(Commemorazione 1° aniversario della scomparsa, Chiesa dei Cappuccini, San Severo, 8 febbraio 2000)
Mi riesce difficile parlare di Raffaele Iacovino come di
una persona che sulla scena di questo mondo non c'è più. I nomi degli amici
giusti sono scritti nel cuore e nella mente in tutta la loro vitale intensità e
tradurre in parole la loro presenza può significare mutilare una parte della
loro personalità. Ci proverò con discrezione e rispetto in questo primo
anniversario dalla sua scomparsa: sembra ieri quando ci siamo salutati nel suo
studio, eppure, come dice Virgilio, "fugit inreparabile tempus" (Come scorre
inesorabile il tempo !).
Raffaele Iacovino è stato un uomo retto e onesto,
seriamente impegnato in un discorso di servizio verso i meno fortunati,
silenzioso ma attento osservatore, duttile e articolato nel dialogo con sé e
con gli altri ma estremamente coerente nelle decisioni, aperto a tutte le
curiosità intellettuali (la curiosità, non lo si dimentichi, è madre della
conoscenza) ma lucidamente critico quando si trattava di farne una scelta. La
sua dimora merita di essere piantata sulla terra delle anime pulite.
Raffaele è stato un medico competente e coscienzioso
che amava i suoi pazienti, andandoli a cercare nel loro dolore per una parola
di conforto. Nei giorni della sua assenza forzata per malattia sulla porta dell'ambulatorio
lasciava scritto su un foglietto: "Chiedo scusa ai miei cari pazienti.
Ritornerò quanto prima". Pur sofferente, la sua attenzione era rivolta
all'altrui sofferenza. Dopo una prima esperienza di medico condotto a Roseto
Valfortore voleva andare in Sud Africa a esercitare la sua professione e porla
così al servizio di quelle popolazioni oppresse dall'apartheid: le circostanze
della vita lo costrinsero invece a rimanere in Italia e far ritorno a San
Severo dove le condizioni di disagio, se non proprio simili, certamente non
facevano cambiare colore alla croce di
chi soffre. Professione medica, dunque, ma come mezzo di sollievo (e, perché
no, di aiuto verso gli altri colleghi più giovani dei quali è stato tutor) non
certo come fine a se stessa.
Il medesimo impegno generoso trasfuse in politica.
Raffaele amava il Sud e San Severo. Aveva ben assimilato la lezione di Gaetano
Salvemini, Giuseppe Magnati, Leone Mucci,
Tommaso Fiore, Rocco Scotellaro e dei tanti altri coraggiosi che avevano
donato la vita per la rinascita di questo nostro Mezzogiorno d'Italia. Era per
un socialismo dal volto umano e , per ciò stesso, cristiano. Da Sindaco di
questa Città (2.08.1972-24.03.1974) ruppe gli schematismi di tante consolidate
contrapposizioni ideologiche e tentò un radicale rinnovamento di questa nostra
comunità. Ricordo solo alcune delle sue realizzazioni, che, per un popolo che
voglia farsi rispettare nella propria continuità, è bene restituire alla
memoria collettiva di questa Città: l'istituzione della prima Guardia Medica in
Italia, il tempestivo intervento con la disinfestazione delle scuole per
debellare l'epidemia di colera allora scoppiata in Puglia, l'impulso dato alla
nascita dell'AIAS (il Centro Antispastici), la difesa dell'ambiente e delle
zone verdi con l'apertura di un apposito capitolo nel bilancio spese dell'Amministrazione, l'assistenza
domiciliare agli anziani, il trasferimento
e la risistemazione della Biblioteca Comunale, del Centro Studi e del
Museo nei locali più idonei di Via Zannotti (23 novembre 1973), la
distribuzione agli alunni di tutte le scuole del testo della Costituzione oltre che della razione giornaliera di
merendine e cioccolatini agli stessi, la circolazione gratuita per anziani e
studenti sui mezzi pubblici, la cura del settore nettezza urbana con la
fornitura di tute agli operatori e la loro turnazione semestrale, la
requisizione del pane nei forni onde evitarne l'aumento del prezzo, la
restituzione di locali pubblici (es. quelli del Teatro) al loro primitivo uso
culturale, il divieto di traffico non autorizzato nelle vie del centro,
l'ideazione del centro polisportivo (il Palasport), la definizione del primo
Piano Regolatore per San Severo.
Come politico è sempre stato fedele ai suoi ideali,
mai tradendoli, mai adulterandoli, mai svendendoli per scopi poco leciti e la
medesima serietà di intenti e di comportamenti ha dimostrato anche quando è
stato Consigliere di Amministrazione all'Ospedale e alle Opere Pie. Ben lungi
erano da lui il settarismo o, peggio, il trasformismo, pratica entrata come
norma nelle azioni dei più. Alla pressione della facile e accomodante politica
degli anni successivi preferì il dignitoso ritiro nel silenzio, ben consapevole
che questo non era un segno di sconfitta,
anzi (semmai lo era per la società), ma un gesto di coraggiosa e forte
testimonianza della propria identità non ombrata dalla macchia del compromesso
a spese dell'onestà. Un esempio luminoso per quelli che vogliono esercitare la
nobile arte del servizio, come dovrebbe essere quella della politica, e un crudo rimprovero per i politicanti di mestiere, che credono di
mascherare la propria nullità, confondendo furbescamente quanto stupidamente il
servizio con l'affare.
Da tutto questo, e grazie anche alla sua vasta
cultura, è nata in Raffaele la riflessione sulle azioni degli uomini e quindi
la grande passione per la Storia, tradotta poi in ricerche che resteranno una pietra miliare per gli studiosi dei
fenomeni sociali di questo territorio: gli studi sui sanguinosi fatti del 23
marzo 1950, sulla genesi della nostra democrazia nel 1946, sul grande artista
conterraneo Luigi Schingo, e, insieme alla Sua consorte dott.ssa Assunta
Facchini, quelli sul proletariato agricolo e il movimento bracciantile in
Capitanata dal 1861 al 1950, sulla generosa figura di Leone Mucci e l'ampia
trattazione sulle origini dei partiti in Capitanata dal 1860 al 1926. Tutti
questi sono lavori di fondamentale importanza per capire l'humus
socio-economico di questi luoghi con i
vari processi storici che ne hanno condizionato e determinato la natura spesso
conflittuale e tutti, grazie a una
documentazione precisa, accurata e puntigliosa sono attraversati , oltre che da
una lettura critica e attenta dei fenomeni, soprattutto da una sottile e ben
percepibile venatura di umanità che partecipa e fa partecipare il lettore al tessuto degli eventi descritti. Ci
vorrebbe un Convegno per enucleare in pieno le tematiche sottese nelle opere di
cui sopra. Si parla tanto oggi di socialismo liberale, in cui libertà e
giustizia si coniughino come termini inscindibili di uno stesso mosaico che è
l'uomo: Raffaele l'aveva capito e praticato nei fatti anzitempo, precorrendo in
qualche modo profeticamente il futuro.
L'abbandono della politica attiva, dovuto alla sua
intransigenza morale , non l'ha, però, minimamente allontanato o distolto
dall'impegno nel sociale, come, per esempio, nella redazione della rivista
culturale "Proposte" e nella lotta per una libera, autonoma e moderna
Università della Daunia, nella quale l'ho avuto disinteressatamente al fianco
nel Comitato Promotore, perché aveva capito sin dagli inizi tutta la sua grande
portata innovativa di riscatto. Purtroppo l'ottusità, le resistenze e
l'ipocrisia di tanti personaggi della politica e non le hanno impedito un
decollo definitivo: un'altra occasione mancata e perduta per questo territorio.
Questa medesima sensibilità sociale spinse Raffaele
negli ultimi tempi a recuperare alla coscienza di tutti alcune figure illustri
del passato con articoli, o meglio minimonografie, apparsi sul periodico locale
"Il Corriere di San Severo": Nino Casiglio, Raffaele Recca, Ernesto Lufino,
Mons. Bonaventura Gargiulo, Raffaele Fraccacreta, Carmine Cannelonga, Alfredo
Massa, Mons. Felice Canelli...Uno sguardo acuto di storico ma anche un segno
squisito di ammirazione per chi , anche se da sponde diverse, è stato portatore
di valori.
Raffaele Iacovino, nel suo animo, era, però, anche
un uomo profondamente religioso. Una vita nella quale non ci si interroghi non
è degna di essere vissuta. E Raffaele voleva capire, sapere, disposto ad
aprirsi al mistero per riscoprire un senso da dare al proprio agire: le figure
di Cristo e di San Francesco gli erano congeniali, perché limpide, genuine,
senza orpelli, come una sorgente d'acqua fresca alla quale attingere con fiducia per tracciare e seguire il
cammino del vivere. Quanti discorsi ci siamo scambiati su questo argomento!
Negli ultimi tempi l'avevo visto sofferente, ma ha
sempre saputo tacere con dignità. Era ben conscio del male da cui il suo fisico
era minato: non gli mancò il coraggio di scriverlo pubblicamente , denunciando
nel contempo le gravi disfunzioni della sanità. In questo lo vedo un
esempio impareggiabile di composta e vigorosa umanità: uno stile non
facilmente rintracciabile nella storia di una persona.
Raffaele, oltre che essere affettuosamente in
simbiosi con la sua amata famiglia (moglie, figlie, generi, nipotini), è stato
anche un amico fedele, il cui saggio consiglio era sempre ricercato. Con lui si
poteva parlare liberamente, sicuri di ricevere ascolto e rispetto : un
sentimento questo che sembra diventato oggi un optional che segue le variabili
dell'utilità. A quelli che ancora
credono nell'amicizia con la sua scomparsa
è venuto a mancare un interlocutore di sicura affidabilità e di rara finezza interiore.
Ora che è nell'Aldilà i suoi interrogativi e le sue
domande hanno trovato una risposta. "Vita mutatur, non tollitur"(La vita non è
tolta, ma trasformata) o, come afferma Giovanni Paolo II, si procede "di vita
in vita", come a dire l'esistenza si
sviluppa e si evolve in una dimensione superiore. Ormai Raffaele è in quello
stadio di luce e di gioiosa libertà. A noi, pur nel dolore del distacco
temporaneo, non resta che prenderne atto con fiducia , esternando il nostro
gesto di fraterna solidarietà alla famiglia.
Mi auguro che i suoi resti terreni possano trovare
una più degna sistemazione al cimitero: il 2 novembre ho deposto un fiore su un
loculo che non è ancora il suo, perché quelli pubblici sono ancora
indisponibili.
Le anime dei giusti, e Raffaele Iacovino è stato un
giusto, meritano rispetto sulla collina dei nostri padri: e lui è stato un
padre morale di questa Città
Caro Raffaele, mentre sto leggendo questi scarni
pensieri, tu stai in mezzo a noi: come vedi, i tuoi amici sono sempre e ancora
con te. Non ti abbiamo dimenticato.
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