Quando un giorno Papa Luciani, cioè Giovanni Paolo
I, ebbe a dire che Dio è anche madre,
ricordo che in alcuni serpeggiò una strana sensazione di scettica e
meravigliata incredulità, come se fosse stata enunciata una tesi eretica. Forse
quell'atteggiamento interiore fu anche comprensibile, abituati come si era da
secoli, se non da sempre, a pensare e a parlare di Dio in termini
esclusivamente maschilisti. Eppure quel Papa non aveva detto altro che una
semplice verità, cioè che Dio, quell'Essere invisibile ma vicino, domanda e
risposta ultima al bisogno umano di conoscere, è asessuato: la connotazione di
maschio e femmina è degli esseri viventi dotati di un corpo con organi
finalizzarti alla procreazione e Dio certamente non ha un corpo, perché puro
Spirito, puro Pensiero, puro Amore, un trascendente Grande Mistero che è
impossibile pretendere di racchiudere o
di spiegare con i nostri angusti parametri mentali. Se questi ultimi si
attivano è solo per una nostra necessità strumentale di capire qualcosa, ma non
è detto che quel "qualcosa" sia "totalmente" ciò come da noi inteso.
Papa Luciani, quindi, con la metafora di Dio-madre
ha voluto precisare un aspetto della maternità, che, riferito a Dio, significa tenerezza: questo Essere immenso, giusto e apparentemente
lontano, dunque, è generoso, amorevole e affettuoso "come" una madre. Del resto
di ciò ne parla ampiamente la S. Scrittura. Ne riporto solo qualche brano:
"Come una madre consola suo figlio, così io consolerò voi, e sarete lieti in Gerusalemme"
(Isaia 66, 13);
"Io li traevo con legami di bontà, li attiravo con
vincoli di amore e fui per lui come chi alza un bambino fin contro la propria
guancia, poi si abbassa fino a lui per farlo mangiare" (Osea 11,4);
"Ho placato e attutito ogni mia brama, qual bimbo
divezzato dalla sua mamma, così è divezzata in me l'anima mia" (Salmo 131,2).
Di questa immensa bontà si parla in tantissimi altri
passi della Bibbia: cfr. Isaia 40,11; Isaia 46,3...
L'amore di Dio verso l'uomo e la sua storia è,
quindi, infinito, misericordioso, accogliente, sempre disponibile, continuamente aperto al perdono e alla
fiducia nella redimibilità delle sue creature. Non a caso ci chiama "figli"
(cfr. Matteo 6, 9-15) e il figlio è un soggetto cui va tutta l'attenzione di un genitore, tanto da
spendersi in tutto e per tutto per esso.
Al colmo del Suo amore Dio invia sulla terra la Seconda Persona della
SS.ma Trinità, Gesù Cristo, come a voler rendere visibile, concreto e tangibile
questo bene e assumere noi tutti nel Suo mistero trinitario, rendendoci
fratelli di cammino insieme al Cristo con noi pellegrino nel tempo e nello
spazio della nostra storia. Un amore più grande di così non si poteva né
concepire né realizzare!
L'uomo di oggi è alla affannosa ricerca di certezze.
Con il crollo dei "muri" e delle ideologie si è più soli, meno orientati,
psicologicamente fragili, come tanti naufraghi vaganti nel mare del
non-senso. La realtà drammatica della
eclissi dei valori con la conseguente visione di fatti ed eventi a dir poco
raccapriccianti, e dei quali molto spesso è scarsa la coscienza della
negatività, complice in questo anche la
selvaggia diffusione di una cultura
libertaria e superficiale (nei mass-media, nell'economia, nella rincorsa allo
staus-symbol), è sotto gli occhi di tutti. Non so quale potrà mai essere il
futuro se non si riattiveranno ragionevoli e responsabili freni inibitori, se
non si opererà un onesto e autonomo sforzo intellettuale da parte degli uomini
di cultura a non propinare, in nome di un presunto anticonformismo, solo o
prevalentemente idee discutibili e
nichiliste, se non si avrà cioè il coraggio di andare controcorrente e
affermare con più sincerità ciò che realmente si è e si pensa e soprattutto la
consistenza dei propri limiti.
In molti sta invalendo la prassi della rimozione
della domanda e dell'adagiarsi sul grigio presente, memori dell'oraziano "carpe
diem": solo che a sera o nella notte, credendo di essere stati padroni del
tempo, ci si ritrova più vuoti di quando ci si sveglia al mattino. Nel rumore,
unico ed esclusivo mezzo di comunicazione, si annega e si uccide il proprio Io,
finendo col trovarsi in una solitudine ancora più deprimente.
Occorre, allora, uno scatto di orgoglio e di fede
nella propria dignità, di riappropriazione
della scrittura del personale romanzo di vita, di una ricerca
spassionata di originalità nel cammino esistenziale: non va sciupata
scioccamente l'opportunità che ci è stata offerta.
Quindi il problema di Dio, in qualche modo postulato
anche dalla scienza meno preconcetta, è da porsi con serietà: non si è
assolutamente figli del caso e della necessità, come incautamente qualcuno
afferma. C'è troppa complessità, pur nella semplicità dei vari elementi, perché il tutto possa spiegarsi con la naturale
evoluzione (che pure c'è) e senza l'intervento di una intelligenza i cui reali
connotati a noi sfuggono (e non può essere altrimenti, dati i ristretti confini
dei nostri strumenti conoscitivi). Solo l'intuizione, il "saper collegare" cioè
i vari nessi apparentemente sparsi come frammenti senza una loro logica
interna, insomma soltanto con l'attivazione d'un "sesto senso", quello della
saggia e libera osservazione dell'insieme, si può pervenire (e non è un'impresa difficile) alla conclusione di una
maggiore umiltà nel porsi davanti a ciò che in realtà è un Mistero.
Con questo atteggiamento mentale, sgombro da
pregiudizi, non si può non ritrovare, come in un mosaico, il volto amoroso di
Dio, madre e insieme padre dell'uomo e dell'universo. Egli vuole essere così
cercato: se tale non fosse, dove
starebbe in qualche nodo anche il nostro merito?
Un incontro fra persone libere (Dio-uomo) presuppone
"apertura" mentale e un sentire delicato, una fine capacità di lettura delle
cose e della vita e una volontà di
cambiamento, soprattutto grande pazienza e abbandono fiducioso. A queste
condizioni la tenerezza di Dio-madre si rivela in tutta la sua potente
bellezza: nella natura, nel prossimo, nell''ascolto silenzioso, nella
contemplazione gioiosa, nell''innocenza di uno sguardo e in mille altri fatti
che, a primo acchito, non hanno o non trovano alcuna plausibile spiegazione.
Non mancano circostanze particolari, comunemente definite
"miracolose" o comunque "straordinarie""(certamente non
mere coincidenze), che fanno pensare e riflettere: il distratto non ci fa caso,
l'attento, però, sa scrutarne l'origine
e la natura e sa scoprire in esse il tocco della "carezza" divina. Se solo si
fosse un poco più accorti, quali orizzonti luminosi si aprirebbero dinanzi ai
nostri occhi! E tutto muterebbe in meglio, senza più timore o paura alcuna:
anche la morte cambierebbe colore, perché sarebbe vista non già come fine del
tutto e ritorno nel nulla, ma come inizio e avvio di un meraviglioso processo
evolutivo verso la nostra vera Casa, dove la domanda potrà trovare una sua compiuta risposta.
Dio-madre, Dio-padre, allora: due sfumature di un
medesimo volto, sintetizzabile con le
parole umane "Amore indicibile
entrato nel tempo" .
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