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Miseria e nobiltà della parola PDF Stampa E-mail
Se tutta la vita è un complicato intreccio di relazioni comunicative e la loro espressione verbale è quella che più le connota, allora la "parola" non è un superfluo o solo un vuoto "accidens" che a nulla serve, anzi. Tutto parla: gli eventi, le scelte, i fiori, il cielo, i comportamenti, un quadro, i fatti, gli scritti. Anche Dio è definito come "Verbum" e con esso ha creato il mondo e compiuto miracoli nel passato e nel presente. Con la "parola" molte volte la storia ha cambiato volto nel bene come nel male. È con la "parola", detta al momento opportuno e con il giusto dosaggio, che si può salvare una coscienza, come con la stessa la si può uccidere: essa è ancora ma anche pietra (C. LEVI), speranza ma anche condanna, fiducia ma anche disperazione, accoglienza amorosa e fraterna ma anche muro di acciaio, taglio che ferendo sanguina ma anche brusco e fermo invito a mutare una rotta altrimenti pericolosa, un sentire sincero e di perdono ma anche una strumentale promessa di menzogne. Chi parla è sempre un portatore di valori o di idee ma può esserlo anche di non valori e del nulla: questo non significa postulare o praticare presuntuosi quanto fastidiosi moralismi, ma solo essere presenti in una situazione che potrebbe odorare di bruciato. Quando il silenzio tende a colorarsi di colpevole connivenza, allora la "parola" è segno di coraggio, di profezia, di libertà di fronte a una omologazione totalizzante che, se potesse, volentieri costringerebbe tutti a nostalgici quanto inattuali giuramenti di fedeltà. Anche i patti, che sono un insieme complesso di fatti, si scrivono "su" e "con" la "parola". Quante volte a una persona che si sforza di essere onesta il parlare costa, e non poco, mentre il tacere potrebbe rivelarsi più allettante e, perché no, anche più pagante. In alcuni momenti storici la "parola" è resistenza, è un segnale di dignità e di non accomodamento, è il simbolo concreto di quella diversità di lettura e pratica delle cose, che a ogni pensiero libero dovrebbe stare sempre a cuore.
Nella società molti sono i ruoli (politica, economia, cultura, stampa, volontariato ecc.): ognuno ha o dovrebbe avere un proprio linguaggio e una propria specifica etica ed evitare confusioni e contaminazioni vicendevoli. Ogni scelta va gestita rispettando le sue regole. Chi parla o scrive, nel contempo già agisce, perché comunque testimonia, impegna la personale responsabilità, stimola, incoraggia e semmai, quando è necessario, critica, in altri termini "fa", lasciando una traccia di ciò che dice o scrive. Sminuire o svilire l' "agire" al "solo fare" sarà pure pragmatica immagine, ma razionalmente è profondamente riduttivo: il frutto (l'azione) senza il seme (la parola) né si spiega né si coglie e solo a una intelligenza ingenua o troppo miseramente legata ad ancestrali schemi ambientali di comportamento può capitare di distinguere, o privilegiare, quanto in natura si configura come un'unica realtà.
Miseria e nobiltà della "parola": se si comprendesse meglio il suo valore e operando scelte diverse e più oneste, volentieri si farebbe a meno di commentare o sottolineare gli effetti sgradevoli e dannosi di quelle presenti.
Se talora un portatore di "parole" evita di scalare il palcoscenico del vivere non è certamente per viltà, incapacità o per fuga, ma principalmente per disgusto. Recuperare poi un po' di memoria non farebbe male.)

 

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