E' di alcuni decenni fa il romanzo Il
buio oltre la siepe, che negli Stati Uniti, ma anche in Italia, ebbe molta
fortuna. Parafrasandolo in positivo ho tratto da esso il titolo per riscrivere
di un argomento, in verità
sollecitatomi da molti in questi ultimi tempi. Ci ritorno volentieri,
perché oltretutto mi sta a cuore, se è giusto quello che dice ALBERTO SAVINIO:
"Quando si dice di pensare, si intende pensare alla morte. E a che altro
pensare?" In altre parole si è di fronte alla grande incognita.
Si sa che la nostra attuale cultura per buona parte
ha perduto di vista tanti valori e di conseguenza elude anche molte domande, un
po' per falsa sufficienza, un po' per
scetticismo, ma, più di ogni altro, per esorcizzare una paura che poi
tale non dovrebbe essere se si sanno dare delle risposte adeguate alle quali
dovrebbero seguire comportamenti altrettanto coerenti. Ci si nasconde, senza
badare a molte raffinatezze, dietro alla corsa al successo e al potere,
definiti giustamente nella canzone dei DIK DIK trappole mortali, e poi si
rimuovono gli interrogativi fondamentali ed essenziali del nostro vivere: con
questa operazione tutto si spiega, anche il cinismo e l'assoluta mancanza di rispetto non solo per le cose e l'ambiente
ma per la stessa vita.
Dico subito
che io credo profondamente nell'Aldilà. Questa fede mi fa amare e
rispettare di più l'Aldiqua e ciò che in esso di umanamente e culturalmente valido è stato prodotto o si
produce. Tale convinzione non nasce tanto da una riflessione di ordine
religioso quanto da una serie di considerazioni che sottopongo alla benevola
attenzione del lettore.
Pere capire qualcosa del vivere e del suo scopo
occorrono due atteggiamenti della mente: imparare a saper riconoscere i segni e poi
saperli collegare in connessioni che abbiano il sapore di un discorso
coeso. I vuoti che si creano e
ci sono tra un elemento e un altro vengono colmati dall'intuizione, che poi non
è altro che una forma di razionalità di natura superiore: non si dimentichi che le grandi scoperte e
invenzioni procedono tutte e sempre in
questo modo.
Di segni dell'Aldilà nella vita, per noi che
conosciamo solo attraverso i sensi (e questi sono estremamente limitati e
limitanti), ci sono molti. Ne elenco alcuni: l'angoscioso linguaggio della
morte, la presenza luminosa del bene,
l'assurdità del male e delle sue scelte, eventi inspiegabili,
coincidenze misteriose e non casuali, l'enigma dell'universo, il miracolo della
vita, una serie ormai infinita di esperienze e fenomeni paranormali non
riconducibili a fatti allucinatori, il rifiuto viscerale della fine, sogni
premonitori che si realizzano puntualmente, incontri inaspettati e imprevisti...
Tutti questi segni, se considerati in sé, forse
dicono poco o tutt'al più sono dei frammenti sparsi qua e là. Ci vuole un buon restauratore (cioè la nostra mente sgombra da pregiudizi) che
sappia saggiamente contestualizzare questi segmenti o tasselli in modo da
ripristinare l'intero mosaico nella sua logica nascosta. Il caos, il nulla,
l'apparente svuotamento della razionalità sono solo illusioni: fermarsi ad esse
e affermare che sono la verità mi sembra un atto o di rinuncia o di
presunzione. Il pensiero coraggioso va oltre, si chiede ragioni, cerca i nessi.
E questi, se si è aperti, all'improvviso vengono fuori in tutta la loro
luminosa significatività. Niente vi è di fortuito ( gli scienziati questo lo
sanno bene: "Dio non gioca a dadi con il mondo" ripeteva EINSTEIN) come, peraltro, tutto sembra obbedire a una sorta di organizzazione finalizzata
alla conservazione dell'essere , anche se
questa passa attraverso il provvisorio buco nero di una quasi
programmata disintegrazione dell'esistente visibile. Il filo del discorso si
riannoda non nel creare ma nel saper leggere i legami fra i
segni: si scopre così che il deserto è puramente fittizio, anzi è necessario
perché un'oasi possa richiamare un'altra, come pure è un indice di libertà
imparare a scegliere una lettura o fermarsi al semplice isolato dettaglio. D'altronde
cosa insegnano la teoria degli insiemi, dei gruppi, della gestalt e
dell'analisi testuale, se non quello che si è fatto osservare sopra?
La realtà è che noi siamo energie pensanti destinate
a sopravvivere oltre il visibile, oltre cioè la gamma ristretta della misura
bidimensionale spazio-tempo: questo è
richiesto dalla domanda d'infinito e d'eterno scritta nel patrimonio
psicogenetico di ognuno. Se quest'ultima esiste, è legittimo attendersi la
possibilità d'una risposta di uguale natura, altrimenti la domanda non si
porrebbe in tutto il suo peso. Questa, inoltre, è l'informazione della quale si
è depositari e detentori.
Come sarà il post-Aldiqua? Certamente sarà una
evoluzione graduale e diversificata verso la luce, la piena conoscenza, l'incontro
con l'Essere, la Vita, il Tutto, nel quale si ricomporrà il globale significato
dell'umano esistere e la liberante integrazione affettiva con altri simili
(parenti, amici, affini) anch'essi visti in relazione a quel Tutto, che non
potrà che essere Gioia, Felicità, Realizzazione di tutti i nostri più profondi
desideri incompiuti oltre che dei
nostri silenzi finalmente mutati in parola.
Per il momento occorre apprendere a conoscere e a
conoscerci, ad ascoltare e ad ascoltarci. Il resto? Verrà da sé.
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