Non c'è pace senza giustizia e perdono
Il tema proposto dal Papa per la XXXV Giornata Mondiale della Pace (01.01.2002) è: "Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono". In particolare nel suo Messaggio afferma: "La  Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla convinzione che il male, il misterium iniquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane...Non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non coniugando  fra loro giustizia e perdono".
In questa nostra società così strana, abituata com'è a proporre "valori" come l'efficienza, la competizione, l'immagine e la perenne conflittualità in una visione di vita certamente globalizzata dalla tecnologia (Internet) e dal mercato ma non con altrettanta certezza dall'amore fraterno, dalla solidarietà e dall'attenzione ai più poveri, il parlare di "giustizia e perdono" come via e segno di pace è quanto mai desueto. Chi è disposto a porgere l'altra guancia? Chi con onestà mentale e morale sa riconoscere  umilmente i propri limiti?  Chi non risparmia al bisogno di carriera e di successo anche la propria più elementare dignità? Non meravigliano più di tanto se trionfano gli egoismi, i protagonismi senza pudore, le arroganze senza ritegno, i delitti senza neanche più la parvenza di un nome. Il risultato è che non c'è e non ci sarà mai pace senza un minimo ritorno alle radici della  propria interiorità, che è fatta di giustizia, di autocritica, di verità e  di apertura alle altrui domande.
Cos'è, allora, il "perdono" sul quale si fonda la giustizia? La stessa parola lo dice: è un "dono" del cuore e della mente "per" far crescere il comune processo di dialogo fra le diversità, è un riconoscere i propri sbagli oggettivi e soggettivi in vista di un autoravvedimento, è un saper distinguere, come saggiamente suggeriva il Beato Papa GIOVANNI XXIII, l' "errore" dall' "errante" allo scopo di denunciare la negatività del primo e di promuovere la redenzione del secondo. Ề il non far restare "fuori del raggio di luce della nostra preghiera coloro stessi  che offendono gravemente Dio e l'uomo mediante  atti senza pietà: sia loro concesso di rientrare in se stessi e di rendersi conto del male che compiono" (Giovanni Paolo II). In fin dei conti è una dilatazione amorosa dello spirito che abbraccia, come il cielo un immenso paesaggio, tutto e tutti nel suo delicato sentire, specchio di quel grande Padre che vuole che ognuno cammini con serena fiducia lungo i sentieri del tempo in direzione della Terra Promessa.
Oggi tutti abbiamo bisogno di perdonare e di essere perdonati, di una parola di bontà che abbia il sapore della sincerità, di un gesto di servizio che si offra non solo come un aiuto ma anche come un atto concreto di riconoscimento per ciò che si doveva fare e non si è fatto. Ciascuno ha una ferita sulla quale far scendere il velo della misericordia, una disattenzione di cui prendere coscienza, un'offesa da far cancellare con una mano di amico. Tutti si è in viaggio: nessun muro di odio e rancore dovrebbe poter creare barriere o sopprimere la poesia del vivere.
Se la storia avesse scritto meno pagine di guerra, oggi saremmo meno preoccupati per l'incertezza del futuro. Purtroppo non è stato così e ancora oggi non lo è e chissà  se lo sarà per l'avvenire.  Non si riescono a capire i conflitti religiosi, le cosiddette pulizie etniche, la pratica sistematica della vendetta, l'uso terroristico della strage nato un po' dalla follia un po' dal pretesto per demonizzare le dimenticanze da parte dei ricchi del pianeta nei confronti dei Paesi meno evoluti.
Cosa ne è derivato da tutto questo e cosa tuttora ne deriva? Sangue invoca sangue, il crimine genera reazioni esasperate, l'intolleranza e l'avidità producono ciechi fanatismi con la programmata eliminazione di persone innocenti,  riducendo così il mondo a cenere di morte:  insomma tutto s'intravede e si palpa fuorché una briciola di pace.
Oggi più che mai si ha bisogno di un nuovo ordine mondiale senza frontiere basato su una comune, civile,  tranquilla ed equa convivenza, che a tutti garantisca alcuni diritti fondamentali (libertà, salute, lavoro, cibo, casa...) e imponga il rispetto di alcuni doveri, senza i quali ogni regola diventa barbaro arbitrio (giustizia, uguaglianza, legalità).  
Non so se sarà così. Questo, però, vogliono i bambini indifesi e senza voce, i giovani in cerca di un "senso" con cui disegnare la propria vita, i poveri diventati finalmente commensali e non più servi, la donna come soggetto portatore di esistenza e non più come oggetto svenduto  al supermarket delle vanità, gli uomini giusti, che, quali solitari profeti, testimoniano e lottano perché la speranza non si spenga.
Perdono, giustizia e pace: gli uni preludono all'altra e la terza è madre e figlia dei primi. In un'epoca che sfoggia solo i vuoti muscoli della potenza materiale, questi sono gli unici valori che rendono veramente l'uomo nobile e forte, cioè finalmente quello che il progetto divino vuole sia scritto come un originale romanzo, che, iniziato fra le insidie e le macerie del tempo, trovi la sua compiutezza là dove l'aurora s'identifica con un Giorno senza più le lunghe ombre del tramonto o le assillanti paure della fine.