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Nino Casiglio: un uomo in ricerca PDF Stampa E-mail
Ho avuto modo di conoscere bene Nino Casiglio (1921-1995) sin dagli anni '60, quando ho incominciato a insegnare al Liceo Scientifico "G. Checchia Rispoli" di San Severo, dove egli era Preside. Pur avendo idee e formazione non del tutto simili, non è mai mancato il reciproco rispetto, anzi ci fu un rapporto di sincera stima, tanto che, pur essendo io il più giovane fra i docenti, al corso abilitante del 1973, di cui era direttore, non esitò con Rorò De Rogatis a darmi il massimo dei voti, risultando così il primo fra tutti i partecipanti. Ho voluto richiamare questo episodio personale, il lettore mi scuserà, per sottolineare l'onestà intellettuale dell'uomo Casiglio. Insegnante attento e preparato prima e Preside accorto e scrupoloso dopo, il Casiglio, con la sua profonda preparazione filosofica e letteraria nutrita di letture prolungate e meditate, seppe fare del suo Liceo Scientifico un gioiello di istituzione scolastica: conosceva bene e singolarmente alunni e professori, attrezzò di una cospicua dotazione libraria la biblioteca, era saggio e generalmente benevolo nelle varie valutazioni allora trimestrali, mai ostacolò iniziative culturali e religiose, mostrandosi sempre prudente, tollerante e controllato nelle decisioni. Della situazione dell'istruzione pubblica italiana gli erano ben note le insufficienze e le contraddizioni e ne soffrì.
Casiglio, però, non è stato solo un uomo di scuola. La sua personalità si espresse e spaziò nei vari campi della cultura dedicandosi non solo alla ricerca dei dettagli, ma soprattutto di quell'universo totale del sapere rivisitato con incursioni mentali non prive di ironia: dalla filosofia (la traduzione della "Clavis Universalis" del filosofo inglese del ‘700 Arthur Collier e alcuni saggi sullo stesso) alla narrativa (con i romanzi Il conservatore, Acqua e sale, La strada francesca e La Dama forestiera; con la raccolta di racconti La chiave smarrita e tanti altri scritti fra prose e favole), dalla storiografia ( su San Severo, Torremaggiore, sui vari insediamenti medievali nella Capitanata, il postumo Bellumvidere) alla topografia e toponomastica (Vico del Gargano, Foggia...) per approdare alla fine al giornalismo (dove i suoi interessi e le sue osservazioni toccarono argomenti di costume e di attualità socio-politica). Acuto, complesso, ragionato e sobrio era il suo modo di pensare e di scrivere con uno stile che facilmente faceva intendere quanto vasto fosse l'humus culturale da cui partiva: non indulgenza a una parola in più del dovuto né un fraseggio che cadesse nel superfluo o nell'ovvio, ma tutto si presentava come un condensato frutto di una lunga e paziente attività di filtro interiore. Non a caso ebbe larghi riconoscimenti: Premio Scanno (1976), Premio Napoli (1977), cooptazione nella famosa Accademia Pontaniana (anni '80).
Casiglio era un uomo geloso della propria autonomia di giudizio, a suo modo anticonformista, sottilmente critico nei confronti dei molti dogmatismi, dei discorsi fumosi, delle idee e dei comportamenti dominanti, guidato da una passione civile e da una sua particolare visione etica del vivere, un po' innate e un po' ereditate dal suo Maestro prof. Angelo Fraccacreta, che gli fecero dire, anche contro i suoi stessi interessi, tanti "no", compresi quelli relativi alla sfera politica (fu per alcuni mesi anche Sindaco di San Severo: 1971) dalla quale poi si staccò non senza delusione. Era fatto così, anche nell'amicizia, dove era lui a scegliersi i compagni di viaggio nel comune cammino di un dialogo. In realtà l'ho visto sempre disponibile nelle iniziative che riteneva serie e degne di essere seguite con attenzione, mai però consenziente ai facili palcoscenici e soprattutto buon selezionatore dell'essenziale dal banale e dal convenzionale. Casiglio non era un uomo per tutte le stagioni né tantomeno incline o facile al compromesso o alla costrizione interiore offensiva della libertà: la coerenza, che non poche volte lo relegò alla solitudine, per lui aveva il sapore di una religiosità laica, quindi sacra né mai da svendersi per un pugno di successo.
Della fede cristiana seppe cogliere, se non la pratica esterna, certamente la sostanza: non a caso volle il funerale religioso per la madre e lo stesso poi prescrisse per sé.
A circa sette anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 16 novembre 1995, rimane ancora vivo in me il ricordo di quest'uomo singolare: fermo nelle sue convinzioni, duttile ma non manovrabile, curioso di accedere a quella "veritas" che, intravista "per speculum et in aenigmate", non considerava come un approdo definitivo ma sempre problematico con i tanti "nessi" ancora tutti da scoprire e da leggere. A tutt'oggi sento ancora che si è un po' orfani di lui.

 

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