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Per il momento questo discorso resta una
sollecitazione e una provocazione al pensare e all'operare con mente e cuore
nuovi, ma è necessario farlo in questa sede. La sofferenza non può avere tempi
lunghi di attesa o, peggio, la disattenzione fino a quando non ci tocca
personalmente: l'altruismo è anche un salvare un po' se stessi, se vogliamo
porre il problema in questi termini. Comunque l'era della delega al volontariato
laico o religioso, pur necessario e prezioso, sapendo di supplenza, dovrebbe
cedere il passo a una visione più globale e umana nella soluzione delle urgenze
legate allo svantaggio. Fino a quando ci sarà un essere dimenticato o rimosso
dalla coscienza personale e collettiva o un sofferente considerato uno "zero"
non si potrà mai dire di essere società né tantomeno società civile: dietro ogni
silenzio si nasconde sempre una parola negata.
Nell'ottica cristiana
scriveva Federico Ozanam: "La giustizia senza la carità si impietrifica e la
carità senza la giustizia s'imputridisce"; e il laico Leonardo Sciascia: "Il
Vangelo continuerà a vivere nel cuore degli uomini che hanno cuore". Così hanno
fatto il Santo Cottolengo, don Luigi Guanella, don Pasquale Uva, il Beato Padre
Pio, don Lorenzo Milani. È su queste premesse che ogni discorso
sull'integrazione universitaria e sociale dei portatori di handicap diventa
sensato. Mi auguro sinceramente che, per il bene di tanti fratelli nel nostro
comune cammino terreno, questa speranza possa mutarsi finalmente in realtà.
(L.U.C.I. 'Padre
Pio')
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