(Seminario di Studi, Torremaggiore,
Castello Ducale, 17/02/1987)
Nei processi
morbosi umani non si deve porre attenzione tanto alla malattia quanto all'uomo
malato, perché è l'integrità della sua totalità che è messa in crisi, perché lo
scopo della malattia è quello di distruggere la vita, dopo averne sconvolto
l'equilibrio, che è la sua regola.
La medicina
moderna, che ancora non risolve al suo interno il conflitto derivante dallo
stato di crisi del positivismo scientifico, su cui da oltre un secolo ha basato
il suo metodo e la sua prassi, non ha fornito un quadro ben ponderato del fatto
morboso nella sua patogenesi, ma soprattutto nella sua eziologia (il perché
cioè del male in "questo" individuo). Se si pensa ai circa 2000 quadri morbosi
di cui parlano i manuali di patologia, ben 1200 sono ancora a eziologia ignota.
Le grandi scoperte della medicina sono quasi sempre venute dopo esperimenti su
animali, ma la vita animale, si sa, in molti suoi aspetti si differenzia
profondamente da quella umana e per lo più muore in seguito a traumi
occasionali o a infezioni o a malattie parassitarie. Un esempio specifico è
dato dal campo della sessualità, dove quella animale è attiva a periodi, mentre
quella umana lo è sempre e dipende dalla scala dei valori che s'è formata. Da
questo consegue che non tutte le osservazioni fatte sugli animali possono
essere trasferite tout-court sull'uomo. La medicina meccanicistica, che ragiona
sul parametro "causa-effetto", tende all'obiettivazione, perciò ha quasi sempre
respinto l'elemento soggettivo. Eppure conosce da tempo l'effetto placebo, in
base al quale diversi mali vengono curati o con farmaci combinati o con altri
che veicolano l'effetto stesso e tutto ciò dipende, si sa, dalla forte
personalità del medico e dalla fiducia del paziente. Si pensi, per esempio, ai
disturbi del sonno, agli stati dolorosi, alle stipsi croniche. Poche sono le
malattie, che si risolvono seguendo il principio del "causa-effetto", come
l'anemia perniciosa con la vitamina B12, il diabete con l'insulina,
le infezioni con gli antibiotici, ecc. Si dimentica che l'uomo è un essere
complesso, dove mente e corpo s'influenzano a vicenda, si condizionano, si
scambiano messaggi, e, purtroppo, si distruggono anche. Ogni fatto somatico ha
il suo riflesso psichico e ogni evento psichico parla anche un linguaggio
somatico e tutto ciò è sotto gli occhi della nostra esperienza quotidiana.
Quando si parla di malattia bisogna dunque sempre parlare di malattia umana,
perché la sfera psichica è quasi sempre coinvolta; anche per un semplice raffreddore,
in alcuni individui, può intervenire un piccolo eccesso d'ansia.
L'opposto della
malattia è la vita. Se questa ultima non si dispiega in tutte le sue
potenzialità si muore e l'uomo è sereno se è in armonia con essa. Questa
capacità di dispiegamento però, molto dipende dalla qualità delle relazioni che
si stabiliscono con la società circostante. E non si può certo dire che la
nostra società sia sana, anzi. Esiste una profonda crisi di valori che
attraversa istituzioni, gruppi sociali, ideologie, comportamenti quotidiani con
la conseguenza, per l'uomo moderno, di perdita di sicurezza, di scissione
nell'unità "vita-professione", di accumulo di stress, di alienazione nella
propria identità (stiamo diventando un po' tutti servi della tecnica, con sempre
più ridotte capacità di autorealizzazione). A ragione diceva Van den Berg: "Le
nevrosi sono sociosi". Perciò i disturbi di oggi, nonostante i progressi della
medicina, sembrano paradossalmente aumentati rispetto a un tempo. Si parla di
concorrenza (uno nemico dell'altro) e intanto si
esige la correttezza, si propongono sempre nuovi bisogni che non si possono più
soddisfare, si sbandierano discorsi sulla libertà, ma che cosa è veramente la
libertà? Queste contraddizioni, che non si possono e non si devono ignorare se
si vuol capire l'uomo malato, sono fatte proprie dall'individuo, che le rivive
poi sotto forma di conflitti e disturbi vari. Quando l'uomo è sollecitato
continuamente nella propria sopravvivenza, come nei periodi di guerra, tanti
disturbi (come, per esempio, l'ulcera gastrica) scompaiono. La malattia del
pensionato a tutti è nota. E di esempi qui
ciascuno ne può tirare a centinaia. S'immagini che il 50/60% dei nostri
pazienti, specie quelli internistici, sono psicosomatici. In dermatologia addirittura
si raggiunge l'80%!
Fatte queste
premesse, è più agevole ora introdurci nel discorso della psicosomatica. Questa
scienza medica, o meglio questo orientamento medico, che è essenzialmente
interdisciplinare, è ancora giovanissimo. Essa ha delle afferenze con la psicanalisi, con la psicofisiologia sperimentale
(come negli studi di Bemard, Pavlov e Cannon), con il filone di ricerche sui
neurormoni e sullo stress (come negli esperimenti di Seyle), con lo studio più
particolareggiato sul diencefalo (parte centrale del cervello). Le radici della
sua nascita sono, però, da ricercare nella psicanalisi. Freud (che, non lo si
dimentichi, era un neuropsicologo) si trovò subito davanti a due problemi:
quello dell'isteria e quello, poi, detto della nevrosi d'angoscia.
Sull'isteria, accettando l'osservazione di Charcot, secondo il quale si trattava d'un
fatto funzionale senza alcuna base organica, Freud elaborò la teoria, oggi
comunemente accettata, del sintomo isterico come "conversione" sul piano
organico di uno stato nevrotico. Risolto il conflitto interno, scompare il
sintomo. Sul sintomo, quindi, si scaricano spinte pulsionali inconsce del
soggetto. Il concetto d'inconscio ormai è entrato nel patrimonio della nostra
cultura e solo qualche prevenuto può ancora metterne in dubbio l'esistenza e la
sua attività nella vita di ognuno. Circa la nevrosi d'angoscia
Freud sosteneva che è una deviazione
dell'eccitazione somatica che impedisce l'accesso allo psichico e rimuovere
questo ostacolo, sempre secondo Freud, sarebbe compito della medicina. Da qui
sono nate le due correnti della psicosomatica: quella psicoanalitica e quella
organicistica.
Le ricerche sono
state numerose, accenno solo ad alcune.
Groddek e
Dentsch hanno posto l'accento sul sintomo inteso come linguaggio corporeo dello
stato conflittuale interno. È come il simbolo della condizione psicologica del
soggetto.
Fedem considera
il sintomo come l'espressione di un insufficiente investimento dell'Io.
Schilder
identifica il sintomo psicosomatico con la distorsione dell'immagine corporea
che si avrebbe dal confronto con altre immagini corporee nelle relazioni
sociali.
Alexander, per
primo, introduce nella psicosomatica il concetto di "logica delle emozioni",
soprattutto quando si pensi a quelle distonie neurovegetative (chiamate nevrosi
vegetative), conseguenti a particolari stati emotivi.
Dorfman e Mung
hanno prodotto molti studi concernenti le relazioni fra depressioni e reazioni
somatiche.
Interessante qui mi sembra la posizione della scuola di Berlino.
Secondo questi ricercatori la consistenza dei sintomi psicosomatici corrisponde
alla gravità dei cosiddetti "buchi dell'Io", alla deficiente strutturazione
cioè di questa parte della personalità. L'Io psicosomatico avrebbe
un'aggressività liberata e rivolta contro se stesso, un accentuato narcisismo
patologico, una profonda rigidità nei sentimenti, disturbi vari nei contatti
umani con assenza d'iniziative, tracce più o meno marcate di depressione, una
seria dipendenza dal gruppo familiare, l'utilizzo del sintomo come strumento
per sottomettersi all'ambiente, una scelta d'organo collegata con
l'identificazione con membri malati del gruppo familiare. Per quanto riguarda
il pensiero, quello dell'Io psicosomatico sarebbe caratterizzato dalla tendenza
al concreto, dalla cancellazione della reazione emotiva, dal
restringimento della capacità ideativa,
da una costante preoccupazione centrata sul proprio corpo malato, da relazioni
oggettuali tramite simboli, da liberazione di sensi di colpa, da incapacità a
esprimere bisogni e la difficoltà a verbalizzare. Le situazioni che
scatenerebbero tutto questo quadro morboso sarebbero riconducibili a tre:
l'esperienza di separazione, la richiesta di rendimento da soddisfare ad ogni
costo, la competitività nelle relazioni sociali. Da tutto ciò originerebbe
l'aggressività, che verrebbe poi rivolta contro se stessi.
Le ricerche, cui
si è accennato sopra, possono essere sinteticamente ricondotte a tre modelli:
quello psicodinamico (che, secondo Bahusan, è caratterizzato da
"proiezione-spostamento" e da "regressione-negazione"), quello psicosociale
(che, secondo Levi, è determinato dal tipo di strutturazione delle relazioni
sociali e loro ripercussioni sul piano biologico) e quello integrativo (che
implica i due aspetti di sopra).
Come si può
notare il significato del sintomo psicosomatico ha bisogno di una lettura seria
e attenta e di un'analisi che sappia spaziare in varie direzioni e dimensioni,
non lasciandosi prendere dal senso più immediato, che poi risulta essere il più
superficiale. In tanti pazienti si pongono in atto vari meccanismi di difesa
per mascherare l'identità e la vera natura del conflitto interno, come in altri
si gioca sul tornaconto derivante dalla ripetizione del sintomo stesso.
Scoprire e accettare la propria fragilità interna non è cosa sempre agevole;
onde evitare esplosioni di ansie incontrollabili, la psiche si serve di tutti i
mezzi a sua disposizione per risparmiarsela. Molte volte la malattia
costituirebbe una stessa forma di sopravvivenza.
Tradotto in
linguaggio psicosomatico, quanto detto fin qui si potrebbe riassumere in questi
termini. Lo stato di sofferenza interna si trasforma, a livello nervoso, in
tensione nella strutturazione del sistema neuronale. Questa tensione, anche se
con strumenti patologici, il soggetto tende a risolverla o con comportamenti
nevrotici o con sindromi neurovegetative, mediante impulsi trasmessi tramite i
neurotrasmettitori (noradrenalina e acetilcodina) ai vari organi (se questi
partono dal sistema neurovegetativo dell'area sottocorticale), secondo lo
schema "disturbo psicologico-alterazione funzionale, alterazione
cellulare-lesione organica (quando c'è). In genere queste due modalità di
reazione dell'individuo sono compresenti e interagenti, anche se l'attenzione
dello stesso è centrata più sul sintomo, cioè sulla vibrazione organica (che è
più visibile), che non sulla causa. In termini più espliciti sono solito dire
che il sintomo somatizzato è l'allarme di un qualcosa che non va, che comincia
a suonare nella persona con la relativa reazione d'ansia, ma si sa che
l'allarme è il segnale e il veicolo di un qualcosa di diverso e di più grave
che si nasconde dietro. È un po' come, passi l'analogia, la vibrazione di una
finestra percossa dall'impeto del vento. La finestra cesserà di vibrare solo
quando il vento terminerà di soffiare.
A questo punto
ci chiediamo: quali sono le manifestazioni psicosomatiche, che più
frequentemente si osservano, e che hanno nell'agitazione della sfera psichica
la loro causa principale. Precisiamo subito che la psicosomatica s'interessa
prevalentemente alle sindromi funzionali, che trovano nel comune concetto di
nevrosi la loro interpretazione. Le
sindromi organiche, come si verificano per esempio nei processi infettivi, non
è suo compito esaminarle e risolverle, nonostante che anche di queste in
qualche maniera la sfera psichica almeno secondariamente ne risente.
I disturbi
psicosomatici interessano vari organi perciò si chiamano anche nevrosi d'organo. Ne elenco qui alcuni.
L'emicrania
- Comunemente si pensa che sia una forma di distonia vasale, alla cui
insorgenza possono contribuire vari fattori come tumori, infezioni acute e
croniche, insufficienze renali e sindrome cervicale. L'accesso dura da pochi
minuti a qualche giornata. Le vere cause francamente sono ancora sconosciute,
tanto è vero che i farmaci anticefalgici, che peraltro ne combattono solo
l'eccesso (non l'emicrania stessa), sono per il 60% a effetto placebo. Secondo
Wolff l'emicrania è da associare a forti tensioni, che s'instaurano in una persona,
quando è costretta a raggiungere ad ogni costo il successo. Il fabbisogno di
ossigeno nel cervello aumenta e così la tensione con la conseguente distonia
vasale.
Cardiopatie
- In quelle con variazioni organiche, come nell'apparato valvolare e nelle
lesioni del miocardio (con dispnea da sforzo e
diminuzione delle energie di riserva), c'è bisogno di un serio sostegno
psichico al fine di evitarsi forti emozioni, che con le loro scariche
adrenaliniche potrebbero trasformarsi anche in mortali. Nelle cardiopatie senza
variazioni organiche (sindromi funzionali), come nei disturbi circolatori ipo
e ipertonici con la premessa dell'angoscia, si è osservato, per
esempio, che l'onda T dell'ECG è fortemente influenzata da fattori psichici. È
interessante notare nei disturbi del ritmo (come angina o infarto) le categorie
di persone più a rischio sono quelle che esercitano particolari attività che
richiedono lavoro stressante (industriali, imprenditori, liberi professionisti:
circa il 45% ; lavoratori e impiegati: il 18% ; casalinghe: 15%; donne
impiegate: 2%).
Ipertensione - Sia quella
essenziale che quella renale e endocrina (con i conseguenti mal di testa e
vertigini) è riscontrabile soprattutto in soggetti che adottano comportamenti
coatti, con l'inibizione continua degli impulsi dell'aggressività. Wyss ha
visto nei forti
lavoratori e nei frustrati sul lavoro i soggetti più a rischio.
Disturbi
dell'appetito e della deglutizione - L'inappetenza, se si escludono cause
organiche, quante volte non è conseguenza di una forma reattiva alla violenza
di uno stimolo esterno o di un conflitto interno. È il male dei bambini e degli
innamorati; lo sappiamo tutti. La bulimia, cioè l'appetito esagerato, se non è
conseguenza dell'adenoma insulare, è quasi sempre frutto di una frustrazione
specie nel campo della sessualità. È una forma di regressione al piacere orale.
L'aerofagia (aria nello stomaco), se si esclude il carcinoma del tubo
digerente, è molto spesso da associare a situazioni di vita forzatamente
accettate. Lo stesso si dica per il vomito, che, se non ha una patogenesi
organica, esprime spesso il senso del disgusto per quanto ci circonda.
L'insieme di questi disturbi, come si può notare, è quasi sempre legato
alla difficoltà derivante nelle relazioni con l'ambiente circostante.
Malattie
dello stomaco - i più noti disturbi sono l'ipo e l'iper-acidità
gastrica, la gastrite, l'ulcera gastroduodenale. Anche qui se si escludono
fattori organici, questi disturbi sono riconducibili a forti tensioni interne,
alla non adeguata realizzazione di impulsi, alla frustrazione nei tentativi di
trovare una compensazione, il contrasto fra il desiderio di protezione e quello
d'indipendenza, alla tendenza eccessiva al possesso. Questo è riscontrabile
specie nei soggetti di sesso maschile. Si sa che intervenendo solo
organicamente, per esempio nel caso dell'ulcera con l'asportazione chirurgica,
questi fenomeni tendono a recidivarsi.
Disturbi
della funzione biliare - Alcune forme di colicistopatie, non sempre
dovuti a calcoli, e che affliggono di più le donne con coliche varie, molte
volte sono da collegarsi a generi di vita condotti da soggetti razionali oltre
misura o troppo sensibili a scoppi frequenti di ira e di collera. Si conosce,
per esempio, una forma particolare di ittero, quello emozionale, che è
in stretta connessione con comportamenti passivi, caratterizzati da una diffusa
povertà di stimoli.
Disturbi
all'intestino - La stipsi spesso è conseguenza di un atteggiamento
di vita poco socievole, introverso, pessimista. La diarrea, invece, molte volte
consegue a un'esagerata attività connessa a possesso e ad aggressività.
Obesità -
Non è ben chiaro se questo disturbo è un fatto metabolico o una disfunzione
delle ghiandole a secrezione interna. Di certo si sa il peso che in esso assume
la sregolata alimentazione con il grasso che si distribuisce in maniera
difforme nel corpo. In fondo sussiste un disordinato rapporto con il proprio
corpo, dovuto anche a frustrazione nei desideri affettivi e sessuali e a un
relazionarsi poco armonico verso il mondo circostante.
Anoressia -
Fino a qualche tempo fa era considerata come una disfunzione delle ghiandole
endocrine. In realtà essa è dovuta a una inibizione della funzione orale,
dovuta a presenza di fatti depressivi, a latente insoddisfazione della propria
condizione di uomo o donna, talvolta figure materne iperprotettive. Si sa come
con questi parenti sia difficile stabilire un corretto contatto umano.
Asma -
Molte volte è da ricollegarsi a fattori funzionali e si ritrova spesso in
personalità variamente allergiche, esigentissime, ipersensibili e timide.
Reumi - Si constata fin troppe volte l'aumento del tono
muscolare in persone che vivono forti legami con sentimenti d'angoscia e di
insicurezza.
Sfera
affettivo-sessuale - Anche qui, se si escludono patologie di insufficienza
ormonale (es. testosterone), molte forme d'"impotentia concupiscentiae"
(disturbo della libido), "eccitationis", "eiaculationis" (precoce o ritardata)
e "satisfactionis" sono da collegarsi a sentimenti di fallimento, di
frustrazione, di inferiorità. Sono fenomeni questi che si notano tutti i giorni
nel nostro lavoro clinico.
Depressione -
cancro - Qui basta solo dire che il cancro è il caso estremo di regressione
somatica, come la schizofrenia lo è di quella psicologica. Quanto sia importante
in questo campo la reatività psichica lo sta a dimostrare la stessa esperienza
di Freud, che, diagnosticatogli un carcinoma della mucosa orale, riuscì a
reagire con energia, morendo ben 16 anni dopo, nel 1939.
A tutta questa
serie di disturbi psicosomatici se ne aggiungono altri, che mi limito qui solo
ad elencare: l'amenorrea psicogena (interruzione del flusso mestruale),
sterilità psicogena, dermatite atopica (che si riscontra in soggetti repressi),
tante forme di neurodermite, eczema e acne, i rossori, i tic nervosi (nei
soggetti inibiti), le sordità isteriche e tutta una serie di disturbi psicogeni
infantili (come le insonnie e le coliche intestinali del lattante), l'enuresi
notturna anche in età scolare (specie nei maschietti), certe forme di costipazioni,
il singhiozzo spastico (come succede durante accessi di collera e di pianto).
Alcuni glaucomi primari molte volte sono effetto di violenti shock emotivi. I
neurologi sanno come si renda indispensabile l'intervento psicologico anche
nelle sclerosi a placche e nello stesso morbo di Parkinson (è risaputo che si
parla anche di una personalità parkinsoniana). Nel soggetto, però, non è sempre
presente un solo sintomo, ma molte volte si succedono alternativamente vari
sintomi; si passa così facilmente dall'asma, all'eczema, al prurito,
all'emicrania, alla tachicardia. I sintomi, cioè, se non si risolve la causa
psichica o se si interviene solo sul sintomo, tendono a spostarsi su altri
organi. Perciò che bisogna stare molto attenti all'anamnesi della primissima
infanzia (specie ai rapporti con le figure parentali "padre-madre"), perché è
in quel periodo che si fissano emozioni e comportamenti, che poi si evolveranno
in stati nevrotici.
Tutti questi
quadri morbosi di natura psicosomatica non sono che alcuni esempi, ormai
ampiamente descritti e accettati anche dalla letteratura medica, che vedono
compresenti psiche e corpo, con la psiche nella posizione di causa o almeno di
concausa. Bisogna solo stare molto attenti a saper decodificare il sistema dei
sintomi con un'analisi accurata e particolareggiata dell'anamnesi della vita e dei comportamenti del paziente, senza
estrapolazioni dal suo tessuto globale. Il sintomo è la sintesi della storia di
un paziente. L'intervento saggio e intelligente non dovrebbe mai spingere il
paziente a fermarsi sul sintomo, ma ad inquadrarlo nell'insieme delle sue
strutture vitali, a dargli una risposta profonda e intelligibile, a condurlo su
questo filo di riflessione: "non cosa ho", ma "cosa e chi sono".
È a questo livello che si gioca l'autoriscatto e gli strumenti, sia sul piano
individuale che di gruppo, ivi compreso anche l'aiuto farmacologico non
mancano. Deve capire che un superamento è possibile, nel momento in cui viene a
comprendere che la salute non si può comprare, ma che la si guadagna da solo,
senza delegarne il compito ad altri (l'esperto). Questo è un alibi che non
bisognerebbe accreditargli.
In conclusione
la psicosomatica insegna che occorre stare attenti all'uomo malato. Solo che
far bene tutto questo, con il ritmo necrotizzante di tutto ciò che ci circonda
richiede tempo e disponibilità umana e questi non sempre ci sono. Se non si
vuol fallire, però nel proprio compito, purtroppo, la strada è questa e
bisognerebbe avere il coraggio di percorrerla fino in fondo. Ci sarebbero
minori frustrazioni professionali e più soddisfazione, che alla fine paga
ampiamente, per aver ridato un sorriso e una speranza laddove le forze della
distruzione cominciavano a far sentire il loro acre sapore di morte.Questi, a
mio parere, sono le frontiere della nuova medicina, dove psiche e corpo
s'incontrano e dove possono riscrivere una pagina diversa di vita, fondata sul
completamento e l'attualizzazione delle proprie potenzialità in una direzione
di tipo costruttivo che faccia guardare sempre in avanti.
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