(Da "Il Giornale dei Misteri")
L'esperienza con le "voci" non ha avuto solo una valenza
conoscitiva, perché ha aperto ampi orizzonti alla mente in cerca di una "risposta" razionale, ma
anche, e forse soprattutto, di natura etico-comportamentale per l'invito
discreto ma affettuoso a seguire con decisione un cammino di vita illuminato e
rafforzato da una serie di indicazioni concrete, che essenzialmente si
identificano con quelle virtù definite in teologia come "cardinali" (prudenza,
giustizia, fortezza e temperanza) e "teologali" (fede, speranza e carità).
Sostanzialmente si è di fronte alla conferma di un "modus vivendi" che dovrebbe caratterizzare l'esistenza di
ogni uomo veramente "adulto" e raffinato, come, peraltro, le istanze della
morale cristiana, in quanto oggetto di rivelazione divina, vengono affermate e confermate in tutto il
loro più profondo e ultimo significato.
In sintesi i valori principali
proposti dalle "voci", intesi come scelte operative quotidiane da compiere per
giungere "pronti" alla "Città della Luce", possono essere ricondotti ai
seguenti: la fede (o fiducia) come certezza dell'Aldilà, la verità, la
carità, la trasparenza, l'onestà, la pace, l'evoluzione guardando in "alto", la
gioia di vivere, l'umiltà come coscienza del limite e rispetto per il mistero,
la testimonianza coraggiosa.
La fede come certezza
dell'Aldilà. La fede se da un
lato è un dono, dall'altro è anche e soprattutto una disposizione dello spirito
che spinge una persona all'apertura, alla fiducia e al credere alla parola di
un interlocutore serio e affidabile. E questo senza dubbio è un indice di
finezza interiore, di delicato sentire oltre che di rispetto verso colui con
cui si stabilisce una relazione dialogica. In questo contesto la fede
diventa un "valore", un qualcosa cioè
che nobilita il comportamento umano. Le "voci", stando all'esperienza di tutti
gli sperimentatori, ripetono sempre: "Credi, credere, credi tu, fidati...".
L'oggetto di tale credere è la certezza dell'esistenza di un Aldilà luminoso:
d'altronde tale realtà è implicita e conseguente al fatto stesso che ci sono
delle "voci" paranormali che parlano. In questo nostro mondo dove la
supponenza, il vuoto e la furbizia sembrano essere gli atteggiamenti più
diffusi e consolidati, tanto da essere definiti "sciocchi" dalle stesse
"voci", un po' di "fede" ben motivata non guasta, anzi può essere di aiuto a
proseguire con più serenità e saggezza il proprio cammino del vivere.
La verità. È questo
un altro grande valore sul perseguimento del quale le "voci" insistono molto.
La verità è inserita al primo posto fra
gli obiettivi da raggiungere. Quante
volte sono state registrate parole come "vero, vero è, la cosa più
importante è la verità..." Che questa sia un fine della conoscenza umana è
fuori discussione: solo la verità può far crescere, arricchire, liberare e
salvare un'esistenza. La nebbia
prolungata del dubbio induce a produrre incertezze, disagio e, perché no,
infelicità, mentre la verità è chiarore, è risposta a una mente che cerca, è
come una sorta di "quiete dello spirito" che in essa finalmente ritrova se
stesso e un equilibrio che poi è armonia, gioia e piena soddisfazione delle sue
più profonde esigenze. Indirizzarsi, quindi, alla verità e praticarla nella vita di ogni giorno sembra
essere un invito discreto ma forte fatto dalle "voci".
La carità. Questo
valore è molto raccomandato dalle "voci" e sembra che lo vogliano porre al
posto d'onore. Quante volte ripetono "la carità, amore, ama tu..." e,
oltretutto, "esse" si presentano con modalità espressive e comportamentali
molto amorevoli. La carità è un dono dell'animo, ma si sostanzia anche di aiuto
concreto e quest'ultima parola, cioè l' "aiuto", è ribadita con frequente
insistenza. La carità è "seguire" l'altro nelle sue necessità, è "assisterlo"
nelle sue difficoltà, è "essere vicini" nelle gioia e nel dolore, è
condividere "in toto" le domande e le relative risposte: e anche queste parole
vengono riprese e ricordate spesso. Per le "voci" questo valore, o questa
virtù, è come la sintesi meravigliosa di tutto ciò che di meglio si è e si può
desiderare. In fin dei conti è in esso che si risolve lo scopo originario e
terminale della creazione, dell'essere e dell'esistere, tant'è che la visione
beatifica di Dio consisterà in una perenne estasi fatta di "meraviglia"
per il "grande amore che Egli ha per il Suo universo". Così la partenza,
il viaggio e il ritorno, se attraversati dall'esercizio della carità, diventano
tanti elementi di fusione e di un successivo e progressivo accendersi di quella
calda e riposante luce che si chiama "simpatia, amicizia, accoglienza,
fraternità gioiosa" fra gli esseri viventi e che trova il suo culmine più alto
nel canto di una nuova e finalmente
ritrovata comunità di affetti.
La trasparenza. Non
poche volte si ha l'impressione che le "voci" nella loro tenera e attenta
sollecitudine, espressione della luminosa "semplicità" del loro "modo di
essere", vogliano ricordare, e quindi inculcare, l'invito a svincolarsi ogni
giorno di più dai condizionamenti della materialità e a ricercare con decisione
la via della spiritualità, che essenzialmente si esplicita nella pratica della
"purezza" d'intenti e di volere o nel guardarsi continuamente allo
"specchio" per riconoscersi, non mentendo così di fronte a se stessi. Tale "purezza"
esclude i sotterfugi, le riserve mentali, i dubbi infondati o pretestuosi, i
retropensieri, ma va diritto al cuore della relazione, nella quale ogni parola
dovrebbe avere il suo peso univoco e non equivoco, chiaro e non ambiguo, coerente
e non contraddittorio. Questa è la "trasparenza" alla quale le "voci" spronano
con discrezione ma anche con determinazione: è come volessero dire che si deve
essere limpidi come la pagina di un "libro aperto", dove tutto si può e si deve
leggere senza la possibilità di alcuna forma di distorsione di ciò che su di
essa è scritto. È un valore difficile questo da capire e soprattutto da
praticare, specialmente per noi figli di una modernità nella quale l'ipocrisia,
la schizofrenia comportamentale, la finzione, l'astuzia e l'apparenza sembrano
essere le sue note dominanti. Sarà pure "duro" un simile monito, ma il seguire
tutto ciò è quello che maggiormente salva l'essere nella sua più genuina dignità.
L'onestà. Il valore
dell'onestà richiama il suo sinonimo che è la serietà, la necessità cioè
dell'assoluto legame fra "pensiero-parola-azione". A questo si associa un altro
aspetto che è quello del rispetto, nelle proprie scelte, della legalità, delle
cose e proprietà altrui, di tutte le persone e del loro diritto a vivere con
decoro. Anche su questo valore le "voci" insistono molto, quando spesso
ripetono: "Dà e pretendi rispetto, sii giusto, fa sempre quello in cui credi...".
L'onestà, più che una virtù, è un atteggiamento globale di vita, che ne include
diversi altri afferenti a specifiche qualità virtuose, come la lealtà, il
coraggio, la coerenza morale, l'agire in una certa maniera al di là e al di
fuori dell'approvazione o meno da parte dei molti, l'accettazione anche
temporanea della solitudine in nome della non omologazione al conformismo della
cultura dominante, la profezia in mezzo a un mondo spesso abitato da sordi
opportunisticamente appiattiti sul "già dato". E anche questo le "voci"
ricordano con frequenza, come con l'invito "va per la tua strada, lascia
perdere le sciocchezze dette o praticate dagli altri, sii te stesso...". In
fondo l'onestà s'identifica con il non tradirsi o contraddirsi nelle proprie
convinzioni: tutto ciò sembra riecheggiare il "si, si, no, no" di evangelica
memoria.
La pace. Quante
volte le "voci" ricordano questa parola! Sembra essere un loro pensiero
ricorrente, forse anche una preoccupazione. In realtà si dicono molto
amareggiate nel vedere un mondo che sta andando in rovina, quando si lamentano
"che guaio, un bel guaio". Sanno bene che la pace è la manifestazione
concreta della fraternità, del riconoscimento di Dio come padre di tutti,
dell'armonia che dovrebbe regnare nei rapporti umani, in ultima analisi della
giustizia che è alla base di una civile pacifica convivenza. La pace è un dono
offerto agli uomini di buona volontà, ma anche una faticosa conquista fatta di altruistica attenzione ai bisogni
legittimi del prossimo. Dinanzi a eventuali discriminazioni le "voci" sono
molto esplicite: "Non si deve agire così, pregate perché cambi chi emargina
il povero...". Questo è un sublime insegnamento di vita, ma soprattutto un
forte impulso a superare i miopi e ristretti confini dei propri miseri egoismi:
è come l'affermazione del primato dello spirito sulla materia, che esclude
qualunque forma di ossessivo possesso, quando con la morte fisica tutto si
lascia e si perde, e implica una solidale partecipazione di ognuno al banchetto
del vivere.
L'evoluzione guardando in
"alto". La volontà di andare avanti nella vita nella direzione del raffinamento
interiore è comunque un aspetto importante dell'etica: in teologia questo si
chiama "opzione fondamentale". Questa è alla base di ogni comportamento
virtuoso: senza una simile scelta radicale non c'è sviluppo nel progetto
spirituale. Le "voci" sollecitano questa svolta quando dinanzi a ogni aggettivo
come "buono, puro, onesto..." premettono l'avverbio "più", che di per sé racchiude un
continuo sforzo di superamento di una condizione già acquisita. Il "voler"
migliorare e migliorarsi, illuminati da elementi di riferimento che si rifanno
al divino e al rivelato (l' "alto"), è quanto di più essenziale che si richiede
perché la vita possa ritrovare il suo giusto "senso" e la sua "giusta"
dimensione. Mai, dunque, fermarsi: gli orizzonti da esplorare, non solo a
livello conoscitivo, sono a cerchi concentrici, cioè sempre più ampi ed estesi.
In fondo il processo evolutivo nell'Aldilà inizia dal punto dove si è arrivati
nell'Aldiqua.
La gioia di vivere.
Una visione ottimale del vivere è un dono, ma anche un quotidiano impegno di
ricerca, comunque è un grande valore che dà un colore gradevole alla vita
propria e a quella altrui. Su questo
punto le "voci" si soffermano con frequente affetto, quando dicono in maniera
cordiale e bonaria: "divertiti, vivi, felice, beato, contento...".
Naturalmente il loro invito presuppone la pratica di tutte le altre virtù
indicate sopra e in ciò riecheggiano il monito di S.Agostino: "Ama Dio e fa ciò
che vuoi". Sconsigliano qualunque forma di angoscia, di tristezza, di
depressione e di pensieri a contenuti negativi. Con la prospettiva della Città della Luce e dell'incontro con
tutti i fratelli nell'Aldilà ogni timore, pur naturale e comprensibile, crolla,
si scioglie e svanisce; perché non ha fondamento in quanto, come sottolineano,
"la vita è altrove". Anche l'incubo della morte fisica e del cimitero,
dalle "voci" definiti come "terra, terra, terra", non ha più ragione di
esistere con lo sprone alla serenità ("sii sereno") e alla massima
tranquillità dello spirito. Non a caso, come è capitato nella mia
sperimentazione, ogni tanto le "voci" fanno ascoltare un coro polifonico di
canti veramente celestiali. E ciò se da un lato spiana e schiarisce cuore e
mente, dall'altro indica una visione e pratica di vita fondate non sulla cupa tenebrosità,
ma sulla gioiosa luminosità dell'esistere.
L'umiltà: coscienza del
limite e rispetto del mistero. Questo valore nella sua duplice
sfaccettatura mi sembra che sia uno di quelli sui quali le "voci" ci tengono di
più. Lo ripetono quasi sempre. In una registrazione ho chiesto esplicitamente:
"Qual è il peccato più grave che si possa commettere?" La risposta
lapidaria è stata: "La superbia". Ciò è ben comprensibile e per vari
motivi. Innanzitutto perché l'umiltà è la verità sulla nostra condizione umana:
pur destinati all'immortalità e all'incontro con Dio, siamo sempre e comunque
degli esseri finiti e limitati, anche se pensati e amati dall'eternità da Dio.
Egli ha un progetto su ognuno di noi: possiamo realizzarlo con la nostra
libertà, ma anche rallentarlo, e anche in quest'ultimo caso la misericordiosa
paternità di Dio cerca di raddrizzarlo,
dandoci sempre una mano e un'ulteriore opportunità. L'umiltà è avere coscienza
chiara della nostra creaturalità, della nostra non totale conoscenza del reale,
del nostro incespicare sulle vie del vivere, delle nostre incertezze, delle
tante domande senza ancora una risposta. Il peccato degli angeli ribelli e
quello dei nostri progenitori che, cogliendo il frutto dall'albero della vita e
della conoscenza, metaforicamente volevano diventare come Dio, è un dimenticare
la dimensione oggettiva del limite e uno sfidare l'insondabilità del mistero
divino. Quante volte le "voci" riaffermano, parlando di Dio, il concetto di
"mistero": pur nostro Padre e fedele e amorevole Amico, Egli rimane per noi pur
sempre il Totalmente Inattingibile, Infinito, Immenso, davanti al Quale l'unico
sentimento che rimane da esprimere è lo stupore e la meraviglia per la
tenerezza della Sua Bontà. Questa posizione dell'essere umano è fondamentale
non solo per se stessi ma anche per una corretta relazione con il divino. Credo
che l'umiltà sia la virtù principe per ogni discorso realistico sul senso
misterioso dell'umana esistenza: in questo le "voci" hanno perfettamente
ragione.
La testimonianza
coraggiosa. La testimonianza è il valore riassuntivo di tutto sul piano
operativo. Le "voci" la inculcano quando dicono: "Scrivi, parla...". Ciò
che si è ricevuto come dono in vista di una maturazione interiore occorre
offrirlo coraggiosamente e gioiosamente anche agli altri, come un mare nel
quale tutti possono bagnarsi o un fiume che feconda i campi rendendoli
rigogliosi. La testimonianza può essere accettata come anche rifiutata, non
importa: quello che conta è seminare,
poi si potrà pensare e sperare nella crescita e nella mietitura del frutto. E
questa dovrebbe essere la presenza profetica di ognuno nella Storia.
Come si può notare, il quadro
delle virtù proposte dalle "voci" sa di una profonda saggezza religiosa ed è
valido per tutte le forme di manifestazione del sacro (religione cristiana,
ebraica, islamica, buddista...). È una sorta di "ricapitolazione generale" etica
del comune vivere finalizzato al perseguimento della realizzazione del progetto
di ciascuno segnato dalla immortalità. A questo punto chi può e vuole
intendere, intenda: si è liberi di essere felici, come altrettanto si è,
purtroppo, anche liberi di autoescludersi dal partecipare alla Luce e alla
Gioia di una Vita senza fine.
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