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Non uccidere la speranza PDF Stampa E-mail
Il nostro è un tempo molto strano: da una parte il progresso tecnologico sta raggiungendo mete una volta inimmaginabili, dall'altra, come su un'isola deserta e alla periferia della storia, si assiste a morti silenziose per fame, emarginazione e solitudine. Sembra di essere dinanzi a un Giano bifronte: attraente e perverso, spettacolare e pigro, esasperatamente allegro e disperatamente infelice. Ho l'impressione che in questa società dell'incertezza, delle corse senza sosta e dei molti nottambuli pipistrelli si vadano perdendo equilibrio e buon gusto, saggezza e lungimiranza, prudenza e rispetto per la propria e l'altrui dignità: ci si svende e si vende anche la vita troppo facilmente per un nulla al mercato delle vanità. Ancora una volta, allora, si ripropone la questione del "senso": il perché del vivere.
Al di là dei deliri e delle volgarità dilaganti, occorre recuperare più pacatamente un po' di speranza, che, prima di essere una virtù teologale cristiana, è soprattutto fiducia nella sostanziale bontà dell'esistenza, di quell' "essere qui" che, qualitativamente ben usato, è un dono gratuito e irripetibile del quale un giorno bisogna pur rendere conto a qualcuno che, se non è Dio, saranno comunque il futuro e i nostri figli.
Speranza significa non uccidere il libero sogno di un mondo nuovo e migliore del presente, dove gli uomini, finalmente adulti, spontaneamente possano prendersi per mano, chiamarsi per nome e camminare come fratelli lungo i sentieri del tempo. Se qualcosa rimane ancora in piedi è grazie a quelle poche sconosciute, umili ma eroiche coscienze che nella discrezione del loro operare tengono ancora viva la luce della fede nel prossimo e della venerazione per la natura: la verità è sempre nell'ombra.
Speranza vuol dire agire nonostante ogni cosa induca all'inazione, costruire e realizzare un progetto vitale da offrire in eredità a quanti verranno dopo, immaginare e perseguire un servizio di amore verso i prigionieri delle barriere del vuoto.
Speranza implica aprire il cuore a un sorriso, promuovere una parola giusta di conforto, aiutare in concreto chi è senza una via di uscita, spezzare il pane della condivisione con gli ultimi.
E' speranza credere nell'altro, lottare pacificamente perché non frani una possibilità di salvezza, prospettare con gli atti una soluzione senza fermarsi alla sua sola enunciazione. E' speranza far guardare oltre il sipario della fine, squarciare il velo di Maya per rendere visibile quella zona d'invisibilità, sollevare occhi e mente in direzione di orizzonti in cui cielo, mare e terra s'incontrano e si fondono in un mosaico che è risposta a quell'eterna e insoddisfatta domanda d'infinito. E' speranza accarezzare e proteggere teneramente il presente e il futuro di un bambino, non sopprimere le fantasiose creazioni di un adolescente, dare un seguito alle sfide del giovane, cogliere con un "grazie" le sottili vibrazioni della stagione dell'anziano, gustare la pace nel regalare un qualcosa.
Sperare è nutrire tolleranza nei confronti dei diversi, rendere possibile quanto si ritiene impossibile, garantire i diritti a chi ne è privato. Sperare è accendere un faro nella sera del dolore, dare un rifugio a profughi e baraccati, scrivere un romanzo per chi vive nella prosa del quotidiano. Sperare è benedire, attendere, imparare a cancellare ogni rovina e massacro, rimuovere il peso dalle spalle dei poveri (gli uomini senza carriera).
Questo nostro mondo, per non collassare nella inabitabilità, ha bisogno di essere sostenuto dagli Archimede della speranza, da quelli cioè che, sapendo essere pienamente se stessi, trovano in ciò la leva per riportare la terra alla compiutezza della sua fioritura. Guai a recidere queste fiaccole che attraversano e forano il buco del nulla e tracciano una strada, schiudendo la porta oltre la quale sostare come in casa propria.
La speranza, allora, è la virtù delle anime nobili e forti, di quelle che sanno ascoltare con trepida attenzione la bellezza e la voce dell'universo e con coraggio, riannodando le radici a quelle degli antichi padri, affidano al vento della gioia il canto struggente del giorno che si spegne.

 

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