Molti sono i fatti che avvengono nella vita di una
persona, ma anche di un popolo, e che apparentemente sembrano fra loro slegati,
come se non avessero una logica interna. Spesso lasciano se non di stucco,
certamente stupefatti, increduli e non rare volte anche con qualche domanda
alla quale non sempre segue una risposta adeguata o si rifugge dal formularla.
E così l'avventura terrena va avanti con tanti salti, direi, "quantici" nel
buio o, peggio, nella distrazione e talora nella più completa indifferenza e
insignificanza..
Ma sono veramente casualità certi
eventi o non alludono invece a qualcosa d'altro? Un discorso serio credo che
ogni tanto su questo argomento vada affrontato e approfondito e con lucidità
mentale.
Innanzitutto c'è da dire che
niente accade a caso, ma tutto ha una sua ragion d'essere. Nella natura è così
e la scienza lo insegna ampiamente. I terremoti, le inondazioni, i cambiamenti
climatici, tante morti non sono
dettagli trascurabili o inspiegabili, tutt'altro! A maggior ragione quando si
va a prendere in considerazione il comportamento umano. Nella vita di ognuno di
fatti ne accadono tanti (e se ne potrebbero raccontare molti!), talora
imprevisti, talaltra improvvisi e comunque non sempre ricorrenti, anzi. Si può
razionalmente sempre parlare di casualità o di accidentalità? Io penso che in
alcune situazioni non ci siano oggettivamente validi motivi per decidere sul
carattere straordinario di alcune esperienze: rientrano nell'ordine naturale
delle cose che non poche volte si succedono senza un plausibile perché, anche
volendo deliberatamente trovarlo. In altre, però, il discorso si pone, perché è
come se si accendesse "stranamente" una imprecisata illuminazione che ad un
tratto conferisce un senso a quanto sta avvenendo. Tutto sta ad attivare con
un'accorta messa a fuoco i fari dell'attenzione e della riflessione per
riuscire a capire se esiste un
significato nascosto e soprattutto se è presente un legame con altri fatti
precedenti o con il vissuto e le aspirazioni del soggetto. Allora si viene a
scoprire che un simile collegamento c'è
e andrebbe soltanto letto con intelligenza per tentare di afferrarne il
segnale informativo che vi è sotteso. Si tratta come di una forma di comunicazione
"a distanza", che si veicola e si realizza attraverso "vuoti" solo apparenti,
ma che in realtà tali silenzi non esistono nella sostanza, ma solo nella mente
dell'osservatore, perché condizionata dalla necessità di essere fedele alla
legge della continuità spazio-temporale. Se quest'ultima potesse essere
eliminata o per un momento sospesa,
allora si schiuderebbe con chiarezza la
porta che stabilisce un contatto con i nessi sottilmente presenti in tali
flussi informativi.
Può dirsi, allora, che le "coincidenze"
siano veramente tutte casuali? Tenendo
conto di quanto detto sopra reputo proprio di no. Come spiegarle e soprattutto
cosa vogliono significare?
Premettendo che niente è generato
dal caso, come prima cosa in simili situazioni occorrerebbe concentrare bene la
mente sul dato, focalizzarlo nelle sue parti, porlo sotto rigorosa
osservazione, cominciare a saper
discernere e selezionare l'eventuale contenuto e procedere poi per la
scoperta del significato. Ovviamente quest'ultimo va comparato con le vicende
vitali del soggetto interessato. E allora non sarà difficile cogliere gli
stretti legami che uniscono la cosiddetta "coincidenza" e l'esperienza
quotidiana della persona. Probabilmente
tale evento costituisce un "segno" che può avere diverse connotazioni:
ammonimento, avvertimento, conforto, invito a riflettere, ecc. Gli unici
elementi disturbanti o bloccanti in questa operazione di decodificazione
potrebbero essere le resistenze interne, la superficialità, la dispersione, la
paura di capire e quindi eventualmente di cambiare, la difficoltà di pensare e
quant'altro si oppone a una vigile
analisi, non esclusa la rimozione di una possibile spinta alla scelta fra bene
e male. Tutto questo, però, vale per ogni attività che sa di "relazione", come
l'amicizia, l'amore, l'ascolto, ecc. L'evento "coincidente" è appunto una
"relazione comunicativa" e come tale va studiato con tutte le sue espressioni e
implicanze linguistiche verbali e non verbali, se si vuole riuscire a
interpretare il messaggio più o meno palese che in esso è racchiuso.
Come spiegare tutto ciò? Questa
domanda rinvia a una molteplicità di ipotesi. Ne prospetto solo alcune.
La prima, per chi
crede nell'Aldilà, è che talora possono intervenire nel vissuto umano forze
superiori all'uomo (Dio, Angeli), perché quest'ultimo ha forse bisogno di
essere scosso come da un benefico shock e quindi essere posto nelle condizioni
di pensare e magari di modificare il proprio stile di vita in direzione delle realtà positive e luminose. Ovviamente
il tutto poi deve fare i conti con la libertà umana: l'input, nel
frattempo, è stato dato, si attende
solo la risposta. È come se si trattasse di una opportunità unica e
irripetibile che andrebbe raccolta con apertura mentale e generosa disponibilità di animo. Certamente
si può anche far finta di niente, ma il dono, chiamiamolo così, è stato
comunque gratuitamente concesso.
La seconda ipotesi
è che i nostri cari defunti, la cui sopravvivenza è suffragata da moltissime
prove, non sono poi tanto lontani da
noi, anzi ci vivono accanto, pur proseguendo il loro cammino evolutivo. Nulla vieta al loro amore di
rendersi ogni tanto presenti e percepibili, magari in maniera misteriosa e
sotto altre vesti, per offrire qualche segnale portatore di un messaggio che
ritorni di utilità. La cosa, però, che più stupisce è che questi interventi
accadono in momenti di vita particolari attraversati dal soggetto, quando cioè
si avverte maggiormente il desiderio di una vicinanza significativa, e si
configurano allora come l'apparizione di un improvviso flashback accompagnato
da un gesto di aiuto, di incoraggiamento o di indicazione di un percorso da
seguire. Anche qui ovviamente il tutto va colto con una saggia avvedutezza e
non lasciato cadere, perdere o cestinato fra le cose ritenute improbabili.
La terza ipotesi è
quella che si rifà alla sincronicità di G. Jung e di W. Pauli. Per questi due
grandi pensatori (psicoanalista il primo, scienziato e Premio Nobel il secondo)
esisterebbe nell'universo una sorta di grande serbatoio nel quale andrebbero a
confluire tutte le esperienze delle persone (inconscio collettivo) e che
comunicherebbe con quello personale mediante i cosiddetti "archetipi", cioè un
insieme di messaggi-simbolo che poi andrebbero decodificati per essere riferiti
e applicati alla vita individuale. Tutto ciò emergerebbe nella fenomenologia
dei sogni premonitori, nella telepatia, nella precognizione, nella
chiaroveggenza, ecc. Cosa dire a questo proposito? Io credo che una probabilità
di tale genere ci sia e sia anche reale, perché spiegherebbe tanti fatti
altrimenti incomprensibili. È vero che nessuno in questo campo, che attinge la
soglia del mistero, può parlare sempre di certezza, però neanche lo scettico
aprioristico rifiuto è ammissibile. Se un'ipotesi serve a rendere credibile un evento allora vuol dire che almeno
qualche aspetto di essa dovrebbe essere valido. Con una simile modalità
esplicativa le "coincidenze" potrebbero, quindi, essere non più solo tali, ma potenziali fonti di
informazioni che vengono attinte e/o offerte
da questo grande "comune invaso" allo scopo di
comunicare un qualcosa di interessante alla vita della persona che ne è
soggetto di esperienza diretta. Il "come" e il "perché così" ciò avvenga
francamente sfuggono. Comunque la sincronicità resta un'ipotesi abbastanza
apprezzabile e da tenere nella dovuta considerazione.
Come parziale e provvisoria
conclusione si potrebbe affermare che, immersi come si è nell'immenso mare dell'Inconoscibile e dell'ancora
Ignoto, la mente ha bisogno di essere sempre flessibile e disponibile a saper
carpire il senso e il segreto di ciò che emerge e si muove fra i tanti diffusi
silenzi circostanti. Non può essere tutto solo frutto dello psichismo
individuale con le sue creazioni e costruzioni talora anche strabilianti ma
arbitrarie, che pure si evidenziano in alcuni casi (es. allucinazioni varie):
ci sono, però, troppi elementi che
parlano di interconnessioni all'apparenza definite "strane" e che hanno invece
solo bisogno di essere decifrate e inquadrate in una struttura logica sensata.
Nelle "coincidenze" molti fenomeni, rivelatisi poi esatti, risultano non essere
figli di un incidente fortuito, ma di un preciso disegno progettuale
finalizzato spesso al bene. È vero che non tutti sanno o vogliono avviare
questo processo interiore di conoscenza che conduce al "ri-conoscere" e ciò
dipende dalla grande diversità negli stadi evolutivi che caratterizza gli
esseri umani: però solo chi è internamente più avanti riesce a capire più
facilmente la grande complessità di ciò che ci circonda, da chi invece è, per
sua libera scelta, rozzo cosa ci si può attendere di raffinato? E così tante
occasioni pur positive finiscono spesso con lo sminuirsi, impallidire nella
nebbia e poi morire: e anche questo incompleto e spesso contraddittorio uso del
tempo e degli eventi a esso legati fa parte della umana, fragile ed enigmatica
errabilità.
(Da "Il Giornale dei Misteri", luglio 2007)
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