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Sintomi Cognitivi
In generale sono caratterizzati dall'incoerenza nel pensiero e dalle distruzioni
incontrollate. Dopo Eugen Bleuler, il primo Autore a studiare il pensiero
schizofrenico è stato Alfred Storch, mentre Kurt Goldstein si è soffermato a
delineare l'incapacità dello schizofrenico a causa della perdita del senso della
realtà a formulare pensieri astratti. Cameron definisce il pensiero dello
schizofrenico "asindetico" (assenza di legami causali) e "metonimico" (mancanza
di una terminologia specifica). Secondo Matte Blanco nella schizofrenia a
prevalere non è la logica aristotelica, ma quella dell'inconscio. Afferma
l'Arieti: "Il pensiero dello schizofrenico non è illogico o senza senso, ma
segue un discorso-sistema logico che porta a conclusioni differenti da quelle
che raggiunge un individuo sano". Nello schizofrenico il pensiero agisce per
"distorsioni" e "condensazione": tende cioè a identificarsi con altri (persone,
oggetti, animali) per qualche elemento "comune", soprattutto di natura emotiva.
In esso è ridotta la capacità di "connotare" (le cose in generale) e distorta la
verbalizzazione. C'è confusione tra mondo fisico e mondo psichico: non si
cercano le cause degli eventi, ma essi vengono attribuiti a una "causa altrui".
Esiste una concezione più ristretta del tempo e si segue più la percezione che
il concetto.
Secondo Von Domarus mentre il pensiero "normale" accetta
l'identità in base all'identità dei soggetti, quello schizofrenico l'accetta,
per ragioni emotive, in base all'identità dei predicati. Esempio di pensiero
"normale": "I nati in Italia sono Italiani, io sono nato in Italia, dunque io
sono italiano". Esempio di pensiero schizofrenico: "Leonardo è un italiano, io
sono italiano, dunque io sono Leonardo". Qui il soggetto della seconda
proposizione ("Io") non è contenuto nella prima ("Leonardo"): l'identificazione
si ha nel predicato ("italiano"). Così vengono sconvolte tutte le regole della
logica aristotelica.
Come conseguenza di tutto ciò si ha una diffusa
frammentazione dello psichismo, con mancanza di unicità e integrazione tra i
vari elementi, incoerenza linguistica (e comportamentale) e lentezza nella
capacità reattiva. È come una sorta di "resa", con il relativo disturbo nella
"percezione del Sé", nel rapporto fra il reale e il fantastico (con un transito
continuo fra ciò che si è, che si teme di essere e che si vorrebbe essere), con
un corpo che non viene riconosciuto ma che si trasforma, con un discorso che
diventa un coacervo di parole messe insieme e quindi prive di senso, con un
dialogare continuo con il proprio cervello ascoltandone le "voci"
(allucinazioni, specialmente quelle uditive, percezione in assenza di oggetti).
Nello schizofrenico queste ultime sono percepite quando "si aspetta di udirle",
con tutto ciò che ne deriva in quanto ad angoscia, a paura, a tentativi di "fuga
da sé", all'"extrema ratio" del suicidio per porre fine a questo martellamento
interiore.
Il soggetto perde ogni possibilità di valutazione autocritica
del proprio stato, come quello di poter distinguere il vero dal falso, l'irreale
dal reale. Quest'ultimo è il delirio, una sorta di idea senza fondamento nella
realtà (persecuzione, grandezza, riferimento, lettura del pensiero...).
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