La sindrome schizofrenica
Quando si va a parlare di ciò che si situa al di là del "borderline state" (stato limite), com'è la schizofrenia, è sempre difficile determinarne con esattezza la causa, data la complessità psicofisica dell'essere umano.
Una visione "olistica" del problema, forse, potrebbe dare una chiave di lettura della situazione, perché se ci sono, come ci sono, degli elementi predisponenti, è anche vero che questi rimangono allo stato "potenziale" se si è ben "compensati" e se non si presentano eventi scatenanti (ambiente sociale, familiare, educativo).00.jpg
Generalmente oggi gli Autori elencano una serie di fattori che favoriscono l'insorgenza della sindrome schizofrenica.
Innanzitutto c'è il corredo genetico. Secondo Carlson esisterebbero due geni principali, dei quali uno dominante e l'altro recessivo. Da un genitore schizofrenico deriverebbe il 10% di ereditarietà del disturbo, da ambedue il 50%. Naturalmente non è sempre così: una buona anamnesi dovrebbe saper fare sempre un'accurata ricostruzione dell'albero genealogico del soggetto interessato.
Esistono poi dei fattori prenatali, perinatali (trauma da parto) e postnatali che investono gli aspetti biochimici e neurologici. Secondo uno studio effettuato da alcuni ricercatori della John Hopkins University (USA) nella schizofrenia è stata riscontrata in quantità inferiore al normale la proteina "Gfap". Secondo altri si sarebbe di fronte ad una grave disfunzione in alcuni neurotrasmettitori (serotonina) e nel sistema dopaminergico. Secondo altri ancora esistono delle sostanze tossiche, che, immesse nella circolazione, interagirebbero, con effetti distruttivi, con i vari neuroni.
01.jpgA far "esplodere", per così dire, la situazione interverrebbero o eventi dolorosi o un uso improprio di farmaci. Se la base di partenza è questa e se l'inizio è sempre subdolo, già nel 1953 F. J. Kallman faceva notare che la schizofrenia è sostanzialmente il risultato di una intricata interazioni di vari fattori sia genetici sia ambientali. Il paziente, per opporsi alla sua malattia, cerca di trascinare a sé gli altri coinvolgendoli e inizia sempre con il suo progressivo allontanarsi dalla "realtà" per rifugiarsi nella "irrealtà", entrando così in un "sistema che dà ordini e nel quale le cose, in quanto tali, cominciano ad esistere. È in questa linea che si svilupperanno aggressività e autopunizione. Con la schizofrenia si ritorna alle primissime fasi dello sviluppo (regressione radicale), creandosi una sorta di barriera non comunicativa. Lo schizofrenico avverte di essere sempre sotto la minaccia di disgregazione del mondo e della sua stessa personalità".

Purtroppo tra le cause c'è da annoverare anche l'assenza di una diagnosi tempestiva e precoce da parte delle strutture sanitarie (74% dei casi), la difficoltà delle famiglie ad accettare il problema (21%) e la scarsa collaborazione del paziente (14%: dati OMS).
La schizofrenia non è da confondere con l'autismo, perché se da una parte come elemento comune ambedue presentano la compromissione della capacità di relazioni sociali e degli interessi, dall'altra, però, il quadro intellettivo nella prima (schizofrenia) è destrutturato, nel secondo (autismo) è pressoché, invece, normale.

Molto variegato è lo scenario dei sintomi con cui il disturbo si presenta. Per chiarezza questi possono essere ricondotti alle seguenti tipologie: cognitivi, emotivi, sociali. Generalmente devono "coesistere" nello stesso soggetto anche se non sempre temporalmente.

Un'altra classificazione è quella che distingue i sintomi "positivi" (deliri, allucinazioni, linguaggio disorganizzato, catatonia), "negativi" (appiattimento affettivo, alogia, abulia, anedonia), di "alterazione dell'umore" (disfasia, suicidio, disperazione). I primi ad emergere sono quasi sempre quelli "negativi".
Sintomi Cognitivi
In generale sono caratterizzati dall'incoerenza nel pensiero e dalle distruzioni incontrollate. Dopo Eugen Bleuler, il primo Autore a studiare il pensiero schizofrenico è stato Alfred Storch, mentre Kurt Goldstein si è soffermato a delineare l'incapacità dello schizofrenico a causa della perdita del senso della realtà a formulare pensieri astratti. Cameron definisce il pensiero dello schizofrenico "asindetico" (assenza di legami causali) e "metonimico" (mancanza di una terminologia specifica). Secondo Matte Blanco nella schizofrenia a prevalere non è la logica aristotelica, ma quella dell'inconscio. Afferma l'Arieti: "Il pensiero dello schizofrenico non è illogico o senza senso, ma segue un discorso-sistema logico che porta a conclusioni differenti da quelle che raggiunge un individuo sano". Nello schizofrenico il pensiero agisce per "distorsioni" e "condensazione": tende cioè a identificarsi con altri (persone, oggetti, animali) per qualche elemento "comune", soprattutto di natura emotiva. In esso è ridotta la capacità di "connotare" (le cose in generale) e distorta la verbalizzazione. C'è confusione tra mondo fisico e mondo psichico: non si cercano le cause degli eventi, ma essi vengono attribuiti a una "causa altrui". Esiste una concezione più ristretta del tempo e si segue più la percezione che il concetto.

Secondo Von Domarus mentre il pensiero "normale" accetta l'identità in base all'identità dei soggetti, quello schizofrenico l'accetta, per ragioni emotive, in base all'identità dei predicati. Esempio di pensiero "normale": "I nati in Italia sono Italiani, io sono nato in Italia, dunque io sono italiano". Esempio di pensiero schizofrenico: "Leonardo è un italiano, io sono italiano, dunque io sono Leonardo". Qui il soggetto della seconda proposizione ("Io") non è contenuto nella prima ("Leonardo"): l'identificazione si ha nel predicato ("italiano"). Così vengono sconvolte tutte le regole della logica aristotelica.

Come conseguenza di tutto ciò si ha una diffusa frammentazione dello psichismo, con mancanza di unicità e integrazione tra i vari elementi, incoerenza linguistica (e comportamentale) e lentezza nella capacità reattiva. È come una sorta di "resa", con il relativo disturbo nella "percezione del Sé", nel rapporto fra il reale e il fantastico (con un transito continuo fra ciò che si è, che si teme di essere e che si vorrebbe essere), con un corpo che non viene riconosciuto ma che si trasforma, con un discorso che diventa un coacervo di parole messe insieme e quindi prive di senso, con un dialogare continuo con il proprio cervello ascoltandone le "voci" (allucinazioni, specialmente quelle uditive, percezione in assenza di oggetti). Nello schizofrenico queste ultime sono percepite quando "si aspetta di udirle", con tutto ciò che ne deriva in quanto ad angoscia, a paura, a tentativi di "fuga da sé", all'"extrema ratio" del suicidio per porre fine a questo martellamento interiore.

Il soggetto perde ogni possibilità di valutazione autocritica del proprio stato, come quello di poter distinguere il vero dal falso, l'irreale dal reale. Quest'ultimo è il delirio, una sorta di idea senza fondamento nella realtà (persecuzione, grandezza, riferimento, lettura del pensiero...).

Sintomi emotivi
Sono caratterizzati dall'instabilità emotiva, dalla quasi assenza di freni inibitori, da improvvise scariche di aggressività, da repentini cambiamenti nello stato dell'umore. Lo schizofrenico non è un anaffettivo: solo non riesce a estrinsecare i suoi sentimenti. Non rare volte questo quadro si accompagna a comportamenti ossessivi e depressivi, che sono una espressione di schizofrenia latente, attivata come un meccanismo di difesa contro il deterioramento psichico.

Sintomi sociali
Sono caratterizzati dalla asocialità, dall'indifferenza al bene, ma soprattutto al male e al dolore e da gesti di violenza immotivati. Le aree che più frequentemente sono toccate afferiscono a quella lavorativa, familiare, scolastica, relazionale: con tutti i rischi facilmente comprensibili per sé e per gli altri.


Da quanto detto sopra gli Autori hanno individuato varie forme di manifestazione della schizofrenia:

  • - di tipo paranoide (con predominanza di deliri e allucinazioni);
  • - di tipo ebefrenico (con predominanza della regressione infantile);
  • - di tipo catatonico (con predominanza di disturbi psicomotori e la ripetitività);
  • - di tipo semplice (con predominanza della devianza);
  • - di tipo schizo-affettivo;
  • - di tipo acuto (con predominanza della violenza).

La schizofrenia ha varie modalità di esordio:

a. Per età media tra i due sessi:

- Fino a 15 anni: 17%
- 16-20 anni: 33%
- 21-25 anni: 25%
- 26-35 anni: 14%
- 36-45 anni: 7%
- oltre i 45 anni: 6%

L'età media, quindi, è sui 24 anni, con 21 mesi circa che intercorrono tra i primi sintomi e la diagnosi. Diverso però è l'andamento di insorgenza della malattia nei due sessi: per gli uomini si ha un aumento ripido nella giovinezza con un picco tra i 15 e i 24 anni, per le donne, invece, l'ascesa è più dolce con un primo picco tra i 20 e i 29 anni e un secondo picco tra i 45 e i 50 anni. Ciò vuol dire che in questo periodo della vita le donne sono esposte ad un triplice rischio della malattia rispetto agli uomini. Questi ultimi, quindi, si ammalano prima delle donne, ma dopo i 30 anni esse recuperano il ritardo iniziale ed entrambi i sessi nell'arco della loro vita si ammalano in eguale misura. Ciò è ben evidenziato nelle figure sottostanti.

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b. Per acutezza:

• Fra i 18 e i 28 anni, con prevalenza dei sintomi "produttivi" (delirio, allucinazione) su quelli "negativi" (appiattimento affettivo).

c. Per fasi progressive:

• Inizio:
- ritiro sociale, astenia, perdita di interessi
- prime "stranezze"

• Fase Attiva:
- disturbi del pensiero (disorganizzazione)
- delirio (manie varie)
- allucinazioni o dispercezioni: più frequenti le uditive, più rare le visive, le tattili e le olfattive
- appiattimento affettivo, discordanza affettiva
- depressione
- alterazione del controllo
- disturbi della psicomotricità
- disturbi dell'attività

Molti casi riportati dalla cronaca recente inducono ad ampliare l'orizzonte dei sintomi: una patologia schizofrenica asintomatica (conservazione della capacità di intendere e di volere, ma non di provare emozioni), amnesia dissociativa propria delle "personalità multiple", allucinazioni acustiche "coartanti" dal cui panico si crede di liberarsi obbedendo alle "voci" (cfr. il fortunato film di Ron Howard "A beautiful mind", nel quale viene tratteggiata la vicenda del famoso matematico americano John Forbes Nash jr., vincitore del Premio Nobel 1994), associazione a forme depressive del tipo "suicidio allargato" ("Ti uccido perché ti voglio salvare"), la "sindrome di Münchhhausen per procura" (apparente "normalità" in pubblico, lenta "somministrazione di morte" in privato), aggressività anche omicida con successiva richiesta di sostituzione dell'ucciso con altra persona.

Al fine di delineare una corretta diagnosi della schizofrenia sono stati elaborati alcuni criteri sia da parte dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che dall'A.P.A. (Associazione Psichiatrica Americana). Come si evince dalle Tabelle 1 e 2, gli elementi elencati sostanzialmente si equivalgono.

Devono essere presenti almeno uno dei sintomi (a)-(d) o almeno due sintomi (e)-(i) per un periodo di un mese o più:

(a) Eco del pensiero, inserzioni o privazione di pensiero, e trasmissione pensiero.

(b) Delirio di controllo, influenzamento o passività, chiaramente riferito al corpo o ai movimenti delle membra o a specifici pensieri, azioni o sensazioni, percezione delirante.

(c) Voci allucinatorie che commentano il comportamento del paziente, o discutono con il paziente, o con altri tipi di voci allucinatorie provenienti da qualche parte del corpo.

(d) Deliri persistenti di altri generi che sono culturalmente inappropriati e completamente impossibili, come l'identità religiosa, politica, i poteri e le abilità sovrumane.

(e) Allucinazioni persistenti di qualsiasi natura, ciascuna accompagnata da un delirio poco strutturato o incompleto senza una chiara componente affettiva; o da idee prevalenti persistenti, ricorrenti ogni giorno per settimane o mesi.

(f) Interruzioni o interpolazioni nel treno dei pensieri, risultanti in incoerenza o linguaggio irrilevanti, o neologismi.

(g) Comportamento catatonico, come l'eccitamento, posture strane, o flessibilità cerea, negativismo, mutismo e stupore.

(h) Sintomi "negativi" come una marcata apatia, scarsità di linguaggio, appiattimento ed incongruenza delle risposte emotive, ritiro dalla vita sociale e riduzione della stessa; bisogna chiarire che questi sintomi non sono dovuti alla depressione o a farmaci neurolettici.

(i) Un cambiamento significativo e costante nella qualità complessiva di alcuni aspetti del comportamento personale, perdita di interesse, non avere scopi, ozio, attitudine al ritiro sociale.

A. Sintomi caratteristici. Almeno due dei seguenti sintomi, ciascuno presente per una significante parte del tempo durante il periodo di un mese:

(a) deliri
(b) allucinazioni
(c) linguaggio disorganizzato (frequenti deragliamenti o incoerenze)
(d) comportamento estremamente disorganizzato, catatonico
(e) sintomi negativi, e appiattimento affettivo, alogia o abulia

B. Disfunzione socio-occupazionale. Quando, per la maggior parte del tempo, fin dall'esordio del disturbo, una o più delle maggiori aree funzionali come il lavoro, le relazioni interpersonali, la cura di se stessi è marcatamente sotto il livello precedente ovvero prima dell'esordio della malattia.

C. Durata. Quando sintomi continui del disturbo persistono per almeno sei mesi. Questo periodo di sei mesi deve includere almeno un mese di sintomi che soddisfano il criterio A. Il periodo può anche includere fasi prodromiche e sintomi residui. Durante questi sintomi residui o prodromici, il disturbo può manifestarsi solo attraverso sintomi negativi oppure si possono manifestare due o più sintomi elencati nel criterio A presenti in forma attenuata.

D. Esclusione dei disturbi schizoaffettivi e dell'umore. Sono stati esclusi il disturbo schizoaffettivo e i disturbi dell'umore se: (1) nessun episodio depressivo maggiore, maniacale o episodi misti si è verificato concomitantemente con i sintomi in fase attiva; o se: (2) problemi riguardanti l'umore si sono verificati durante la fase acuta, se la loro durata totale è stata breve rispetto alla durata della fase acuta e residua.

E. Esclusione di uno malattia medica o abuso di sostanze. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici e diretti di una sostanza (droga, farmaci) o ad una condizione medica e generale.

F. Relazione con disturbo pervasivo dello sviluppo. Se c'è un'anamnesi positiva per un disturbo autistico o un altro disturbo dello sviluppo, la diagnosi supplementare di schizofrenia si fa solamente se deliri o allucinazioni significative sono presenti per almeno un mese.

Come si può notare, il quadro sintomatico si presenta molto complesso e, per un adeguato trattamento, implica una diagnosi molto attenta, tempestiva e umana perché, pur non certi sulla totale guarigione, almeno si possa operare in una riduzione considerevole delle conseguenze nefaste sia per sé che per gli altri. Spesso, però, il trattamento della schizofrenia è ostacolato dallo stigma esistente, dalla mancanza di informazioni scientifiche sulla malattia e dalla non conoscenza di metodi e strategie idonee per fronteggiarla. Ciò influenza in modo diretto e indiretto molti aspetti della gestione della malattia stessa: dalla diagnosi e trattamento terapeutico in tempestivi all'inadeguato e a volte inconsistente supporto dei Servizi Sociali fino all'incapacità dei pazienti di reintegrarsi nella comunità di appartenenza. La vera sfida futura, a mio avviso, è proprio nella capacità di EDUCABILITÀ SOCIALE. Il prendere coscienza del problema porta, tra l'altro, il bisogno di scrollarsi di dosso atavici pregiudizi e resistenze per avvicinarsi con più competenza, umanità e solidarietà alla persona malata che ha bisogno del sostegno di tutti e non del rifiuto o dell'emarginazione.

(L.U.C.I. 'Padre Pio')