individuo e il Tutto. Non sono da escludere influenze provenienti dalle religioni orientali.

B. Nelle civiltà precolombiane
 

L'America precolombiana ha visto succedersi nei suoi vasti territori una serie di civiltà, sorte in modo del tutto distinto e indipendente da quelle del vecchio mondo, che, a partire dal secondo millennio a.C. , giungono fino alla conquista spagnola del secolo XVI. Pur nell'autonomia del  loro sviluppo,  la matrice sembra essere stata comune, come testimonia la presenza, in territori anche lontanissimi tra loro, degli stessi elementi architettonici, in particolare le grandi piramidi a gradoni aventi la medesima funzione di tempio e di osservatorio astronomico e, insieme, di richiamo all'archetipo della montagna sacra, la cui riproduzione artificiale risultava essenziale specialmente laddove la configurazione fisica del territorio si presentava mancante di montagne.

Una indagine sulle religioni e i miti di questi popoli, benché effettuata da vari valenti studiosi a partire dal diciannovesimo secolo, è a tutt'oggi necessariamente lacunosa ed imprecisa: ciò perché la scrittura era o totalmente assente, come nel caso degli Incas; o, anche se presente, come presso gli Aztechi e altri popoli che li avevano preceduti in quell'area, si trovava allo stadio abbastanza primitivo della espressione attraverso pittogrammi. Laddove infine, come presso i Maya, la scrittura si era evoluta nella direzione di un sistema di segni fonetici, dando luogo alla redazione di veri e propri libri, questi furono nella quasi totalità distrutti dagli Spagnoli.  (cfr. G. Romagnoli)

Comunque, interpretando alcuni di questi testi (alcuni codici aztechi e i quattro codici maya superstiti), l'insieme delle religioni praticate da questi popoli centroamericani fino al 1500, si basavano su un forte riferimento alle forze della natura e sul concetto di dualità. Questo sistema religioso vedeva come divinità unica e duplice Ometeotl e Omecihuatl (letteralmente "Nostro Signore" e "Nostra Signora", oppure "Signore e Signora della Dualità"), che si riteneva essere la Fonte divina, la Supercoscienza universale, il principio che si manifestava attraverso l'emanazione di tutti gli altri dèi.

C. In Africa


Il continente africano, seppur geograficamente compatto, presenta una barriera non indiffrente nel deserto del Sahara, per cui gli africanisti considerano una zona maggiormente omogenea quella a sud di questo deserto, nonostante a sua volta tale area non presenti una popolazione uniforme: vi abitano, infatti,  da migliaia di anni popoli completamente diversi come cacciatori di bassa statura, agricoltori dalla pelle scurissima e pastori guerrieri dal corpo alto e slanciato, senza considerare le differenze liguisitiche, antropologiche e, appunto, religiose. La ricerca sulle religioni dell'Africa Subsahariana è ostacolata, purtroppo, da una penuria di documenti e testimonianze storiche, tranne quelle trasmesse da missionari cristiani. In genere si tratta di religioni autoctone a sfondo naturistico, che presentano questi due elementi:
  • L'esistenza di una Entità superiore all'individuo, nei cui confronti questi è pressoché un oggetto;
  • L'Entità non è a sé stante, poiché l'individuo ha con essa rapporti sia positivi che negativi.
Inoltre sono rappresentati sia l'elemento passivo che quello attivo, cioè l'esperienza che l'individuo fa dell'Entità sovrastante, ed il comportamente verso quest'ultima.

Nelle religioni dell'Africa tropicale, le forze che circondano l'uomo non vengono mai considerate un qualcosa di naturale: il movimento del cielo, l'alternanza delle stagioni sono emanazioni di una forza che è presente dappertutto e che agisce secondo determinate leggi che non sono una precisa constatazione dei fatti. Dato che tale forza ha di solito carattere magico, è possibile tenerla sotto controllo e persino padroneggiarla. Una definizione scientifica di tali forze risulta, però,  piuttosto complicata.

Solitamente le popolazioni in considerazione ritengono che l'individuo sia formato da vari elementi, che   si separano al momento della morte e di solito sono tre: corpo, forza vitale ed anima, che per i Sotho corrispondono grossomodo a mele (o nama), moea (che significa anche "vento") e seriti. Fra questi tre componenti si stabiliscono  rapporti e l'anima solitamente viene individuata come elemento imperituro, che sopravvive agli altri due.

L'importanza della sopravvivenza dell'anima pone in quasi tutte le culture il quesito sulla preesistenza dell'anima. A questo aspetto prestano molta attenzione specialmente le tribù del Burkina Faso e quelle delle coste settentrionali della Guinea. Sempre secondo gli Ewe esiste una sorta di "paese delle anime" governato da una Madre degli spiriti che decide chi e quando mandare sulla terra dopo avergli insegnato le regole umane del comportamento. Spesso proprio il destino in vita è determinato da quello che è successo precedentemente e nel viaggio dal mondo delle anime al mondo degli esseri umani.

Molti spiriti  si sono fusi con divinità e non di rado hanno fatto passare in secondo piano l'Essere Supremo o vi si sono identificati: proprio in questo campo sono avvenute profonde trasformazioni, soprattutto per l'influsso dell'Islam.

Il sommo Dio o Essere Supremo occupa un posto a sé fra le divinità, essendo una figura di rilievo fra molte tribù, mentre per altre si trovano tracce di tale culto. Un esempio in merito è legato alla popolazione dei Kamba, in cui l'Essere Supremo ha formato gli esseri viventi, ma vive in cielo a distanza remota dagli uomini e tale popolazione gli rivolge solo molto raramente delle preghiere.

Fra alcune tribù il concetto di Essere Supremo è ampliata fino a comprendere il concetto di Creatore del mondo, ed alcune volte, come in Africa occidentale, il Dominatore dell'universo, figura benevola e senza caratteri materiali, la cui dimora è perlopiù il cielo.

Si può quindi affermare che nei confronti dell'Essere Supremo sussiste un po' di nebulosità: è così, per esempio, per i Kamba che distinguono Mulungu (Essere Supremo) dagli aimu, cioè le anime dei defunti. L'Essere Supremo, inoltre, se inserito in un sistema religioso, assume i caratteri di una divinità attiva e resta sempre a capo di una gerarchia degli esseri sovrannaturali: così tale divinità può fungere da fautore del destino, come nei popoli della Guinea settentrionale. Ma in generale nella pratica religiosa, tale figura ha un ruolo secondario, e rarissimamente è oggetto di un vero culto.

Del tutto diverso è l'"Uomo celeste" dei Chaga, che fa da mediatore fra cielo e terra e a lui si ricorre  per vendicare una ingiustizia. Nelle religioni africane è infine prevista la figura del Demiurgo, anche se risulta secondaria perché in genere non differenziata chiaramente da quella di una divinità.

In sostanza si può concludere che fra la coscienza individuale e la divinità esiste una strettissima simbiosi comunicativa.

D. Nel Cristianesimo


Nella religione cristiana, che dalla tradizione ebraica trae non pochi elementi (compresi quelli relativi agli Esseni), non si parla epresamente di Supercoscienza, ma di un Dio che sviluppa le sue ralzioni nelle tre Persone della SS.Trinità. Egli è eterno, creatore di ogni realtà, Puro Pensiero, Amore infinito, rivelatosi all'uomo nella Persona del Figflio. Però ci sono alcuni aspetti che andrebbero tenuti ben presenti:

  • Dio è onnisciente;
  • Dio è onnipresente;
  • L'uomo è, si muove e vive in Dio e Dio nell'uomo, di cui quest'ultimo è tempio sacro della Sua presenza (S. Paolo).
  • Il dogma della Comunione dei Sanri
Queste affermazioni della S. Scrittura e della teologia alludono implicitamente all'esistenza di una Supercoscienza universale, distinta certamente dall'uomo, ma intrinsecamente legata a questi, dal momento  che ogni essere umano è stato pensato e amato "ab aeterno" da Lui, quindi in qualche modo è oggetto della Sua stessa essenza. Non a caso si ripete spesso che nell'uomo vive una particella, se così si può dire, di Dio.  Egli abita l'interno dell'umanità ed è  nelle profondità silenziose di quest'ultima che andrebbe ascolatta la Sua voce. D'altronde le esperienze dei mistici e dei grandi Santi taumaturgici insegnano che essi "leggevano" in Dio ciò che dovevano dire o fare: uno scambio informativo diretto che sa di reciproca conoscenza. Che cosa è questo Dio se non uno specchio nel quale va a riflettersi un po' tutto in maniera tale che la coscienza attinge così i suoi massimi livelli? San Pio da Pietrelcina parlava chiaramente in questi termini posto di fronte a richieste di guarigione.

Una esperienza di questo genere ha avuto una delle più grandi anime mistiche di tutti i tempi, Santa Teresa d'Avila (1515-1582), che l'ha descritta in alcune sue opere: Il Cammino della Perfezione, Il Castello InterioreRelazioni (un'estensione della sua autobiografia sotto forma di racconto epistolare delle sue esperienze interiori ed esterne).

Nella contemplazione la Santa distingue alcuni livelli:

- Il livello sottile
- La mistica dissociazione, dove la natura e lo spirito sono ontologicamente separati e divisi: vero e proprio "Altro mondo"
- Il misticismo psichico: la natura è una perfetta espressione dello spirito (o come sostiene Spinoza, la natura è un sottoinsieme dello spirito) . il "di queso mondo" e ‘di altro mondo' sono uniti e congiunti.

Interessante per il nostro argomento mi sembra il primo livello, quello sottile. A questo stadio il processo di "interiorizzazione" o del "dentro e oltre" si intensifica - una nuova trascendenza con una nuova profondità, un nuovo abbraccio, una coscienza più alta, una più vasta identità - e l'anima e Dio entrano in un nuovo e più ampio matrimonio interiore, che dischiude al suo apice una unione divina tra Anima e Spirito, una unione prioritariamente con ciascuna delle sue manifestazioni come materia o vita o mente, una unione che eclissa ogni concepibile natura. L'uomo è Noi perfettamente libero di identificarci con la natura e  trovare una religione geocentrica della Terra che lo consola nelle miserie passeggere. Si è liberi di identificarci con la finita, limitata, mortale Terra; ma anche liberi di chiamare ciò infinito, senza limiti, immortale, eterno. Questo Spirito è dentro e oltre la Terra, supporto e scopo di tutto, è intuìto al livello psichico e viene all'attenzione nello stadio sottile dell'evoluzione della coscienza, includendo completamente gli stadi precedenti ed eclissandoli completamente. "Quella gioia", dice Teresa d'Avila, "è più grande di tutte le gioie della Terra, è più grande di tutte le delizie e di tutte le soddisfazioni ed esse sono percepite, anche molto differentemente, come io ho imparato dall'esperienza" (Il Castello interiore). Ne Il Castello Interiore, uno dei grandi testi sullo sviluppo del livello sottile, Teresa descrive con molta chiarezza gli stadi dell'evoluzione della "sottile farfalla", come lei chiama la sua anima, alla sua unione con il perfetto (autentico) Divino.

Figura 11.jpg

Descrive questa condizione facendo ricorso alla metafora delle "sette case" o sette stadi della crescita. I primi tre riguardano la mente ordinaria o ego, "non-rigenerato" nel grossolano, manifesto mondo del pensiero e dei sensi.
  • Nella prima Casa, quella dell'Umiltà, l'ego è ancora in amore con le creature e le agiatezze fuori dal castello e deve cominciare una lunga e disciplinata ricerca per volgersi all'interno.
  • Nella seconda Casa la pratica della preghiera, lo studio intellettuale, l'edificazione e la buona compagnia fortificano il desiderio e la capacità di interiorizzare e non semplicemente spargere disseminare e disperdere il sé in distrazioni esteriori.
  •  Nella Casa della Vita Esemplare, il terzo stadio, disciplina e etica sono fermamente considerati come fondazione di tutto ciò che segue (molto simile alla nozione buddista di dhyana o meditazione e prajna o illuminazione interiore). Questi sono tutti sviluppi naturali e personali.
  • Nella quarta Casa una grazia soprannaturale (o transpersonale) entra in scena con la Preghiera della Memoria (reminiscenza) e la Preghiera della Quiete, che Teresa differenzia dai loro effetti corporei. In entrambe vi è un calmarsi e rallentare delle facoltà come memoria, pensieri, sensi e una conseguente apertura al più profondo, a più interiori spazi con la correlataiva "grazia", che Teresa chiama, a questo stadio, "consolazione spirituale" (poiché essa è consolazione del sé, non anche trascendenza del sé).
  • Nella quinta Casa, attraverso la Preghiera dell'Unione, vi è un Fidanzamento Spirituale, dove l'Anima dapprima emerge direttamente e intuisce lo Spirito che risiede nella più profonda interiorità del suo stesso cuore (la psiche). "Emerge" perché prima era nelle profondità e ora viene alla luce. In questa fase vi è una particolare trasformazione. L'individuo sperimenta, per la prima volta, una completa cessazione di tutte le facoltà (per Teresa è la pura unione con Dio o con quello che chiama Spirito Noncreato). Teresa afferma, con una sua famosa metafora, che prima di questa cessazione (che chiama anche assorbimento) trasformativa, il sé non rigenerato (o ego) è come un baco da seta. Ma un sapore di unione (alla lettera, proprio una singola esperienza di questa, per quanto breve) e il verme emerge come farfalla. Come noi facciamo questo, l'ego sparisce ed fuoriesce l'anima: "Tutto l'egotismo svanisce; le correnti dell'Essere Universale circolano attraverso di me; io sono parte o particella di Dio" (Il Castello Interiore). Un solo sentire e la farfalla è nata. Il resto de Il Castello Interiore descrive lo straordinario viaggio di questa piccola farfalla verso la Fiamma primordiale nella quale, alla fine, essa felicemente morirà.
  • Nella sesta Casa Amante e Amato, farfalla e Dio, anima e Non-creato Spirito "si guardano l'un l'altro" per un ampio periodo di tempo. Sebbene l'assorbimento della quinta Mansione possa durare circa mezz'ora, vari tipi di assorbimento rimangono per un giorno o diversi giorni. Sotto l'aspetto positivo è qui, nella sesta Casa, che tutti i tipi di fenomeni del livello sottile cominciano a emergere alla coscienza e Teresa li documenta con eccezionale chiarezza: le illuminazioni interiori, i rapimenti, sottili suoni e visioni, i tipi di serenità e di reminiscenza, ‘estasi, rapimento, o trance'. La maggior parte di queste visioni (ultimo psichico e primo sottile) sono in se stesse transverbali ("le rivelazioni sono comunicate senza parole", in un modo che coinvolge non chiare espressioni di discorso). Ma l'evento centrale rimane, in ciascuno di essi, la possibilità di assorbimento nello Spirito non creato.
  •  Tutto ciò culmina nella settima Casa, dove vi è l'effettivo matrimonio Spirituale e lo sguardo si dirige verso la diretta visione o la diretta esperienza; la visione indica la via alla conoscenza diretta e alla esperienza diretta ("unione di tutta l'anima con Dio).
Ognuno di questi stadi della crescita, però, può produre anche notevoli sofferenze. Un esempioè la famosa "Notte Buia dell'Anima", una frase introdotta da amici e collaboratori di Teresa: la Notte Buia segue il periodo dopo che si è gustato l'Essere Universale, ma prima che ci si è stabilizzati in esso, poiché ls persona  ora havisto il Paradiso e subito dopo lo ha visto svanire. Teresa è particolarmente brillante nel descrivere e nel distinguere le agonie dell'anima nei suoi più alti stadi da quei problemi emozionali che caratterizzano le facoltà più basse.
La nuova profondità, questa nuova interiorità, che è un nuovo "Oltre", trascende del tutto la natura, l'abbraccia completamente ed è come incarnata in essa.
Secondo Saanta Teresa d'Avila, questo puro Spirito senza forma è detto essere lo Scopo Sommo e la Sorgente di tutte le manifestazioni dell'essere. E questa è la Supercoscienza mistica: una mirabile descrzione della possibile evoluzione della mente e dello spirito umano!



 

.:Statistiche:.

Visite: 50398
Visite in questo mese: 0
Visite Oggi: 0