Una Supercoscienza universale?
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L'ipotesi dell'esistenza di una Supercoscienza che permea e attraversa l'intero universo è stata avanzata da più parti sia in filosofia che nella scienza moderna, oltre che nelle varie espressioni della religiosità. È come un sottile "dialogo" che viene a stabilirsi fra gli esseri viventi e non: sono le interazioni delle quali parla la Biopsicocibernetica. Quelle che noi chiamiano leggi universali regolatrici del variegato meccanismo dell'esistenza presupongono una Intelligenza che le ha come imposte allo scopo di preservare e conservare la complessità del Tutto in una condizione di ordine armonico. Certamente ci troviamo dinanzi a uno dei più grandi misteri del cosmo e questo in qualche modo va interrogato e semmai indagato, con tutte le precauzioni che l'argomento richiede. Nel presente studio si tenta di abbozzarne, se non una risposta, almeno un'analisi attenta e onesta della domanda.



INTRODUZIONE

Da più parti si è scritto e si scrive di Supercoscienza Universale come di una immensa risonanza nella quale con una serie continua di interscambi informativi vanno a inserirsi e a riflettersi pensieri, energie emotive, vissuti di ognuno e di tutti come un grande  invaso nel quale ogni cosa si ricompone e ritorna all'unità originaria dell'essere e quindi del vivere. Ovviamente tutto ciò costituisce ancora un mistero come,del resto, lo è il problema della coscienza individuale, anche se molto intorno a essa si conosce.
Nel presente lavoro la questione verrà trattata sotto forma di ipotesi avanzata dalla filosofia, dalla stessa scienza e dalla storia delle varie religioni: naturalmente ogni ragionamento ipotetico non è affermazione di verità, ma indica solo un processo di costante verifica dei suoi presupposti. Alla fine si proverà a proporre  una via di interpretazione di una tale possibile esistenza.
Prima di passare all'esame del problema, ritengo opportuno premettere alcune osservazioni di natura antropologica.
Il termine "antropologia" significa letteralmente "studio dell'uomo" (dal greco "anthropos = uomo" e "logos = studio"). Lo studio dell'uomo nella sua interezza è un'impresa di enorme difficoltà ed è per questo che i metodi proposti sono in genere incompleti e limitati. Una antropologia, però, che voglia definirsi tale dovrebbe possedere alcuni elementi fondamentali:  

  • essere concreta, cioè fondata non su dati e definizioni astratte e concettuali, ma sull'esperienza;
  • essere totale, cioè comprendere tutti i tipi di esperienza e di situazioni nelle quali viene a trovarsi l'uomo;
  • essere dinamica, cioè considerare non solo il "presente" staticamente, ma osservare come l'uomo cambia nel tempo, sia a livello individuale che storico e collettivo;
  • essere interdisciplinare, cioè collegata agli aspetti biologici, psicologici, artistici, sociali, etici, religiosi,  intellettuali, economici, ecologici ecc. ecc..
Tenendo presenti queste premesse, in generale si può dire che la struttura dell'uomo ha come simbolo la scala, una rappresentazione cioè del salire e del discendere, del progredire e del regredire, dell'evoluzione e dell'involuzione, perciò è un qualcosa di dinamico. La scala, a sua volta, può essere associata ad un altro simbolo:, quello della montagna. Tale scala può essere espressa sotto forma di gradini: ne scelgo sette, perché questo sembra essere un numero ricorrente (note musicali, colori,  giotmi della settimana, opere di misericordia spiritualr e corporalr e vizi capitali, ecc. ). Schematizzando, dal basso in alto:

1) materia corporea     
2) corpo vivente     
3) affettività 
4) intelligenza      
5) libertà      
6) autocoscienza      
7) supercoscienza.

Visivamente può essere così riprodotta:

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Gli antichi, e fra questi S. Paolo,  dividevano il simbolico "settenario" in tre gruppi, seguendo il criterio secondo cui l'uomo risulta composto da tre elementi: corpo (soma), anima (psiche), spirito (pneuma):

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Si noti che il quinto grado è intermedio, appartenendo sia alla psiche che al pneuma. Naturalmente alla scala positiva (di ascesa), rovesciandola, corrisponde una negativa (di discesa). Tutto il processo è graduale  e vale sia per il piano individuale che collettivo.

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Sul gradino più alto si situa la Supercoscienza come momento di sintesi e di massima comunicazione con tutte le altre coscienze, quasi a formarne una unica grande Coscienza. 
Fatte queste doverose precisazioni, passo ora a trattare l'argomento nei suoi vari aspetti, così come sopra prospettato. (Per le figure di sopra: cfr. www.gnosis.it/scalaindex.html).


1. IN FILOSOFIA

Nella filosofia greca di questo argomento, a parte i cenni che si trovano in Anassimandro (l'Infinito), Parmenide (l'Essere) e in Pitagora (il numero assoluto come armonia), un po' più estesamente ne parla solo Platone quando descrive il mondo dell'iperuranio, luogo e sede delle Idee alle quali l'uomo attinge e delle quali in qualche modo è immagine e forse anche parte.

La stessa posizione sarà sostenuta nel sec. III d. C. da Plotino quando sviluppa il concetto secondo il quale esiste l'Uno che in sé riassume tutto il reale e nel sec. XVII da Baruch Spinoza che ricondurrà ogni cosa a un  Tutto di natura divina del quale si è emanazione, come una scheggia proiettata nel tempo.

L''Idealismo, specialmente con Hegel, ha teorizzato l'origine di tutto dall'Idea e a essa il ritorno di ogni essere con un processo evolutivo che include spirito e materia nelle loro varie dialettiche manifestazioni fatte di tesi, antitesi e sintesi.

L'Autore, però, che ha spiegato meglio l'argomento è stato indubbiamente C.G. Jung (1875-1961), psicologo-filosofo della interiorità, ma anche dei tanti fenomeni che accadono attorno e che non trovano una sufficiente spiegazione facendo ricorso alla semplice razionalità. Secondo Jung esiste un inconscio collettivo, che rappresenta un contenitore psichico universale, quella parte cioè dell'inconscio umano che è comune a quello di tutti gli altri esseri umani. Esso contiene gli archetipi, cioè le forme o i simboli  che si manifestano in tutti i popoli di ogni cultura. Tali archetipi precederebbero l'esperienza e in questo senso sarebbero dovuti alla istintualità.  In altri termini si potrebbe dire che l'inconscio collettivo è la struttura della psiche dell'intera umanità, sviluppatasi nel tempo ed è suddivisibile in inferiore, medio e superiore. L'inferiore è legato alle radici arcaiche, al passato dell'umanità; il medio è costituito dai valori socio-culturali in questo attuale momento; il superiore è invece relativo ai valori, alle potenzialità, alle mete future dell'umanità. Il processo di naturale generalizzazione nella mente umana unisce questi tratti ed esperienze comuni in un substrato dell'inconscio pressocchè identico, un inconscio che paradossalmente diventa supercoscienza comune, nella quale tutti verrebbero a ritrovarsi.

In qualche modo anche il filosofo austriaco L. Wittgenstein (1889-1951) già a 27 anni affermava che il significato  ultimo della natura della coscienza è da rintracciare  solo al di fuori di essa, in una realtà cioè che la trascende e la include. Molto più compiutamente esprimerà questo concetto nel Tractatus Logico-Philosophicus della certezza, nel quale chiaramente precisa che il senso fondamentale della vita cosciente sarà comprensibile al suo scomparire, come a voler dire che, con la fine fisica, si entra a far parte di un flusso universale di coscienza in cui tutti vanno a fondersi in una sorta di Supercoscienza nella quale riconoscono le proprie ragion d'essere, la propria origine e la propria identità.

I presupposti dalla fisica "quantistico relativista" sono stati di basilare importanza per lo sviluppo della Psicologia Transpersonale che studia le dimensioni della coscienza trascendenti l'esperienza individuale  e il potenziale umano oltre i limiti convenzionali. In quest'ottica sono riconosciuti e compresi anche i fenomeni biopsicocibernetici . 

In questo discorso una riflessione a parte e più approfondita merita il pensiero di Roberto Assagioli (1888-1974), pioniere della Psicologia Transpersonale con C.G. Jung, Stanislav Grof, Charles T.Tart, Claudio Naranjo e altri. Questi studiosi scoprirono nelle psicologie e nelle millenarie discipline contemplative dell'Asia non solo informazioni dettagliate su esperienze "alte" o di picco (peack experience), ma di un insieme  d'esperienze trans personali, molte delle quali benefiche, e di metodi sistematici per indurle e svilupparle.  Roberto Assagioli, medico psichiatra, è nato a Venezia il 27 febbraio 1888 da genitori ebrei. Rimasto orfano di padre a soli due anni e adottato dal dottor Alessandro Emanuele Assagioli, da cui prese il cognome, si dimostrò subito dotato di capacità straordinarie di apprendimento e imparò contemporaneamente, oltre all'italiano, l'inglese e il francese (e, in seguito, anche il tedesco). A Venezia visse fino al 1904, anno in cui conseguì la maturità al liceo Foscarini. Laureatosi a Firenze in Medicina e Chirurgia , non trascurò i suoi vastissimi interessi letterari a   orientamento transculturale. Fra questi coltivò soprattutto lo studio del pensiero orientale e in particolare della grande tradizione spirituale indiana (soprattutto attraverso un testo sacro fondamentale, la Bhagavad-Gita), nonché delle discipline esoteriche e delle varie forme di spiritualità e misticismo.  Pubblicò molti lavori sulla rivista "Leonardo", nei quali cominciò a sostenere che  l'uomo ha in sé il potere di proiettare le immagini mentali direttamente nel mondo esterno in modo tangibile e visibile ed avvalora questa sua tesi con esempi di fatti riguardanti il sonno, i mediums, la creazione intellettuale. Assagioli mutuò dal Carpenter l'idea che dobbiamo imparare a praticare l' Arte della Creazione su noi stessi.  Fu in questo periodo che iniziò a delinearsi la prima espressione del suo pensiero, cioè il principio che dovrebbe animare il corso della vita di ognuno, quello dell'evoluzione interiore come conquista di livelli sempre più alti di coscienza, magnificamente espressa nella favola "Fantasia in Re Interiore", dove si parla di una scalata su una montagna sede del "Castello di Luce". Nella lettura della rappresentazione simbolica della favola, la scalata della montagna potrebbe significare il percorso di quell'evoluzione interiore cui dovrebbe aspirare ogni uomo, per la conquista di livelli sempre più alti di coscienza, fino ad arrivare al Re o Sé interiore. Sebbene il mondo delle cose  svii continuamente, basta intravedere, in uno squarcio tra le nubi, il Castello di Luce, ricevere un'illuminazione, per risvegliare in se stessi quel desiderio della spiritualità che c'è in ogni uomo. Ma questo richiamo, da solo, non è sufficiente: è necessario prepararsi, possedere fede ardente, purezza di intenti, volontà indomabile. Allora, guidati da un maestro spirituale, si riuscirà ad arrivare agli "abissi di Luce" dai quali non si torna più indietro. Nella simbologia della favola, la morte del vecchio straniero potrebbe forse indicare che ogni rinascita è preceduta da una morte e, nel caso specifico, può essere interessante considerare che è una morte stabilita dalla legge degli uomini. Nell'articolo "Per un nuovo umanesimo ariano " (Leonardo, 1907) Assagioli individua la necessità di guardare alla cultura indiana per trovare quegli elementi mancanti in quella europea, cioè la sintesi armonica degli opposti (fede-ragione).  A far da guida attraverso l'ignoto labirinto dell' Io umano ci sono, per Assagioli, le Upanisad, i sistemi Vedanta e soprattutto il Raya-Yoga (identificazione della coscienza individuale con quella universale mediante la volontà di "credere di essere"). Perciò al centro di tutto deve esserci la coscienza, come elemento di trasformazione della personalità, madiante la concentrazione nella meditazione, che crea una sorta di comunione con tutto il reale, superando così la concezione dualistica tipica della cultura occidentale, specialmente dopo Cartesio ("res cogitans r res extensa"). Da qui anche la necessità di riunire la psicologia e la pedagogia in una unica disciplina : la Psicagogia. Per questi motivi nel 1907 si stacca dal rigidismo metodologico di Freud. Quella di Assagioli è una prospettiva molto suggestiva per il nostro argomento.

Sulla   scia di Roberto Assagioli si pone anche Ken Wilber (1949), che approfondirà il concetto di Psicologia Integrale. Nel modello integrale, lo sviluppo umano è inteso come il passaggio da uno stadio di subcoscienza a uno di di autocoscienza e infine di supercoscienza. Presento qualche schema illustrativo della sua posizione: 

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Nel grafico rappresentato nella fig.5 è riproposto il modello integrale di Ken Wilber denominato All-Quadrant All-Level (AQAL= Tutti-i-quadranti-Tutti-i-Livelli). I quattro livelli rappresentano uno spazio evolutivo integrato nella coscienza nell'arco della crescita individuale, in relazione all'esperienza soggettiva-intenzionale, a quella intersoggettiva-culturale, a quella oggettiva-comportamentale e a quella interoggettiva-sociale.
  • Il quadrante a sinistra in alto rappresenta l'esperienza soggettiva-intenzionale studiata nella psicologia evolutiva.
  • Il quadrante a destra in alto  indica gli aspetti oggettivi del cervello e del comportamento studiati nella neurologia e nella psicologia cognitiva.
  • Il quadrante a sinistra in basso illustra gli aspetti collettivi che si manifestano nella cultura, studiati nella psicologia e nella antropologia culturale.
  • Il quadrante a destra in basso riguarda gli aspetti collettivi esteriori delle istituzioni sociali studiati nella sociologia.
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Per comprendere come il mondo è costruito e come funziona, dice Wilber, abbiamo bisogno di adottare un approccio a "tutti i quadranti, tutti i livelli" , cioè  tenere in conto non solo interiori ed esteriori, individui e sistemi, ma anche il fatto che ciascuna realtà evolve entro tutti e quattro i quadranti attraverso i vari livelli identificati nella grande Catena dell'Essere, da una parte, e nelle scienze evoluzioniste dall'altra.
Nella rappresentazione successiva i cerchi concentrici simbolizzano i livelli della totalità umana (corpo, mente, anima e Spirito) che sono in comunicazione con i quattro quadranti, che individuano l'esperienza umana relativa all'intenzionalità, al comportamento, alla cultura e alla società.
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Dall'interno verso l'esterno dei cerchi: Corpo (body)- Mente (mind)- Anima (soul)- Spirito (Spirit).
Come si può notare in Ken Wilber l'idea di una supercoscienza è fortemente dipendente dal grado di sviluppo dell'essere, anche se non va oltre questa implicita conclusione né specifica e chiarisce la sostanza di tale possibilità.
In sintesi:

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Altri spunti di riflessione vengono dagli studi di Aldo Capitini, Maria Montessori e Pietro Ubaldi.
Aldo Capitini (1899-1968) pone al centro del suo pensiero una forte passione religiosa da fondare sull'amore verso tutti nella prospettiva di fondersi con il Tutto. Quindi una religione da intendere come continuamente "aperta" al Tu, come "compresenza" e incontro.
Per Maria Montessori (1870-1952) tutto l'universo è un insieme intercomunicante, dove la legge interiore dell'uomo è riconosciuta come legge stessa di un piano cosmico.
Pietro Ubaldi (1876-1952) è per una visione sincretica dell' universo, corrispettiva all'evoluzione della coscienza. Scienza e fede sono concepite come diverse prospettive che stanno convergendo verso una Coscienza Cosmica, determinante un'etica universale, quale etica progressiva, che tende verso il "supercosciente", una zona della personalità che anticipa l'avvenire e si volge ai superamenti attraverso la forza dell'intuizione. In questa prospettiva Ubaldi individua la possibilità di cogliere il rimando del microcosmo al macrocosmo (cfr. G. Mollo, Univ. di Perugia, articolo su Internet).
Implicitamente anche H. Bergson (1907-1941), specialmente nei due saggi " Saggio sui dati immediati della coscienza (1889) e "L'evoluzione creatrice " (1907), accenna al processo evolutivo della coscienza che non termina con la fine della durata del tempo, ma comunque continua a livello cosmico in una dimensione che non sa più di coscienza individuale limitata ma di supercoscienza in continuo sviluppo.
Le affermazioni di questi filosofi possono sembrare un po' vaghe e imprecise, ma un qualche spicchio di verità sembra abbiano afferrato in merito al nostro argomento.


2. NELLA SCIENZA

Su questo argomento la scienza esplicitamente non dice niente e, peraltro, neanche può dirlo, perché non è questo il suo compito. Però qualcosa ci viene suggerito dalla Meccanica quantistica, dalle Teorie dei frattali e delle stringhe e dal pensiero di Teilhard de Chardin.

A. Meccanica Quantistica e Teorie dei Frattali e delle Stringhe


Le ricerche sulla meccanica quantistica stanno aprendo uno scenario completamente diverso sulla vita, soprattutto a livello di studio dei fenomeni subatomici. Di seguito riporto  una breve rassegna sulla storia della fisica quantistica e il suo rapporto con la coscienza universale.
Se si vogliono affrontare questi argomenti da un punto di vista più "olistico", occorre ricordare che la meccanica quantistica riflette il concetto che l'intero universo manifesta una unitarietà globale, in quanto ogni cosa è cosciente di ogni altra cosa, e ha la possibilità di trasmettere informazioni a velocità superiore a quella della luce. Ciò apre le possibilità per un accesso immediato a una banca di informazioni universali (la coscienza universale). Oggi noi conosciamo con sufficiente certezza le correlazioni tra le coppie di particelle che fanno rifeimento alla teoria dei quanti e a quella delle particelle virtuali. Per esempio, quando due fotoni vengono "sparati" in direzioni opposte, viaggiando quindi alla velocità della luce, viene rilasciata una certa informazione che raggiunge le due particelle a una velocità che sarà ovviamente superiore a quella della luce (e che quindi è raggiungibile solo dalle particelle chiamate tachioni). In conseguenza di  questo scambio di informazioni, il fotone A sa sempre cosa sta accadendo al fotone B, e viceversa. A questo proposito Bohm ha suggerito che lo scopo della ricerca scientifica non è quello di accumulare conoscenze, ma piuttosto è un atto di percezione, un continuo processo di affinamento della coscienza e della natura. Planck ha scoperto che tutti i pacchetti di energia (quanti) di una particolare frequenza elettromagnetica sarebbero della stessa grandezza e viaggiano  sempre alla stessa velocità, cioè 300.000 Km/sec. Bohr è stato il padre del concetto del "salto quantico", della capacità cioè degli elettroni che orbitano intorno a un nucleo di saltare in un'orbita più distante dal nucleo quando questi assorbono energia, e di saltare in un'orbita più vicina al nucleo quando essi rilasciano energia. Comunque, l'elettrone sembra sparire da un'orbita e riapparire in un'altra e non è possibile rilevarlo durante il transito. Ciò suggerisce fortemente che la sua velocità sia superiore a quella della luce. I fotoni sono in grado di vagliare informazioni e di comportarsi di conseguenza.  La teoria dei quanti rivela l'unitarietà di base dell'universo. Heisenberg propose il "principio di indeterminazione", cioè noi non possiamo conoscere contemporaneamente sia la posizione che il momento di una particella con grande accuratezza. Il "principio di esclusione" di Pauli  preclude la possibilità che due elettroni interagenti fra di loro esistano nello stesso identico stato energetico.  Nel mondo della fisica atomica l'osservatore non può giocare, dunque,  il ruolo di un osservatore distaccato, ma rimane coinvolto nella sua osservazione fino al punto da influenzare le proprietà dell'oggetto osservato. Considerando la meccanica quantistica, noi possiamo far accadere le cose focalizzando la nostra coscienza in accordo con la nostra intenzione: il nostro universo è anche un universo partecipativo. La coscienza sembra essere l'essenza della meccanica quantistica, in quanto fornisce la possibilità di scegliere e di percepire segnali ad alta o bassa frequenza. Si vive in mezzo a campi elettromagnetici che fluttuano e risuonano con forze simili e dissimili in tutto l'universo. molto prima della nascita della meccanica quantistica. La supercoscienza riassume le esperienze di tutte le menti cellulari e atomiche del corpo (è come se queste avessero una memoria) e decide quale azione intraprendere. Data l'universalità della mente, le persone sono in grado di comunicare mentalmente gli uni con gli altri attraverso schemi di onde elettromagnetiche e risonanza differenziate. (cfr. A.. Lomuscio, articolo su Internet).

Nella sperimentazione del "paradosso" di Einstein-Podolsky-Rossem, o nelle osservazioni sollevate dal teorema di Bell, le perturbazioni di una particella elementare possono immediatamente "influenzare" un'altra particella che si trova a distanza, quando la sola relazione fra le due particelle dovrebbe normalmente derivare dal fattore temporale. All'interno del nucleo, è possibile descrivere matematicamente l'apparizione di quarks, ma queste descrizioni implicano il rovesciamento occasionale della freccia del tempo o della causalità. Quello che viene descritto in fisica e nelle osservazioni di Jung, sono delle correlazioni, cioè delle connessioni acausali e dunque a-temporali.

Nella Meccanica quantistica, imoltre, l'effetto sembra precedere la causa, o meglio non abbiamo alcuna base che permetta di comprendere la correlazione osservata. Una volta compresa la natura del campo di trasformazione, la sua presenza può aiutare alla comprensione di numerosi livelli. dove questa ubiquità è forse meglio posta in rilievo fra energia e massa: E = mc2.  "E", energia, viene misurata in termini di momento;  "m"  è la massa dei gravitoni che appaiono in certe posizioni; "c"  è la velocità della luce che determina la freccia del tempo. Alla velocità della luce, il tempo resta immobile: così  la parte destra dell'equazione di Einstein rappresenta lo spazio/tempo così come abbiamo l'abitudine di percepirlo. Quanto alla parte sinistra, essa rappresenta il momento, cioè il potenziale di energia disponibile in ogni istante. Ed è perciò un termine non localizzato, che, in effetti, è collegato allo spazio - tempo attraverso la trasformazione di Fourier. Ora il cervello umano ha la capacità di operare secondo un modo spazio - temporale e un modo non - localizzato. Perché in Fisica quantistica siamo costretti a osservare o l'uno o l'altro? Riconoscere l'esistenza di un campo non - localizzato di trasformazione, nel quale hanno luogo delle correlazioni, e soltanto esse, rinvia, nel quadro generale in cui troviamo anche altre osservazioni di non - localizzazione, al concetto di sincronicità. Questa  sembra, dunque, bizzarra, perché i nostri sensi e i nostri cervelli sono programmati per ricercare causalità immediate, quando invece vengono osservate soltanto delle correlazioni. Perciò il passaggio dalla coscienza individuale a una forma di supercoscienza universale appare comprensibile, anche se non pienamente spiegabile.
Un altro indizio per lsuffragare la nostra ipotesi viene offerto dalla Teoria dei Frattali. Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse, cioè non cambia aspetto anche se visto con una lente d'ingrandimento. Questa caratteristica è spesso chiamata auto-similarità (self-similarity). Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoīt Mandelbrot (1924). La natura produce diversi esempi di forme molto simili ai frattali, come nell'albero (soprattutto nell'abete), dove  ogni ramo è approssimativamente simile all'intero albero e ogni rametto è a sua volta simile al proprio ramo, e così via. Alla base dell'auto-similarità sta una particolare trasformazione geometrica chiamata omotetia che permette di ingrandire o ridurre una figura lasciandone inalterata la forma. Un frattale è un ente geometrico che mantiene la stessa forma se ingrandito con una omotetia opportuna, detta omotetia interna. (cfr.  www.oloscience.com/10543.htm) Per analogia anche la coscienza potrebbe essere considerata un frattale e così avrebbe un suo riflesso nella Supercoscienza, che può essere quella della intera umanità o dell'essenza della totalità dell'universo. Alla base di questo ragionamento ci sono le seguenti osservazioni, che costituiscono i cardini del paradigma olistico:
  • L'universo è una Unità, una sola energia vivente, un oceano di coscienza che si estrinseca e si evolve in differenti dimensioni e livelli: materiali, energetici, mentali e spirituali;
  • La materia e la coscienza sono manifestazioni di una tale Unità;
  • La coscienza è Una e  implica amore, ordine, coerenza, sincronicità, crescita;
  • La coscienza è informazione, energia intelligente e vivente;
  • Il Tutto si riflette (olograficamente e sincronicamente) in ogni singola unità e ogni unità è parte del Tutto e ne rispecchia la complessità. Ogni fenomeno, e quindi ogni essere,  è interconnesso con ogni altro essere e fenomeno del'universo;
  • L'unità di coscienza tende ad evolvere, a espandere e ordinare il proprio campo di informazioni verso una maggiore consapevolezza e conoscenza;
  • L'uomo è frutto dell'universo e ne esprime l'unità di coscienza e la molteplicità delle dimensioni e dei livelli;
  • L'essere umano può risvegliarsi a un livello di coscienza più vasto e olistico. L'autocoscienza, ossia la realizzazione del proprio essere, è la chiave per la conoscenza-coscienza del Tutto. La coscienza unitaria dell'esistenza nasce da una analoga coscienza unitaria di se stessi e dal senso di profonda interazione con la vita del Tutto che ne deriva;
  • La religiosità deve essere basata sull'amore, sul rispetto del vivente, sul senso di interdipendenzza e di pace e accomuna ogni popolo e cultura. Ogni differenza di pratica, di credo, di metodi per raggiungere il divino, che non diventi causa di separazione, può essere considerata una ricchezza. La nuova religiosità deve includere la nuova scienza;
  • L'intero universo è un processo dinamico in costante evoluzione. L'evoluzione è l'espressione di un movimento intelligente di crescita della conoscenza e della coscienza della realtà (informazioni).
Anche la Teoria delle Stringhe, elaborata dal fisico italiano Gabriele Veneziano (1942) e ampiamente poi spiegata nel 1970 dai suoi colleghi Yochiro Nambu, Holger Bech Nielsen e Leonard Susskind, induce a pensare a queste medesime conclusioni. Infatti, secondo questa, l'universo nella sua totalità attualmente esistente non sarebbe altro che una immensa onda vibratoria. Con l'interazione fra tutti i  componenti presenti in essa, viene prodotta una serie infinita di informazioni, che, come tali, tenderanno a far parte di un patrimonio comune. Sicché ache le coscienze individuali andrebbero a confluire in una grande Supercoscienza nella quale si incontrano, sviluppando i propri interscambi.

B. Teilhard de Chardin

Non di secondaria importanza sono i rilievi che a questo proposito fa il teologo-filosofo-scienziato Teilhard de Chardin (1881-1955), quando parla di "Noosfera", cioè di un'area superiore dello sviluppo della vita, che non esclude minimamente l'ipotesi di una Supercoscienza universale.

Il pensiero di Teilhard de Chardin, padre gesuita, ha come nucleo il concetto di evoluzione tramite il quale vorrebbe conciliare la Rivelazione del Cristo con la scienza. Nella sua opera principale Il fenomeno umano Traccia in un'ottica evoluzionista una storia dell'universo che arriva sino alla fine dei tempi, al punto cioè di convergenza finale dove il Cristo costituisca il momento terminale di una specie in evoluzione oltre l'uomo stesso (Punto Omega).

Teilhard visse appunto nell'epoca in cui l'idea di evoluzione faceva il suo avvento e con la sua opera interpretò l'evoluzione non come idea estranea e avversa alla teologia cristiana, ma come idea presente implicitamente fin dall'inizio nella figura del Cristo, che rilesse alla luce dell'apporto del pensiero scientifico come evolutore,  cioè non estraneo ma proprio come Punto Omega, momento finale d'arrivo di un cosmo in evoluzione.

In questo contesto il concetto di natura andava inteso nel senso che:

  • Il cosmo sorto con l'esplosione della singolarità gravitazionale  nel big-bang si dirige in maniera naturale a divenire vita;
  • La vita a sua volta con la stessa identica naturalità esprime il suo movimento verso l'umanizzazione, la comparsa dell'uomo;
  • L'uomo  sempre naturalmente tende al raggiungimento di uno stadio ultra-umano dove lo spirito sempre in maniera naturale e per nulla soprannaturale tende a liberarsi lentamente ma definitivamente della sua base di origine materiale.
Il disegno evolutivo per Teilhard de Chardin si snoda a partire dalla pre-vita o mondo inorganico fino ad arrivare alla vita propriamente detta, che nel suo svilupparsi costituisce la biosfera. È a partire da questo momento dell'evoluzione dell'universo che si verifica il fenomeno dell' ominizzazione quale punto di passaggio dalla biosfera alla noosfera (termine mutuato da Vladimir Vernadsky) o mondo del pensiero, che si realizza tramite la capacità umana della riflessione. Al culmine dell'evoluzione dell'universo, l'ultima parola dell'ultimo capitolo è il Cristo cosmico che in questa visione è quindi paragonabile ad una sorta di nuova molecola del DNA ancora da venire, nella quale la vita compie un salto qualitativo, come un tempo le singole molecole hanno compiuto, allorché si sono aggregate nella nuova macromolecola del DNA appunto, molecola che ha inaugurato aperto un nuovo inizio nella storia dell'universo. Per Teilhard l'evoluzione continua ad opera delle singole coscienze umane, che, comunicando tra loro, danno vita a una sorta di Super-essere, da non confondersi, però,  con il super-uomo di Nietszche che non tiene in conto il fenomeno della comunicazione crescente tra gli individui. Scrive a proposito: "Niente nell'universo potrebbe resistere a un numero sufficientemente grande di intelligenze raggruppate e organizzate" .

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In questo nuovo movimento evolutivo caratterizzato dalla comunicazione promotrice di convergenza dei singoli individui in un unico Super-individuo collettivo egli vede non un "Dio in costruzione", ma la stessa specie biologica umana che, grazie al pensiero e alla comunicazione, si raggruppa e si organizza per convergere su se stessa in un nuovo unico Super-organismo per raggiungere infine Dio, questo ipotetico Punto Omega che rappresenterebbe di fatto e senza rimpianto alcuno la fine dei tempi.

Per Pierre Teilhard de Chardin, la Noosfera è paragonabile ad una sorta dii "coscienza collettiva" degli esseri umani che scaturisce dall'interazione fra le menti umane. La Noosfera si è sviluppata infatti con l'organizzazione e l'interazione degli esseri umani a mano a mano che essi hanno popolato la Terra.
Più l'umanità si organizza in forma di reti sociali complesse, più la Noosfera acquisisce consapevolezza. Questa è un'estensione della Legge di complessità e coscienza di Teilhard, legge che descrive la natura dell'evoluzione dell'universo. Il Punto Omega finale sarebbe prodotto da una accelerazione esponenziale del processo di socializzazione universale per cui la forza di attrazione infine prevarrebbe sulla forza di repulsione, sìcché l'universo imploderebbe su se stesso, ma anzichè rappresentare la fine della vita questo evento costituirebbe invece la nascita di una nuova e più evoluta forma di vita: l'Uno.