Come ho già scritto altre volte, attorno ai Cavalieri del
Tempio sono sorti molti punti interrogativi, alcuni sconfinanti in false
leggende, altri con qualche fondamento di verità: il Baphomet, riti iniziatici,
dicerie poco chiare tramandate nei secoli, i cosiddetti "segreti" racchiusi in
talune chiese (Rennes-le Château, in Linguadoca; Rosslyn, in Scozia...), il
Priorato di Sion, qualche sigillo di incerto significato.
Che l'Ordine del Tempio sia stato, ai suoi tempi,
potente, ricco e politicamente influente è indubbio; che si debba poi
attribuire ai Monaci Cavalieri tutto quello che si dice, si scrive o si è
scritto sul loro conto mi pare quanto meno imprudente.
In questa sede mi occuperò di un sigillo in
particolare (quello riprodotto), che apparentemente è un "Agnus Dei", importato
forse in Inghilterra verso il 1230 con i precettori AIMERY e ROBERT
de MONTFORT (provenzali). Alcuni
sostengono che fu adottato dai Maestri d'Inghilterra e d'Aragona e
successivamente fu dato in uso ai precettori di Provenza. L'ultimo documento,
secondo PIETRO MARINO, che riporta
l'Agnus Dei della Provenza risale al 1224 (precisamente al 27 dicembre di
quell'anno). Il sigillo è di cera gialla appeso a un legame di pelle. A
dimostrazione che la Provenza continuò ad avere come sigillo sempre l'Agnus
Dei, anche dopo il 1240, esistono i marchi su documenti di RONCELIN de FOS,
Maestro di Provenza nel 1269. Esso, inoltre, veniva utilizzato anche dal
Maestro Generale dei tre regni di Portogallo, Castiglia e Léon.
La particolarità del nostro sigillo sta nel
fatto che, a differenza degli altri con
l'Agnus Dei che hanno la spada appoggiata sull'astragalo sinistro della
clavicola (considerato uno degli "ossi della vita"), questo invece ce l'ha alla
destra (quindi spada a destra e corpo dell'animale a sinistra) e poi si
presenta poco netta la distinzione fra pecora (neanche "agnello") e capra. La
cosa mi ha incuriosito non poco.
E' noto sin dall'antichità il simbolismo esoterico
della capra: si ricordino il dio PAN (con sembianze di uomo e capra), le danze
medievali di streghe e stregoni nella notte fra il venerdì e il sabato intorno
a un caprone seduto sul trono (riti iniziatici). Tale danza era quella
liturgica praticata nei Misteri e al centro, legato al simbolo della fiaccola,
vi era il fuoco, elemento fecondatore ma anche distruttore, usato spesso nella
magia e nella divinazione e volto al bene o al male a seconda della volontà di chi lo impiegava.
Immagini di capre presumibilmente "magiche" si
riscontrano in alcuni monumenti di Cesenatico e in diverse leggende come quella
campana (a Benevento: un noce longobardo con su infissa la testa di una capra),
abruzzese (a Roccaraso), ma anche, per stare ai nostri luoghi, ad Apricena
(nella notte fra il 1 e il 2 novembre apparirebbe un corteo di anime guidato da un caprone) e a San Paolo di
Civitate (si racconta di un prete che durante i temporali "volava" su una capretta).
Ritornando al sigillo in questione, se sotto le
sembianze di una pecora anomala (coda lunga, muso sproporzionato) si
adombrasse, per comprensibili ragioni di sicurezza, una capra, la cosa sembra essere avvalorata dalla posizione della
spada che, unicamente in questo, è sistemata alla destra, mentre si sa dalla
simbologia cristiana che la nascita
della croce (=spada) ha come "luogo" l'astragalo sinistro (vita, cuore, amore)
non quello destro (morte).
Questo discorso ci riporta a una visione gnostica
della realtà, dai Templari probabilmente mutuata dalla loro frequentazione con
l'Oriente musulmano e che avrà poi come emblema l'immagine del Baphomet. In
tale cultura sincretica, che sa di universalismo ma anche di sforzo per
unificare la varietà delle esperienze religiose in un "unicum" riconducibile al
Tutto, naturalmente non si poteva essere "espliciti": non si dimentichi che si
era in pieno Medioevo e il rogo dell'Inquisizione era sempre pronto per chi
avesse osato sfidare o inficiare l'ortodossia cattolica.
Se è esatta questa lettura del sigillo, resta ancora
in piedi una fetta del "mistero templare": ma nella "storia parallela", quella
cioè non scritta (perciò non ufficiale),
ci sono ancora tanti da scoprire, da capire e da spiegare.
Si sa che l'Ordine dei Cavalieri di Cristo è stato da
secoli circondato da un alone di mistero, vista anche la tragica fine che i
suoi membri hanno fatto il 18 marzo 1314 sul rogo a Parigi. Tale "zona
d'ombra", chiamiamola così, non è
legata solo ai riti di iniziazione, al culto del Baphomet, alla pratica
esoterica mutuata dall'Oriente, ai vari simbolismi o al cosiddetto "tesoro"
nascosto chissà dove quanto soprattutto a un "segreto" sconvolgente e
inquietante per la cristianità, di cui
sarebbero stati depositari almeno alcuni di essi e ai vertici più alti.
Leggiamo nei verbali del giudizio che il Gran Maestro JACQUES de MOLAY il 26
novembre 1308 urlò ai suoi inquisitori: "Mi piacerebbe dirvi tante cose, se
soltanto non foste le persone che siete, e se foste autorizzate a sentirle".
L'11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il Maestro RADULPHE de PROELLIS,
giureconsulto, che affermò sotto giuramento che un cavaliere templare, di nome
GERVIS della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell'Ordine un
terribile segreto di tale importanza che avrebbe preferito perdere la testa
piuttosto che rivelarlo.
Qual era questo misterioso "segreto"? Il Santo Graal
(la coppa dell'Ultima Cena), una Società all'interno dell'Ordine che perseguiva
scopi di potere sul mondo o un qualcosa d'altro? Una qualche notizia viene data
il 6 novembre 1644 quando FRANÇOIS PIERRE,
marchese di Blacheford e signore di Rennes-le-Château, redasse un
testamento e lo fece registrare il 23
novembre dello stesso anno dal notaio CAPTIER di Esperaza: in esso si parla
chiaramente di un "segreto di Stato". Rennes-le-Château è un paesino del Dipartimento
dell'Aude (in Linguadoca). Qui nel 1781 il curato ANTOINE BIGOU ricevette in
confessione e in punto di morte dalla marchesa di Hautpoul, MARIE de NEGRI D'ARLÈS,
un segreto di famiglia che avrebbe dovuto essere tramandato. La marchesa morì
il 17 gennaio 1781 e non venne sepolta
nella cripta della Chiesa del paese (del resto di sua proprietà), ma
"ufficialmente" nel cimitero comune, che poi si scoprì non essere il vero luogo
della sepoltura. Perché non nella cripta? Un motivo plausibile non c'era, anche
perché in seguito fra Chiesa e cimitero si verificò una "strana" traslazione di
resti umani. Nel frattempo il curato BIGOU fece collocare in uno dei pilastri sotto
l'altare alcuni documenti. Il "segreto" da questi venne comunicato all'abate
CAUNEILLE che, a sua volta, lo trasmise ad altri due abati, JEAN VIÉ ed ÉMILE
FRANÇOIS CAYRON. La "catena" di trasmissione continuò con il curato HENRY BOUDET e poi con FRANÇOIS BÉRENGER SAUNIÈRE.
Quest'ultimo si diede da fare per
restaurare la Chiesa di Rennes-le-Château e in realtà in una colonna posta
sotto la lastra di marmo dell'altare
maggiore vennero alla luce alcuni manoscritti con il sigillo della regina
BLANCHE de CASTILLE: si trattava dell'albero genealogico merovingio di DAGOBERTO II dal 681 al 1244 e
dal 1244 al 1644 e due testi codificati dei Vangeli.
Da quel momento il curato SAUNIÈRE ebbe una vicenda
fortunata di vita sul piano economico, ma travagliata su quello della sicurezza
personale tanto che morì in circostanze misteriose il 22 gennaio 1917. Sulla
sua tomba dispose che si scrivesse in maniera criptica INRI (con la N
capovolta). Per quale motivo? PRUDENCI
REGNANTI TORRES, uno studioso catalano,
spiega che la N capovolta vuol dire Nazareth che al rovescio è da
interpretare come Hterazan (in ebraico "Ha-te-ratz-an" significa "Dove è la
misteriosa camera"). Quindi l'iscrizione INRI diventerebbe "Io so dove è la
misteriosa camera del re dei Giudei".
Sta di fatto che tutte le persone che ebbero a che
fare con questa storia finirono di morte violenta: l'abate GÉLIS (ucciso il 1
novembre 1897), MARIE DÉNARDAUD (assassinata), LOUIS SAINT-MAXERIT e GASTON
DE KOKER (trovati impiccati il 6 marzo 1967) e PIERRE FEUGERE
(il 7 marzo 1967).
Che
c'è di vero in tutto questo? Saranno quelli citati documenti autentici o falsi
storici? Personalmente, in assenza di certezza, rimango con una grande e
perplessa riserva mentale in merito all'intera vicenda.
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