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Il 'mistero' dell'inconscio umano PDF Stampa E-mail
Nella vita ci sono tante cose che ancora non conosciamo, altre che appena conosciamo, molte che forse non conosceremo mai. Relativamente all'osservazione della materia nella stessa scienza oggi prevale come orientamento di base il principio d'indeterminismo (Heisenberg): ci si figuri per quanto attiene al mondo psichico. L'animo umano è tanto complesso, variegato, indecifrabile e spesso inafferrabile che il dire di saperne tutto è come affermare una sciocca vacuità. L'uomo è un "mistero" piantato nel tempo e nello spazio: questo lo è per sé, a maggior ragione per gli altri. Le neuroscienze possono interpretare il "come" avvengano alcuni processi psichici e quali aree cerebrali a questi, come strumento mediatore, sono interessate, ma mai arriveranno a chiarirne il "perché così" e "per quale scopo". Lasciamo perdere poi il "deus ex machina" del ricorso al caso o al caos: in un sistema ben organizzato e sapientemente legato anche nei suoi più minuti segmenti un simile riferimento farebbe solo sorridere.
Entrando nel merito del nostro discorso, io credo che la partita della comprensione dell'animo umano si giochi tutta sul terreno dell'inconscio, che in questa sede considererò non tanto sotto l'aspetto psicoanalitico quanto piuttosto nel suo significato primario e fondamentale.

Che cos'è, allora, l'inconscio?
Tralascio di accennare a quello "collettivo" (C. G. Jung), tutto ancora da dimostrare, all' "anima mundi" (J. Hillman) o all'Io subliminale, nel quale, secondo F. Myers, tutti gli psichismi individuali sarebbero immersi. Mi soffermerò solo su quello "personale".

Secondo Freud l'inconscio ( o ES) è la struttura più profonda della personalità, sede del principio del piacere. È autonomo nei suoi processi e nelle elaborazioni dei suoi contenuti. É regolato dall'Io mediante i meccanismi di difesa e di controllo e quest'ultimo, a sua volta, è modellato dal Super-Io, che ne indirizza le scelte verso obiettivi di compensazione e, quindi, di non sofferenza dell'intera "struttura-uomo".

L'inconscio si esprime tramite il linguaggio mascherato dei sogni, dei lapsus verbali, delle dimenticanze, dei motti di spirito, dei simboli, dei miti, delle allusioni e delle metafore oltre che nel set psicanalitico: in tutti quei momenti, cioè, quando l'Io non esercita più il suo totale e completo potere di vigilanza. Il suo funzionamento è essenzialmente antilogico, perché opera spostamenti, non riconosce i gradi di certezza (negazione-dubbio-certezza) né i processi temporali secondo un "prima" e un "dopo". In esso tutto può essere il contrario di tutto (simmetria), come ogni cosa può assimilarsi a un'altra (condensazione), scambiandosi, in assenza di una identità e di uno spazio tridimensionale, con ogni realtà. Esso è il regno dei simboli, delle immagini, dei frammenti di ricordi, delle ombre di visioni, di cui la coscienza non è consapevole.

L'inconscio non conosce il numero né gli individui, ma di questi prende le parti e ne crea delle "classi", trasformando poi queste ultime in individui. Esso è autonomo e soprattutto si presenta come il luogo della memoria, dei traumi, degli impulsi, delle tendenze energetiche, dei desideri repressi dalla coscienza. Quando questi ultimi non lo sono totalmente, allora emergono, in maniera forte e con una semantica simbolica, sotto forma di quelle manifestazioni indicate sopra (sogni...).

Questi bisogni inconsci possono personificarsi sotto forma di archetipi o miti (Jung) e talora, se intensi e forti, esprimersi anche cineticamente all'esterno mediante movimenti involontari o fenomeni energetici vari. Perciò non meraviglia più di tanto come in alcune determinate circostanze pensieri e sentimenti possano oggettivarsi sotto forma di fantasmi o suoni (allucinazioni di varia natura).

L'inconscio presenta più dimensioni della coscienza, caratterizzata quest'ultima solo da tre più il tempo, sicché il primo può contenere la seconda e non viceversa, come a dire che il linguaggio della coscienza non è simmetrico a quello dell'inconscio che è infinitamente più ricco, complesso, significativo, variegato e disponibile al "dialogo" con altre "dimensioni" di esistenza che esulano dal piano visibile della coscienza. Quando con quest'ultima non trova le parole adatte per esprimersi, allora predomina il silenzio. L'Io più vero risiede, dunque, proprio qui!

L'inconscio, infine, si fonda essenzialmente sul principio di contraddizione, non conosce né, quindi, segue quello di causalità.

Precisato questo, c'è da dire subito che esiste una molteplicità di inconsci e, quindi, di modelli mentali a seconda dei vari soggetti, la qual cosa suggerisce che sostanzialmente l'uomo è un pianeta inesplorabile e che, dunque, la sua infinità in qualche modo va rispettata. Se il mondo dell'inconscio è così complicato e se in esso la dimensione spazio-tempo è totalmente assente, ciò vuol dire che una seria riflessione andrebbe fatta sul suo "perché essere così". Una risposta, forse, c'è e probabilmente questa non è da ricercare nella constatazione che è proprio l'inconscio a essere quello che siamo soliti chiamare "anima"? Non a caso l'essenza di quest'ultima sfugge a una lettura chiara ed esaustiva, come ad essa si può avere solo un parziale accesso con l'Io cosciente. Del resto è proprio nell'inconscio che avvengono i molti fenomeni comunemente definiti paranormali o soprannaturali e che non sono certamente e semplicisticamente da riferirsi o da attribuirsi a pure e mere coincidenze o casualità magari proiettive, sublimatorie o combinatorie: sogni premonitori, apparizione di Esseri portatori di un particolare messaggio utile alla vita (angeli, persone care, tutti fatti testimoniati peraltro anche nella stessa Bibbia e da tanti altri eventi addotti poi come prove di miracoli attribuiti all'intercessione da parte di carismatici personaggi, come P. Pio per il piccolo Matteo Pio Colella o Papa Giovanni Paolo II per il malato di Salerno, poi guarito dal carcinoma ai polmoni), trance medianica, visioni mistiche, scrittura automatica, creazione artistica, regressione ipnotica, ecc.

L'inconscio è prevalentemente il luogo di frontiera e di libero ingresso di dati informativi fra la dimensione terrena e quella ultraterrena, oltre che essere la sede della elaborazione "sui generis" delle esperienze recenti e passate dell'individuo. È in esso che l'anima umana esperimenta la sua fluidità, la sua spiritualità, la sua difficile percettibilità, in concreto la sua totale libertà da ogni forma di condizionamento o costrizione a essa esterni. La realtà dell'inconscio si configura come un universo a sé nel quale possono verificarsi episodi vitali fuori da ogni logica comunemente detta "razionale", è come se in esso vigesse un'altra sintassi dell'essere e dell'esistere caratterizzata dalla imprevedibilità dei suoi effetti con le conseguenti relative continue "sorprese", dalla totale apertura a ogni altra "forma" di realtà conosciuta e sconosciuta, dalla possibilità di sconfinare oltre i consueti steccati di legami già noti, dalla ricerca di affinità che si riconoscono come contigue alla propria, dalla capacità di perdita delle sequenze temporali e delle vicinanze spaziali con il tutto che si concentra come in un indefinito Eterno e in un luogo, atmosfere, persone e panorami sempre nuovi e mai visti o visitati prima, dallo stemperarsi degli stessi stati emotivi e affettivi che tendono a mutarsi in pura contemplazione, ecc. Non è, forse, proprio questo tipo di processo che si sviluppa anche nell'anima?
L'inconscio presenta una diffusa ricchezza al suo fondo, che talora rasenta e sfiora quasi il divino, come, per esempio, quando, pur rinchiuso nella sua gabbia materiale (il corpo), va a generare alcuni suoi sprazzi nella creazione artistica, dove talora melodie musicali o poetiche sembrano essere vibrazioni più divine che umane. Come, peraltro, è presente anche una zona-borderline, anche se non in tutti, di grigia vicinanza all'antidivino, cioè al diabolico.

L'inconscio è immenso, comprende e fa coesistere più cose anche fra di sé lontane, crea e allude a tante altre, spesso si lascia attraversare da inconsci da sé disitnti, con i quali può entrare in dialogo, a prescindere dalle distanze, anche senza far ricorso a esplicite parole.

L'inconscio ha, almeno per noi, una molto strana asessualità nel senso che l'attrazione o la repulsione verso altri inconsci non sono determinate dalla più o meno bellezza fisica, che su di esso non fa presa, quanto dall'armonia che regna al loro interno: è questa che spinge l'uno verso l'altro, perché è in essa che si scopre un solido e autentico punto di contatto allo scopo di illuminare e approfondire i livelli di conoscenza e di trasparenza nella reciproca comunicazione. La "fusione", per così dire, non diventa causa di turbamento o di ansia, ma solo di una maggiorazione di serenità e di sicurezza.

L'inconscio, inoltre, ha una sua inconfondibile, singolare e irripetibile originalità: tante persone cioè e tanti inconsci individuali e loro relative "storie", quindi altrettante domande individuali e la conseguente ricerca di risposte altrettanto individuali e non estendibili o valide per tutti gli altri.

L'inconscio, infine, è immortale, perché se in natura niente si crea e niente si distrugge ma tutto si trasforma, a maggior ragione ciò vale per il mondo psichico, dove quanto vitalmente si "scrive" è tale per sempre, nel bene come nel male. La "mutazione" avverrà nella direzione del "chiarore", della totale "schiusura" del guscio, della completa "riemersione-recupero" dell'Essere dagli abissi dell'attuale ignoto e della necessità di una conseguente "evoluzione" verso l'incontro finale con la sua ineffabile Fonte, cioè la Luce e la Vita.

La natura e il dinamismo dell'anima non sono, forse, perfettamente speculari a quelli dell'inconscio tanto da farne intuire che sono la medesima realtà?

A questo punto, però, si pone la domanda sulla presenza anche di "ombre" nell'inconscio, come l'aggressività, l'istintualità incontrollata, sentimenti negativi (odio, invidia, terrore, panico, manie, ossessioni e fobie di vario genere, depressione post-traumatica...), sete esasperata e delirante del potere, narcisismo egocentrico, tensioni e pulsioni incongrue alla distruzione e morte propria e altrui (persone, luoghi, oggetti, guerre...), ecc. Come far coincidere o assimilare tutto ciò con l'anima? La risposta può essere duplice. Innanzitutto l'anima, nella condizione terrena, è ancora legata al corpo e, quindi, anche alle troppo spesso contraddittorie esigenze di sopravvivenza di quest'ultimo, che frequentemente la spingono a scelte non sempre lucide, razionali ed eticamente accettabili. Poi c'è da aggiungere che l'anima è pur sempre "ferita" non solo da una caduta di qualità nella sua naturale chiamata al Bene (secondo la teologia cristiana, dal peccato originale), ma anche perché i livelli evolutivi di equilibrio e maturità si differenziano di molto da un soggetto all'altro e ciò per varie ragioni (educative, culturali, familiari, sociali e, perché no, anche genetiche poiché legata "anche" a un organismo fisico non sempre perfetto, anzi sovente malato: una tale disomogeneità è una questione, purtroppo, ancora aperta e tuttora inesplicabile). Dunque un inconscio magmatico e sofferente equivale a un'anima altrettanto plastica e non priva di infelicità. Anche questa è una realtà da tenere bene in considerazione.

A conclusione, sia pur parziale, di tutto questo breve e sintetico insieme di riflessioni si può dire, con sufficiente ragionevolezza, almeno a mio giudizio, che nella sua sostanza l'anima si identifica con l'inconscio e di essa solo un piccolissimo frammento riesce a venir fuori prendendone autocoscienza con l'attività e lo sforzo dell'Io, ma anche con l'ascesi spirituale e mistica. Le sue stratificazioni interne con le loro relative interconnessioni attualmente sono spesso inaccessibili a causa dello strumento molto angusto che ha a disposizione, cioè il cervello: perciò l'uomo è un grande "mistero" a se stesso. Di quest'ultimo le neuroscienze o la psicologia associazionistica, come dicevo sopra, possono leggere, ma solo in maniera approssimativa, la sua funzionalità mediatoria, ma nel merito dei contenuti balbettano soltanto e quando vogliono o pretendono di dirne "tutto" allora corrono il grave rischio di cadere in banali e grossolani abbagli.

Se l'anima, allora, è l'inconscio, l'intera sua dinamica, che oggi solo a fini terapeutici può essere parzialmente utilizzata, sarà integralmente nota e attiva unicamente al momento della liberazione dal suo percorso fisico. È, per usare una metafora, come un aereo che può decollare e prendere quota soltanto quando la fitta nebbia si dirada, gli oggetti si notano nella loro nitidezza e il cielo si presenta limpido e percorribile. È allora che il tutto troverà un "suo ultimo motivo" e si afferrerà il pieno senso del suo presente agire e del suo vero futuro destino. Così almeno penso io: altri possono liberamente vedere le cose in un'ottica diversa. Ma questo è un altro discorso.

(da 'Il Giornale dei Misteri')



 

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