Unicità o Reincarnazione? |
Questo è un interrogativo che va ad
aggiungersi ai tanti altri che assillano la mente umana. Si è unici e
irripetibili o si è il ricordo di altre vite passate, condotte in contesti
spazio-temporali del tutto diversi dal presente? Il fatto è che buona parte
dell'umanità, specialmente quella che si richiama alla cultura orientale, crede
fermamente nella reincarnazione, in quel processo cioè di "cicliche rinascite"
materiali necessarie per purificarsi in vista del ricongiungimento con l'Uno.
Cosa pensare in merito e di essa cosa dicono le "voci"?
C'è da dire subito che nell'antichità la credenza nella reincarnazione era molto diffusa, non escluso anche nella primitiva tradizione cristiana (Tertulliano). Della "trasmigrazione delle anime" (o metempsicosi) aveva parlato Pitagora e, dopo di lui, tutti i circoli esoterici antichi e anche moderni: in questi ambienti sembra un fatto accettato e accreditato quasi come un dogma apodittico. Sostanzialmente a supporto della tesi vengono addotti tre argomenti: una sola vita non è sufficiente per "elevarsi" nello spirito, l'esperienza dell'ipnosi regressiva in conseguenza della quale riaffiorerebbero ricordi lucidi di vite passate, il flash del cosiddetto déjà-vu. A un'attenta analisi, però, ciascuna di queste tre argomentazioni non sembra reggere al rigore di un corretto ragionamento. Necessità di più vite. È vero che l'arco del comune vivere è breve e che il tempo sembra volar via inesorabilmente e senza tregua, sicché anche la possibilità di una completa, cosciente e piena evoluzione dello spirito risulterebbe non essere sufficiente a un simile processo. Ma mi chiedo: è necessaria proprio una pluralità di vite o non piuttosto un utilizzo più saggio e intelligente del proprio tempo, evitando così di sciuparlo con l'inseguire spesso tante inutili frivolezze? Non si responsabilizzerebbe di più l'uomo nell'impiego della sua libertà di scelta invece di lasciarsi andare all'ozio o ad attività sovente senza peso né qualità? Così facendo, s'imparerebbe a essere più seri, meno superficiali, più dediti ad opere di pace e di fraterna bontà, perché non ci sarebbe l'alibi molte volte comodamente ripetuto "Tanto ci sarà l'opportunità di un'altra vita per pensare a queste cose. Ora divertiamoci senza ingombranti freni inibitori". Questa filosofia di vita non è accettabile e per ovvie ragioni: sarebbe come il voler giustificare tutto, anche ciò che in sé non è affatto giustificabile. E poi ci sarebbe ancora da chiedersi: ma non dovremmo essere tutti dei reincarnati già in qualche maniera evoluti, con un mondo che dovrebbe presentarsi con un aspetto decisamente migliorato? La storia e la realtà dicono invece che non è stato e, purtroppo, non è così, quindi anche il presupposto della reincarnazione non sembra avere una solida base sulla quale poter poggiare. L'ipnosi regressiva. Con questa tecnica si afferma che si sarebbero fatte rivivere a soggetti esperienze non solo prenatali, ma addirittura pregresse allo stesso concepimento. Ma la realtà sta proprio in questi termini? Da modesto esperto della materia, francamente ne dubito per il semplice motivo che è sempre e comunque l'inconscio del "presente", un mondo complesso e ancora in buona parte inesplorato, a far elaborare questo insieme di ricordi, che potrebbero tranquillamente spiegarsi come sedimentazioni stratificate di vissuti residui o subliminali dovuti a letture, dialoghi, contatti sociali, fantasie, il tutto rivisitato, sotto ipnosi regressiva, come un qualcosa di autonomo e di avulso dalla vita presente, come quello che accade nei comuni sogni, dove con l'inesistenza di spazio e tempo si sperimenta appunto una totale autonomia dell'inconscio. A ipotizzare o semplicemente a parlare, però, di un'altra vita passata, e quindi di reincarnazione, il passo mi sembra un po' lungo o quantomeno azzardato. Il déjà-vu. Il fatto che una persona possa avere una speciale affinità con una qualche particolare epoca storica o con luoghi e ambienti a questa collegati non vuol dire che negli stessi essa è già vissuta, ma il fenomeno può semplicemente essere dovuto a fattori caratteriali, a studi, a film, a letture, a osservazione di quadri, oggetti, monumenti, scene, panoramiche o a emozioni intense che poi vanno a configurarsi, essendo molto vive nella mente e ben memorizzate nel cervello, in un qualcosa che darebbe la sensazione di essere stato un tempo "realmente già visto": in verità sembra essere più un effetto prodotto da una propria inconscia proiezione allucinatoria che non un autentico flash che illuminerebbe improvvisamente l'esperienza del soggetto. Il "già visto" è tale solo nella sua mente, nel momento cioè in cui qualche frammento di ricordo-conoscenza va riemergendo alla coscienza, ma non nella realtà. Questo se si vuole stare con i classici piedi ben piantati per terra. Ai sostenitori della reincarnazione ci sarebbe inoltre da chiedere: se alla purificazione è necessaria l'autoconsapevolezza del male compiuto nel passato, perché allora a livello cosciente non affiora "tutto" della/e vita/e precedente/i? A questa domanda essi sono soliti rispondere dicendo che se ciò accadesse il ricordo di tale male potrebbe "opprimere e angosciare" il soggetto a tal punto da farlo soccombere. Questa, però, non è una spiegazione né tantomeno una giustificazione e per un motivo molto semplice: il processo di purificazione richiede che si debba sapere "pienamente e coscientemente", cioè "hic et nunc", da "cosa" doversi purificare, altrimenti diventerebbe un lavorio condotto al buio, perpetuando così l'irresponsabilità e quindi la possibile inutilità di una seconda o di una terza ipotetica vita. Chi garantisce che la "dimenticanza o l'oblio" aiuta a far progredire un soggetto? Non avviene, forse, tutto il contrario, come del resto insegna l'esperienza quotidiana? A mio concreto avviso, e questo viene confermato ampiamente dalle "voci", la verità elementare e scientificamente comprovata è che si nasce con un patrimonio genetico "unico" trasmissibile peraltro per generazione (secondo le leggi di Mendel e della moderna genetica), si cresce e si vive una sola volta con una propria irripetibile identità psichica non duplicata e non duplicabile nel tempo (neanche con la clonazione): occorrerebbe allora apprendere soltanto a utilizzare bene e al meglio il dono dell'esistenza, come nella parabola evangelica dei talenti. L'evoluzione spirituale, di conseguenza, inizia nel tempo, ma continua al di fuori e al di là di esso con la "rinascita alla luce": beato chi al cessare della vita fisica si trova ad aver già compiuto buona parte del proprio cammino! Ciò vuol dire che già è pronto a operare il salto di qualità (ingresso nella Città di Luce, visione di Dio), altrimenti è costretto ancora a sostare nella non tanto metaforica "sala di attesa" (la si chiami pure "Purgatorio") per prepararsi un po' più adeguatamente a partecipare alla festa dell'incontro con Dio e i Fratelli dell'Aldilà. E questo temporaneo indugiare comporta non poca sofferenza, vera purificazione dalla quale ci si libera, sotto la guida di Saggi Maestri (Angeli, Santi), con il recupero di conoscenze e di interventi di amorosa carità a sostegno e a favore dei viventi ancora quaggiù sulla terra. La reincarnazione qui non c'entra affatto o almeno è molto, ma molto improbabile che ci sia. Del resto chi ha mai visto "rinati" Socrate, Platone, Aristotele, Virgilio, S. Agostino, S. Tommaso, Dante, Cartesio, Newton, Mozart...? La Storia non è il teatro della replica o della ricomparsa dei "reincarnati"! A conferma di quanto fin qui fatto osservare le "voci" parlano chiaramente di conservazione della propria "identità" nel tempo né minimamente accennano a un eventuale "ritorno" della persona nel "ciclo delle continue rinascite" in vista della realizzazione di quello che gli orientali chiamano "karma". Se con questa parola s'intende il "disegno" che Dio ha su ciascun uomo, cosa irripetibile e originale, allora si potrebbe anche convenire, ma a condizione che questo non s'identifichi con una forma di autocreazione nelle modalità del proprio esistere, prescindendo da qualunque riferimento a un Essere diverso e distinto dal Sé. A supporto di questo riferisco solo alcune affermazioni delle "voci". È solo nell'Aldilà che le anime "Si purificano", evolvendosi, e qui adottano l'espressione "Dietro-avanti". Fanno cenno anche al "come" avviene tale purificazione: "Con il fuoco, sì, fuoco", che poi è il simbolo e la metafora di un simile processo interiore. Dopo il giudizio segue il "sonno ristoratore" che "Non è uguale per tutti". Delle vicende della vita terrena si ricordano, ma senza tanta nostalgia : "Mi ricordo...Altrove, però, è la festa...La vita è qui". I rapporti affettivi creati quaggiù saranno conservati in tutta la loro integralità e bellezza: "Tutti...Sempre ci si vorrà bene". Alla domanda se alla presenza di Dio ci riconosceremo tutti, rispondono: "Tutti...Mio, tuo, qui no". L'Aldilà è presentato come una sorta di "Antimondo" parallelo e contiguo al nostro. Specificano, infatti, che la vera esistenza è "Chiarore" e non ci saranno più sofferenze né malattie: " Anche i malati mentali saranno tutti guariti, guariti...Uguali...Saranno come Angeli" . Le anime conservano la propria unicità, ben riconoscibile con l'insieme di tutti gli intrecci vitali che hanno cominciato a costruire quaggiù e che non vengono assolutamente interrotti o, peggio, distrutti, anzi sono potenziati, anche se su un altro "piano qualitativo" di esistenza. Questo lo dicono con decisione, ma con una precisazione, che cioè la realtà spirituale resta la "Stessa, stessa", anche se "Non è sempre esistita". Sono in possesso di un "corpo sottile", che "È bello...Stupendo, sì, stupendo...Siamo tutti bellissimi". Quindi non hanno bisogno di nessun altro nuovo corpo terreno. Nel frattempo con accorato affetto rivolgono l'invito a noi, ancora nomadi quaggiù, ad "Amare...Ama, ama tu". Cosa aggiungere di più? Il discorso sviluppato dalle "voci" mi sembra abbastanza coerente e corretto e soprattutto ben strutturato da una logica interna, che è pienamente accettabile e rispondente alle più profonde aspettative di ognuno. Nell'Aldilà, la nostra Terra Promessa e il nostro Grande Concerto, si sarà "persone" vere, forti, autentiche, mature, palpabili, visibili, inserite con Dio in una comunità felice e luminosa di Amici e di Fratelli, non ombre evanescenti e anonime, che con le ipotetiche reincarnazioni finirebbero con l'essere realmente irriconoscibili e non amabili, prospettiva quest'ultima non certamente desiderabile né tantomeno gradevole. Può mai un effimero e triste fantasma essere l'ultima parola con la quale scrivere e narrare le nostre speranze e, quindi, il definitivo approdo nel racconto della nostra futura evoluzione, prescindendo dalla continuità nelle individuali relazioni stabilite in precedenza con concretezza? Tanta fatica per arrivare ad avere e a essere solo ciò? A questo punto naturalmente a ciascuno resta la libertà di vedere e valutare le cose " a suo modo": questo è il mio. (da 'Il Giornale dei Misteri') |