Una sfida alla morte: la luce oltre il confine
Convegno Internazionale di Parapsicologia
Bellaria - Rimini 25-28 marzo 2004

Sul tema della morte si sono creati riti e simboli religiosi, salvate memorie individuali e collettive con epigrafi e monumenti, inscenati scongiuri di ogni genere, scritti libri di antica saggezza (come quella tibetana, egiziana e veterotestamentaria) oltre che saggi di ricerca teologica e filosofica, ma anche racconti di angoscianti tragedie con i loro relativi incubi notturni. Il fatto è che la morte è una realtà alla quale nessuno può sfuggire, nonostante i progressi, gli annunci e i miraggi della farmacologia e della medicina. Naturalmente il salto nell'ignoto, per alcuni nel nulla, ha sempre provocato ansie e paure, lugubri panorami e reazioni disperate: la ferita del distacco da una persona cara, specialmente se avvenuta in maniera violenta e in giovane età, è vissuta comunque come una lacerante vuota assenza o, se si vuole, come una sconfitta rassegnata e deprimente o un fallimento con una lunga scia di rabbia compressa.
Di fronte al mistero della morte, quando si lascia l' "avere" e si veste il "nudo essere" (cfr. "A livella" di Totò), l'uomo ha sempre avuto una sensazione di inquietudine, di rifiuto e di impotenza: con essa ogni forma di razionalità e di certezza sembra scricchiolare e naufragare, ogni parola tende a perdere di significato e lo stesso tempo sperimenta la sua irreversibile precarietà, anzi si ferma e si cancella del tutto nella sua sequenzialità di passato, presente e futuro.

Cosa c'è dopo la dissoluzione biologica dell'ordine organico del corpo con la cessazione delle sue funzioni vitali (respiratorie, circolatorie e nervose)? Come si spiega l'esigenza di immortalità, altrettanto naturale e sperimentabile com'è quella della morte? Se una domanda, com'è quella della sopravvivenza, si pone, non dovrebbe esserci anche la possibilità di una risposta per la sua giustificazione? Se non fosse così, perché allora la presenza di una simile domanda? La schiusura dell'enigma non si situa, forse, come voleva Wittgenstein, al di là del confine spazio-tempo? Il grande matematico Kurt Gödel non ha provato che niente si spiega con se stesso, ma solo facendo ricorso a un altro ordine di logica?

Non si può eludere questa serie di interrogativi, negando con sbrigativa superficialità che essi non esistano o che una soluzione non abbiano. Tutto sta, allora, a saper cogliere e affrontare con correttezza il nucleo del problema.


Lungo il corso dei secoli, nelle varie culture, si è tentato di offrire uno spiraglio di risposta. Ne riporto qui solo alcune, che poi sono quelle principali elaborate dalle diverse espressioni di religiosità.

Tutte le religioni sono nate come organizzazione più o meno ben strutturata d'una fede nell'Aldilà. Tutte ammettono la sopravvivenza di una parte dell'uomo alla morte fisica, anche se essa assume una connotazione particolare a seconda del singolo credo religioso. Tutte prevedono un "mondo altro", anche se per alcune è un "paese senza ritorno". Si può negare Dio, ma non il "bisogno di Dio e dell'Oltresensibile", che è una esigenza pre-razionale e che ha il suo luogo di espressione solo nel "simbolo". Scrive René Thom: "La voce della realtà è nel senso dei simboli".

Presso gli antichi Egizi l'uomo era considerato composto da tre elementi: il corpo fisico, quello etereo ("Ba") e l'anima ("Ka"). Quando il corpo fisico muore, l'anima resta presso di esso (di qui la pratica diffusa della mummificazione) e deve ingaggiare una dura lotta contro i demoni (=proiezione dei propri pensieri negativi?). L'anima riuscirà a vincerli solo grazie all'uso di precise formule magiche, delle quali, naturalmente, al momento del trapasso deve ricordarsi. Trascorso questo periodo oscuro di lotta, ma anche di continue reincarnazioni, e solo dopo averlo superato positivamente accompagnata dal dio Anubi, in seguito alla "pesatura dell'anima sulla bilancia della giustizia e della verità" davanti a un tribunale di 42 divinità presieduto da Osiride, essa potrà entrare, se trovata "leggera", nel regno della luce (con Osiride e i propri cari). Riporto alcuni brani tratti da antichi testi: "Un uomo sopravvive alla sua morte e le sue azioni sono ammassate accanto a lui. E' in gioco l'eternità" (Merikara); "Vivi la vita in quanto con la morte non muori veramente" (Testo delle piramidi, 810 a); "L'essere di luce è destinato al cielo" (Testo delle piramidi, 474 a).

Nel "Libro tibetano dei morti", insegnamento preistorico trascritto verso l' VIII sec. d.C., si sostiene, come idea centrale, la necessità di liberarsi dalla materia per poter pervenire all'incontro con la Luce (=Thodol). Se questo processo di liberazione non è completato al momento della morte, allora si fa ritorno al corpo fisico in modo da poter continuare l'opera di autopurificazione. In ogni caso, superato il momento intermedio della morte (="Bardo" o corpo doppio), l'anima esce dal corpo, entra in un vuoto (dove ode rumori assordanti), avverte un vago senso di confusione (non sa, avendo un secondo corpo, di essere viva o morta), sosta presso i luoghi più familiari, scopre di avere un corpo luminoso e sgombro da malattie, incontra altri esseri simili a lei e viene sottoposta a un esame della vita come in uno specchio. Ognuno nell'Aldilà abiterà un "proprio" mondo a misura delle personali abitudini, dei particolari pensieri e dei singoli desideri. Sicché la psiche troverà la piena realizzazione delle proprie istanze a seconda delle intime esigenze di ciascuno.

Secondo il Buddismo, l'anima (=Rupa), dopo la morte del corpo, prima di giungere all'incontro con il Principio Assoluto (=Nirväna), va incontro a una serie di reincarnazioni ("Ruota delle nascite e delle morti") in altri "gusci" corporei, aventi come scopo quello di promuovere una progressiva liberazione dai condizionamenti della materia e, quindi, una "fuga dall'eterno ritorno" (delle reincarnazioni): questo processo durerà fino a quando non saranno totali la presa di coscienza (Karma) e il dominio dell'uomo sulla propria fisicità (cfr. il "Canone Pali" dello Sri Lanka). Più o meno a queste idee si rifà la Teosofia della H. P. S. Blavatsky (1831-1891) e di H. S. Olcott (1852-1907): quando la Triade immortale "Atmä-Buddhi-Manas", dopo i vari cicli terreni, sarà giunta al Settimo Cielo, si troverà allora in uno "stato di riposo nell'onniscienza" (Nirväna).

Presso lo Zoroastrismo (religiosità che permea di sé l'antica identità iraniana), Ahura Mazda (divinità del Bene) alla fine sconfiggerà il Male, però anche gli uomini devono contribuire con il loro impegno alla vittoria del Bene: per essi alla fine del Tempo c'è il premio dell'immortalità da trascorrere in un giardino di delizie.

Per i Celti la morte era intesa come un "viaggio" verso meravigliose contrade (forse l'isola descritta nel "Viaggio di Buan"), dove, accedendo da caverne, si celebravano continue feste. Almeno questo sostenevano i "saggi" della casta sacerdotale (i Druidi), depositari di una millenaria e sconosciuta sapienza.

Gli antichi Greci e Romani, a parte l'esigenza di purificazione espressa dai riti misterici e orfici (trasmigrazione delle anime: Pitagora e Platone in "La Repubblica", X, 614 ss.), generalmente hanno visto l'Aldilà (Ade, Tartaro, Inferi, Campi Elisi) come un luogo popolato da ombre evanescenti. Ne parlano in maniera esplicita Omero (Ulisse che interroga Tiresia: canto XI dell'Odissea) ) e Virgilio (Enea che incontra il padre Anchise nell'Ade: canto VI dell'Eneide). Tale luogo è situato sotto i laghi d'Averno e di Miseno ed è formato da un vestibolo (con la selva oscura, i fantasmi, l'albero dei sogni e i mostri), un antinferno (con i campi del pianto e quello degli eroi), un inferno (con la reggia di Dite e il Tartaro, la città dei criminali) e i Campi Elisi (il luogo dei giusti e degli artisti: il lago Miseno). Indubbiamente quella della religiosità greco-romana è una visione statica della sopravvivenza, tutta dipendente dai comportamenti adottati nell'Aldiqua e senza alcun dinamismo né di ordine conoscitivo né affettivo. Assente è poi l'idea di un Dio personale, momento assoluto d'incontro e di sintesi nel quale si realizzano le più profonde aspirazioni dell'uomo.

Una variante interessante a questa visione, dovuta non solo allo stoicismo ma forse anche a qualche influsso culturale di origine orientale (quello cristiano?), è quella prospettata da Seneca, che sembra collocare le anime dei giovani "in cielo". Nella "Consolatio ad Polibium" scrive:"Egli vaga liberamente lassù e contempla con sommo piacere tutti i beni della natura" (c. 9, 8) e nella "Consolatio ad Marciam: "Si è soffermato brevemente in un luogo superiore, per purificarsi e scuotersi di dosso i difetti e tutte le patine che ineriscono alla vita mortale, poi si è innalzato nel più alto del cielo e colà si muove liberamente, tra le anime felici. Lo ha accolto una compagnia sacra...Lo vede godere nella nuova luce...per conoscenza diretta, è lieto di introdurlo agli arcani della natura...Si trovano nel luogo più sublime...Ammessi ai liberi ed immensi spazi dell'eternità...: tutto per loro è piano...Noi anime felici che abbiamo avuto in sorte l'eternità" (c. 25, 1-2; c.26, 7).

Anche presso le popolazioni precolombiane (Aztechi e Maya) e quelle antiche del nord-America era molto forte la fede nell'Aldilà, inteso come una perfezione dell'ambiente terreno, ricco di cibo e fiori, presieduto da Tlaloc, dio della pioggia, ma riservato solo agli uomini sacrificati e agli annegati. Per i Pellerossa esso consisteva in una immensa prateria, in cui gli stessi indiani vivevano, ma con abbondanza di selvaggina e la presenza degli antenati.

Lo stesso era ed è per la religiosità africana (John S. Mbiti): il paradiso ("Ehin-Iwa") è un luogo di felicità, dove si perviene, partendo da fantasmi e diventando poi spiriti (Ghana e Alto Volta), sicché l'oggi (l'attuale "casa" terrena ) non è altro che una condizione nella quale si è "ospiti" solo temporaneamente (Nigeria).

Nel Taoismo, filosofia nata in Cina, l'idea di immortalità è sempre stata viva. Il saggio taoista desiderava diventare ""hsien" (=immortale) in un paradiso ancora troppo legato alla materialità (felicità ricca di piaceri in un'isola per immortali, custodita da otto semidei, con un giardino circolare e un grande albero di giada con rami d'oro e custodito da draghi). In esso, come viene descritto nel libro "Lieh Tzu" (IV-III sec. a.C.), è il corpo che si trasforma, non l'anima. Di tutt'altro avviso è invece il Confucianesimo.

Nell'Induismo, praticato soprattutto in India (dal 1300-1500 a.C. e codificato dal 600 a. C. circa), esiste un paradiso (=un altro piano di coscienza), in cui l'anima si riunisce al "corpo rinato", in un mondo molto simile a quello terreno, ma senza l'ombra della sofferenza (cfr. "Rig Veda"). Presso gli Indù molta attenzione si presta al "culto degli antenati" (i "pitri" o i "kami della famiglia" per lo shintoismo giapponese), perché considerati spiriti in grado di aiutare chi li invoca. In questo luogo si viene rifocillati in attesa di reincarnarsi. L'obiettivo finale è l'unione spirituale al Dio creatore e l'annullamento del sé.

Presso gli Ebrei l'uomo, oltre al corpo, possiede anche uno spirito (=Ruah), della cui sopravvivenza si parla spesso (Isaia 26, 1; Daniele 12,2): per i giusti è l'incontro con Iahvè, per i peccatori c'è un luogo di sofferenza (=Sheol, Gehenna). Più non si dice sulle modalità di vita nell'Aldilà, tranne qualche vago accenno nel libro della Genesi, nei Salmi e nel Cantico dei Cantici. Solo nel Libro di Enoch si parla di quattro "scomparti" o cavità-serbatoio ai quali sono destinate le anime dopo morte: nei primi tre sono collocati i peccatori, nell'ultimo i giusti. Generalmente, secondo gli Ebrei, le anime conducono una vita piuttosto triste e degradata.


Nel Cristianesimo vi è una migliore precisazione della religiosità ebraica. Innanzitutto l'uomo è visto come un insieme composto da tre elementi sostanziali con una loro specifica forma: soma (=corpo fisico), psiche (=corpo sottile), pneuma (=corpo glorioso o luminoso di natura corpuscolare e vibratoria) (I Corinti 15, 33-52): Teilhard de Chardin li chiama "biosfera", "noosfera" e "psicosfera". Al momento della morte, abbandonato il corpo fisico (soma), segue il giudizio di Dio e la successiva sosta dello spirito (pneuma) o nel regno di Dio (=Paradiso) o in quello delle tenebre e del fuoco (=Inferno) (cfr. Matteo 16, 18) o in una situazione intermedia per liberarsi dalle ultime scorie della colpa (=Purgatorio). Tre sono le novità introdotte dal Cristianesimo: il regno di Dio inizia dall'Aldiqua ed è "dentro" l'uomo stesso, la felicità o l'infelicità non sono legate a un luogo ma a una "condizione" di vita, Dio è l'Essere che "ricapitola tutto in Sé" ed esprime la Sua infinita grandezza presentandosi soprattutto come "Amore" ("Dio è amore. Dio è luce": I Lettera di S. Giovanni, Atti degli Apostoli 26, 19-26 e I Corinti 2, 98). Si accenna solo vagamente a un processo evolutivo nell'Aldilà, di cui l'ultimo grado è quello descritto nei Vangeli con la Trasfigurazione di Cristo, contemplato in compagnia di Mosè ed Elia (cfr. Marco 9, 3 e Matteo 17, 2), ma anche con la Risurrezione e l'Ascensione: la fede e la speranza, nell'Aldilà, cedono il passo alla carità (S. Paolo), che è l'elemento fondante la vita e il suo essere ultimo oltre la morte. Non meraviglia, allora, l'espressione estasiata degli Apostoli: "Signore, è bello per noi stare qui..." (cfr. Matteo 17, 4). Certamente l'incontro con il Dio Amore-Luce non è visto come un fatto statico, ma dinamico (anche fra gli Angeli ci sono vari stadi evolutivi con le diverse gerarchie: cfr. Apocalisse), sicché è da presumere la presenza di un grande dinamismo conoscitivo e affettivo. Comunque la "Comunione dei Santi" è un articolo di Fede sin dal V secolo. Tranne alcuni teologi (minoritari), che non credono nella sopravvivenza immediata "post mortem", ma solo nella risurrezione finale dopo il "secondo giudizio" , tutti gli altri, e sono la quasi totalità, sottolineano dell'Aldilà tre fondamentali elementi: le differenze nella "condizione luogo-stato" (Inferno-Purgatorio-Paradiso), la "temporaneità" dell'eventuale "sonno" e un rapporto relazionale inteso come "presente" (visione beatifica). M. Hulin afferma che "l'Aldilà potrebbe non essere altro che una deformazione, un adattamento, una trasposizione immaginaria di un'esperienza reale, quella della non-morte", cioè "eterno presente". Volendo entrare maggiormente nei dettagli non si riesce a saperne di più. La teologia, partendo dal fatto che se Dio è ovunque anche i suoi amici (cioè i defunti) lo sono, avanza l'ipotesi che i nostri cari ci sono vicini anche localmente, quasi "sostando" nei luoghi presso i quali si è svolta la loro esistenza terrena e ciò allo scopo di aiutarci e sostenerci nelle difficoltà (M. Schmaus), come anche nel Catechismo degli Adulti si afferma che l'Inferno (autoesclusione dalla comunione con Dio) non sarebbe un annientamento "per sempre" (Catechismo della Chiesa Cattolica , n°1033). Più di questo nella Escatologia non si dice.

La letteratura medioevale cristiana, specialmente con Dante Alighieri nella Divina Commedia, ha elaborato una visione quasi topografica del regno dell'oltretomba, ma a me appare troppo macchinosa e ancora "terrena" per poterla prendere in seria considerazione per il nostro discorso. Tre particolari, però, mi sembrano interessanti: la presenza della selva oscura, la figura-guida di Virgilio e Dio come Luce. La selva oscura, come si sa, è la metafora del trapasso, che poi è ripresa da tante altre esperienze (lotta con i mostri, il tunnel...), Virgilio è l'equivalente dell'Essere di Luce, che con affetto accoglie e invita a riflettere sulla propria vita, Dio come Luce (nel Paradiso) è un concetto mutuato dalla tradizione biblica e riferito poi unanimemente in tutte le esperienze religiose e non.

Medioevale, ma non meno suggestiva, è anche l'immagine riportata da Lutero: "(Nell'Aldilà) l'uomo giocherà con cielo e terra e sole e con le creature. E tutte le creature proveranno anche un piacere, un amore, una gioia lirica e rideranno con Te, Signore, e Tu, a Tua volta, riderai con loro".

Per quanto riguarda la Religione Islamica, che crede nella predestinazione (il "Maktub"=Sta scritto), il Corano parla dell'anima del morente che viene afferrata da Azra'il (l'angelo della morte) e portata davanti a Munkar e Nakir (gli angeli inquisitori o della tomba) con il compito di interrogare il defunto e una conseguente prima severa selezione. L'anima poi deve attraversare, come una prova, il ponte As-sirat e mantenersi su di esso in equilibrio fino a giungere all'altra sponda (il "Bacino del Profeta"), dove dimorerà in eterno, perché il Paradiso è tale. Nel Giorno del Giudizio Finale gli atti di ogni uomo saranno pesati sulla bilancia dall'Arcangelo Michele e, risultato questo positivo, seguirà una condizione di perenne felicità per l'anima in compagnia di Allah e dei suoi fedeli in un luogo luminoso, che ricorda e richiama tanto un immenso giardino (Janna) dove sensi e percezione vengono potenziati e gratificati nella maniera più piena (con sorgenti e banchetti dove si è serviti e riveriti da vergini, le "urì", ed efebi). Si legge, infatti, in esso: "In verità quel giorno i destinati al paradiso gioiranno di cose belle: essi e le loro spose riposeranno sopra alti letti, sistemati in luoghi ombrosi e avranno frutti e tutto quello che desidereranno e: pace! Sarà la parola che udiranno pronunciare dal loro Signore misericordioso" (XXXVI, 55-58). Solo gli omosessuali sono esclusi da una simile prospettiva. Questa descrizione dell'Oltre mi sembra più una proiezione dovuta alle tante frustrazioni del presente che non una reale riflessione sulla consistenza del futuro. Tant'è che presso i moderni teologi dell'Islam, specialmente quelli di ispirazione mistica (il Sufismo), si pensa che questa sia più che altro una metafora della visione diretta di Dio.

Come si può notare, le principali religioni danno dell'Aldilà una visione piuttosto sfumata e assertiva, ma sostanzialmente povera di particolari descrittivi, utili a far delineare una sorta di cartografia dell'Oltre. Per avere un quadro più completo occorre integrare queste conoscenze con altre derivanti da altri ambiti di esperienza.


Basta, però, tutto questo all'intelligenza umana per avere la certezza che non tutto finisce con la morte? Certamente la risurrezione di Cristo è un esempio tangibile del superamento dell'angoscia con la speranza dell'immortalità. Ognuno di noi, però, ha bisogno anche di qualche "segno" personale ed è proprio da una simile e comprensibile esigenza che in questi ultimi tempi si è sviluppata una molteplicità di esperienze e in molte direzioni, tutte fra di loro "stranamente" (!) concordanti: la medianità soprattutto quella espressa dai messaggi dei "giovani di luce" definiti "cristici" (Pierre Monnier, Paqui, Roland de Jouvenel, Michel Belline, Giovanni Toniolo) e quella con gli esperimenti condotti dal prof. Gary Schwartz all'Università dell'Arizona, la transcomunicazione strumentale, quelle cosiddette di pre-morte, ecc.

Intendo qui volgere l'attenzione soprattutto alla seconda, cioè alla metafonia, che ho vissuto intensamente in prima persona dal 19 giugno 1994 all'11 giugno 1995.

Sono stato sempre convinto che in qualche maniera, partendo da una pluralità di "indizi" che avevano bisogno solo di essere decifrati e connessi attentamente e intuitivamente, una strada anche sperimentale per giungere alla definizione di una certezza di ciò che ci attende nel "dopo" doveva pur esserci. L'occasione dello squarcio temporaneo del "velo", almeno una volta, capita a tutti di viverla nella propria esistenza. Avevo studiato buona parte della letteratura di parapsicologia di frontiera (Bozzano, Jürgenson, Raudive, Alvisi, Bacci, Liverziani...), ma impellente e forte era anche il bisogno di rendermi conto della cosa anche personalmente e sperimentalmente. Ebbene i risultati ottenuti sono stati a dir poco affascinanti. Ne riporto qui solo alcuni fra i dati più significativi.

Prima di riferire le registrazioni più salienti delle "voci" sul mio vecchio registratore Grundig, mi sembra opportuno fare due precisazioni.

La prima è che dinanzi a esperienze di questo genere occorre porsi sempre con animo prudente, ma aperto, disponibile a proporre domande, ma con rispetto, sereno e possibilmente distaccato, evitando inutili ansie e conservando comunque un atteggiamento sempre critico e autocritico. Si tratta di fenomeni straordinari e, sotto molti aspetti, ancora non del tutto spiegabili. Proiezioni psicolinguistiche possono essere sempre in agguato, per cui un minimo di attenta vigilanza non guasta.

La seconda è che le "voci" si presentano sintetiche, spesso metalliche e poliglotte, con una grammatica e una sintassi tutte particolari in quanto a economia di subordinazione e di congiunzioni, trasparenti e dialogiche nella loro modulazione, pur formandosi su un "rumore" di fondo, ma soprattutto "presenti" rispetto a una richiesta del "momento".


Qui di seguito riporto quelle più significative, traendole (il lettore mi perdonerà l'autocitazione), dal mio ultimo libro (Le voci dei Viventi nell'Oltre, Sugarco Edizioni, Milano 2002, pp. 170) ed evitando, per non appesantire l'ascolto, i riferimenti ai giorni, alle ore e alla loro collocazione sul contagiri del registratore. La domanda è indicata brevemente con "D" e la risposta con "R".

D. Chiedo un contatto.
R. Si sente registrato uno squillo telefonico e la "voce" di un bambino che dice: "Pronto".

D. Un saluto.
R. "Io amico", "Tuo amico".

D. Un pensiero di affetto alla "voce" del bambino.
R. "Si, anch'io".

D. Potete dire il nome?
R. "No".

D. Perché tanti dubitano dell'Aldilà?
R. "Vero. C'è".

D. Chiedo se ho capito bene qualcosa.
R. "Hai capito".

D. Chiedo una spiegazione.
R. "Vivo. Vivo. Amico".

D. Da poco è morta una persona cara. Come sta?
R. "Io, egli, tutti, da Dio, ecco qua".

D. Auguro la buona notte.
R. "Buona notte. Noi speriamo che ti ricordi".

D. Le anime vivono nella luce?
R. Un coro: "Egli, Egli, Egli è la lu(ce). Egli-Dio, Egli-Dio, Egli-Dio è la lu(ce). Qui Dio, qui Dio, è la lu(ce)".

D. Una parola di conforto per un amico.
R. "Tu ci vedi".

D. Auguro la buona notte.
R. "Pensaci".

D. Ho parlato di "loro".
R. "Bravo. Svelti, che andiamo con voi. Svelti. Svelti".

D. È il mio compleanno.
R. "Auguri. Auguri. Io e te".

D. Un saluto.
R. "Bimbi e amici, siamo qui tutti bimbi feli(ci) e tutti i bambini...Siamo tutti feli(ci), amichetti siamo, amichetti qui".

D. Chi vi manda?
R. "Dio, Dio, Dio, Dio".

D. Avete un corpo?
R. "Possiamo essere ugualmente ovunque. Chiunque".

D. Conoscete il mistero?
R. "No tutto. Di tutto si".

D. Come si è nell'Aldilà?
R. "Uguali. Uguali".

D. Il giudizio di Dio segue subito dopo la morte?
R. "Immediatamente".

D. Dobbiamo pregare per voi?
R. "Pre-ga-te".

D. Esistono altre vite intelligenti?
R. "Altrove è la festa".

D. Prima di queste esperienze, come comunicavate con l'uomo?
R. "Cocome. Buio". N.B.: Cocome deriva dal greco e significa "Lamento".

D. Buona notte.
R. "Grazie, buona notte di cuore anche a te".

D. Quali sono le cose più importanti?
R. "La carità. La pace. Qui Dio".

D. Cosa fare per salvare questo mondo?
R. "Amare. Vedere. Ama, ama tu, ama"

D. Cosa pensate dei cimiteri?
R. "Terra, terra, terra, terra, terra. La vita è qui".

D. Come è vissuto il momento della morte?
R. "Leggerezza".

D. Cosa accade dopo il giudizio?
R. "Si pu-ri-fi-ca-no".

D. I malati mentali come saranno nell'Aldilà?
R. "Guariti. Guariti".

D. Cos'è la bellezza?
R. "Chiaro".

D. Chiedo un aiuto.
R. "Noi non lasciarti. Vicini".

D. L'anima conserva la propria identità?
R. "Stessa, stessa, stessa, stessa".

D. Qual è la cosa più importante per la quale vivere?
R. "La verità, la verità, la verità".

D. Ci aiutate nelle difficoltà?
R. "Si, aiutiamo. Si, aiutiamo te. Si, aiutiamo te".

D. Cosa pensate della gente scettica?
R. "Sciocca, sciocca. Tu, no. Sciocca, sciocca".

D. Lasciato scorrere il nastro senza porre domande.
R. "Ciao. Vieni qui con noi a divertirti".

D. Nell'Aldilà c'è tutto quello che c'è quaggiù?
R. "No. Non c'è qua".

D. Se vi muovete, come lo fate?
R. "Si, ti dirò. Energia. Energia. Cum energia".

D. Chi ha creato l'anima?
R. "Dio. Si. Dio".

D. Avete un corpo sottile?
R. "Si, è bello. Stupendo. Si, stupendo. Stupendo".

D. Come regolarmi quando una risposta non è chiara?
R. "Quando tu non capisci cos'è, collega".

D. Come comportarsi con i figli?
R. "Rispetto. Rispetto. Rispetto".

D. Aiutateci.
R. "Si. Noi aiutiamo tutti voi. Salve, ciao".

D. Dopo la morte dicono che c'è un sonno "riparatore".
R. "È vero. Sonno ristoratore. Sonno ristoratore".

D. Tale sonno è dopo il giudizio e prima della purificazione?
R. "Dopo. Prima. Dopo. Prima".

D. Qual è il nome con il quale chiamarvi? (Era il 2 novembre)
R. "Si. Viventi. Viventi. Viventi siamo".

D. Qual è la condizione per un contatto?
R. "Credere. Credere. Credere. Credere".

D. Conoscete il futuro?
R. "Conosciamo. Conosciamo. Si, conosciamo. Noi conosciamo".

D. Vado al cimitero per deporre un fiore sulla tomba di due persone care.
R. "Ti salutiamo. Ti salutano. Noi ti ringraziamo. Noi aiutiamo chi crede in noi".

D. Siete anime beate?
R. "Si, beati noi. Beati noi, si. Si, beati noi. Beati".

D. Avete una missione da compiere?
R. "Si, si. Non dire, no, tu, no. Non possiamo svelarti. Non qui. Domani".

D. Cosa vi rende più felici?
R. "Dio. Dio. Dio. Dio".

D. Cosa vi affascina più di Lui?
R. "Mondo. Il suo universo. Il suo amore per il mondo. Così è. Meraviglioso. Così è. Meraviglioso. Meraviglia. Grazie, grazie, grazie. Si".

D. Pregate per noi.
R. "Dio lo ringraziamo. Ringraziamo. Sarà ora. Sarà con te e per sempre. Preghiamo qui".

D. Cosa ne pensate delle materializzazioni?
R. "Non vogliamo dire per non spaventarvi. Non spaventarvi. Non dire. Non dire".

D. Come percepite Dio?
R. "Padre. Si, Santo. Santo. Santo".

D. Cosa bisogna fare per la pace?
R. "Sempre pregare. Devi pregare. Pregate. Pregate".

D. Alla presenza di Dio ci riconosceremo?
R. "Certo. Tutti. Così sarà. Tutti. Così sarà. Tutti. Mio, tuo, qui no. Così".

D. Siete belli nell'Aldilà?
R. "Si, tutti. Si, siamo tutti bellissimi. Qui siamo belli. Casti".

D. Se avete un corpo sottile, avete anche mani, occhi, ossa...?
R. "No, qui no. No, qui. No, qui. No, sarà diverso. Si".

D. Come sarà questo corpo?
R. "Tutto, tutto sole. Così, amici. Si".

D. Vogliateci sempre bene.
R. "Bene, bene. Noi qui ti difendiamo".

D. Auguro il buon anno.
R. "Auguri. Si. Salute a tutti. Auguri a te. Angelo son".

D. Ringrazio.
R. "Prego. Auguri, auguri".

D. Perché molti hanno paura di queste esperienze?
R. "Tu non aver paura. Tu non aver paura. Non turbarti".

D. Di chi è la "voce" del bambino?
R. "Gino. Io sono qui. Fratellino". N.B. Mio fratello, morto bambino, si chiamava Gino.

D. Oggi è la festa della donna.
R. "Auguri".

D. Cosa ne pensate del libro di... che parla dell'Aldilà?
R. "Credere. Credere. Tu devi credere. Si, noi siamo".

D. Per radio
R. "Mamma, io qua. Ecco, tu non la vedi. È così. È certo".

D. Qual è la vostra preghiera?
R. "Grazie, grazie, grazie".

Queste non sono che alcune delle risposte, che ho selezionato fra le tante perché ritengo che siano le più significative per il pubblico che mi sta ascoltando. Ho volutamente tralasciato di riferire altre legate a eventi strettamente personali e ne sono veramente molte.

Sull'insieme di queste esperienze ho dovuto elaborare una serie di ipotesi esplicative del fenomeno: proiezioni inconsce, elettromagnetismo, memorie vaganti, interventi diabolici, ecc. A un'analisi attenta e rigorosa sono cadute una dopo l'altra, come è riportato nel mio libro su citato. È rimasta quella del "segno" dell' "Oltre". Sono giunto alla certezza che l'Aldilà esiste veramente e inizia con l'Aldiqua o "l'Al di dentro": con la sua luminosità, la conservazione integrale dell'individualità, con l'offerta di gesti di amore e di bene di indefinibile tenerezza.


Oltre il confine degli orizzonti visibili e il silenzio dei nostri cimiteri la "vera" vita pulsa in tutta la sua prorompente vivacità. L'Aldilà è una dimensione molto più contigua e vicina all'Aldiqua di quanto si possa pensare. I nostri cari, che vogliono essere chiamati "I Viventi", sono energie pensanti, dialoganti nell'"hic et nunc", con il pensiero creano panorami e situazioni e si spostano nei luoghi con la velocità dello stesso, sono in continua evoluzione verso luoghi-stato sempre più gradevoli a seconda della loro volontà di libera scelta del Bene, generose nel dare informazioni e soprattutto profondamente benefiche nella loro disponibilità comunicativa, presenti quando li pensiamo ma non onnipresenti, sapienti ma non onniscienti. Hanno un corpo che definiscono "stupendo" (fatto di luce, cioè di corpuscoli e vibrazioni). Ci vedono, ci seguono, ci aiutano, ci amano: vogliono che noi ne siamo "certi" e che soprattutto perseguiamo la verità e la carità. Nella loro realtà, se così decidono, maturano verso condizioni vitali sempre più raffinate, si associano ad altre energie pensanti affini, cantano la gioia della raggiunta compiutezza del loro destino, che è la visione di un Dio percepito come Padre amorevole, attendono con fiducia l'abbraccio del nostro reincontro con loro al quale si preparano con nostalgia come chi alla stazione è in attesa di un parente che viene da lontano. Ci invitano pressantemente a andare oltre gli schemi e i limiti del tangibile, ci spronano a non avere paura a proiettare lo sguardo oltre la grande muraglia dell'ignoto. Insistono perché siamo persone sagge e trasparenti come loro, forti e sicure del meraviglioso e originale progetto di amore nel quale siamo entrati con la nostra nascita all'essere.

La morte non è, allora, la fine di tutto né tantomeno della vita, che ora sa molto di tenda e niente di casa, ma è solo lo sciogliersi del ghiaccio del mistero, un imbarcarsi sul traghetto per la traversata del mare del tempo e il salire sul treno per il viaggio di ritorno al lido caldo e accogliente della nostra sognata, eterna e familiare Terra Promessa.