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Lo sviluppo della persona umana PDF Stampa E-mail

(Seminario di Studi, Torremaggiore, Castello Ducale, 03/03/1987)

Nell'ordine degli esseri viventi l'uomo possiede una peculiarità tutta propria. Lui solo è capace di fare storia, di diversificarsi in un passato e in un presente, di prevedere un futuro. È proprio dell'uomo la categoria della possibilità, di una linea di comportamento cioè non inspirata dalla necessità. Il suo cervello è plastico, così i circuiti e le reti di connessioni che si vanno instaurando fra i vari neuroni. Non obbedisce alla legge della ripetitività o della costrizione biologica. L'esperienza di ogni singola creatura umana è irripetibile, perciò non traducibile in un comune modello di spiegazione valido per tutta la specie umana. L'uomo è il prodotto di fattori innati e di reazioni originali agli eventi ambientali. La sua vera identità non è definibile.
Tenterò solo di mettere a fuoco alcuni elementi, che provengono dall'osservazione dell'esperienza quotidiana.
Un primo concetto che mi sembra importante chiarire subito è quello di persona o di personalità. Le teorie che sono state elaborate in merito dagli psicologi possono essere ricondotte a tre: quella psicodinamica, quella psicosociale e quella comportamentista.
Secondo la teoria psicodinamica, affermata da S. Freud e dalla scuola psicoanalitica, il concetto di persona è comprensibile se si guarda alle sue istanze di fondo che sono tre: l'Es (o inconscio), l'Io (o conscio) e il Super-Io. Queste tre istanze non sono luoghi, ma forze energetiche, che condizionano il nostro comportamento. Tra di loro sono distinte, ma intercomunicanti e interagenti. L'Es, cioè l'inconscio, è la parte più ricca della nostra personalità, sede, passi questa parola per intenderci, dell'energia positiva (cioè la libido), ma anche di quella negativa (cioè le emozioni legate ai vissuti traumatici del passato). Esso affiora soprattutto nei sogni, nei lapsus verbali, nei motti di spirito, nelle dimenticanze ricorrenti, nelle libere associazioni di idee, creando il transfert, che in questo contesto assume un preciso significato. L'Io è l'istanza equilibratrice della coscienza lucida, che, mediando fra l'Es e il Super-Io, adatta la persona alla realtà. Il Super-Io corrisponde alla coscienza morale, venutasi a formare introiettando le norme comportamentali della cultura corrente e dominante trasmesse dalla famiglia e dall'ambiente circostante. Agisce sotto forma di censura dell'Es. Nei casi di nevrosi, quando cioè l'Io si presenta debole nella sua funzione mediatrice, il Super-Io subisce le pressioni dell'Es, ponendo la persona in condizioni non adeguate nei confronti della realtà esterna.
Detto questo, è facile capire come fra queste tre istanze vi è una reciproca osmosi e un'attivazione di canali aventi tutti lo scopo di salvare, mediante la fuoriuscita di energie negative e positive, l'equilibrio e quindi la sopravvivenza della persona.
Secondo la teoria psicosociale (di cui i principali sostenitori sono A. adler, E. Fromm, Harry S. Sullivan, Karen Horney, E. Erikson), la persona è la forma individuale di quel modello più generale che si chiama società. L'individuo, cioè, è l'epifenomeno della società, traducendo e trasferendo nel suo agire il pensiero e il comportamento della prassi dominante.
La terza teoria, quella comportamentista (sostenuta da Pavlov, B. Watson, T. Dollart, N. Miller, e B. F. Skinner), ritiene che la persona è il risultato di una continua e incessante interazione, sulla base di "stimolo-risposta", fra sé e l'ambiente esterno. La persona, cioè, è determinata dalla natura dei condizionamenti cui è sottoposta. Questi possono essere più o meno rinforzati e le risposte possono esplicitarsi in maniera più o meno ritardata, la natura del processo, e quindi il suo risultato, è da ricondursi a questo schema di comunicazione.
A queste tre teorie fondamentali, per completezza, possiamo aggiungere quella di C. Rogers, secondo il quale la persona è autoconsapevolezza del proprio Sé; quindi tanto più si realizza come persona quanto più il proprio Sé si espande secondo una linea continua e costruttiva.
Precisato questo concetto, che, come si può notare, si presta a varie letture interpretative, ma solo apparentemente tali, gli Autori hanno delineato alcune tipologie di personalità. Esiste così quella autoritaria, caratterizzata da rigidità e costanza; quella timida, associata al complesso di inferiorità; quella impulsiva, dominata dall'aggressività; quella, secondo Kretschemer, astenica, atletica e picnica (tipi grassi); quella, secondo H. Eysenk, introversa, stabile e instabile; quella creativa, che, secondo la Gestalt (Wertheimer), sa risolvere le situazioni-problema, o che, secondo Freud, sa farsi motivare da forze inconsce. Esiste, infine, la persona geniale, che è caratterizzata dalla capacità di saper vedere e leggere legami laddove tutti vedono solo segmenti di realtà.
La persona afferma se stessa conoscendo innanzitutto bene se stessa, fissandosi obiettivi compatibili con le proprie potenzialità, programmandosi le azioni, e prevedendo anche gli insuccessi, non fosse altro che per riaggiustare l'intero comportamento alla realtà.
Connesso strettamente al concetto di persona è quello di sviluppo, cioè di linea evolutiva del soggetto. Lo sviluppo è caratterizzato dai seguenti elementi: dai tratti (insieme di fattori innati e acquisiti), dalle abilità, dalla natura degli stimoli, dalla complessità delle reazioni. Nel concetto di sviluppo, quindi, vanno considerati fattori fisiologici, fattori psicologici, le variabili socio-culturali con le loro relative correlazioni. Questi vari elementi s'integrano fra di loro, perché si presentano sempre come interdipendenti. La crescita di una persona procede in direzione di una differenziazione sempre più specifica delle sue funzioni e nel perfezionamento continuo e costante di schemi, di azioni, di meccanismi e di sistemi interattivi. La maturità, allora, sarà il risultato dell'unità che si riesce a stabilire tra i fattori, cui si accennava poc'anzi. Possiamo porre le variabili dello sviluppo secondo questo continuum: l'attività (prima nella reazione agli stimoli, poi nella ricerca di nuovi stimoli), l'indipendenza dagli altri, l'azione specifica e differenziata, la ricerca di soluzione o di situazione alternativa, la tolleranza (intesa come atteggiamento problematico e critico), la piena coscienza del Sé (equivalente al principio di realtà) e il passaggio dal reale al possibile.
Quando uno sviluppo, allora, può ritenersi "normale"? Quando, usando un'immagine di K.Lorenz, nel "parlamento degli istinti" si riesce a creare un'armonia tale in base alla quale tutte le componenti della personalità crescono nella reciproca continua integrazione. C'è patologia, nella prospettiva di Jackson ed Ey, quando c'è un ritorno regressivo ai livelli inferiori. Una persona, quindi, può ritenersi matura, quando è inserita in una comunità nella sua totalità, non per il ruolo (la nicchia psicologica), che in essa riveste e da cui è riconosciuta, né tanto meno per lo stato socio-economico (la classe sociale), anche se questo indubbiamente contribuisce alla formazione dell'immagine del Sé. Analizziamo ora più da vicino alcuni dei fattori di cui si parlava prima.
a) Fattori costituzionali o genetici, cui è connessa l'idea di ereditarietà.
E' risaputo che molti dei nostri elementi vitali sono già programmati nel patrimonio genetico (così la statura, il colore degli occhi e dei capelli, ecc.). il comportamento di un gene, però, non è meccanicistico e assoluto. Esso molto dipende da un altro gene, dall'aberrazione cromosomica (da alterazioni cioè che avvengono durante la formazione dei gameti, spermatozoi e ovuli), dall'influenza dell'ambiente esterno, compreso quello umano. Basti pensare a quanto si sta facendo nei laboratori di ingegneria genetica. È indubbio che anche alcuni tratti della personalità in qualche maniera abbiano attinenza con l'apparato genetico e quindi con l'ereditarietà. Se non è stato ancora provato chimicamente come voleva Lombroso, lo è almeno dall'osservazione statistica dell'esperienza quotidiana. Per fare qualche esempio: da studi sui gemelli si sa che l'intelligenza è ereditabile al 25%; l'attitudine scolastica, secondo le ricerche di Jensen, lo è di meno; l'estroversione-introversione, la forza dell'Io e l'ansietà al 50%; i ritardi mentali al 55%. L'ereditabilità si presenta più modesta nella psicastenia, nello squilibrio psicopatico, nella schizofrenia, nell'impulsività, nella tendenza al talento musicale, nei gusti alimentari, nel linguaggio (dislessia, balbuzie), in qualche turba del sonno. È necessario che nell'intervento terapeutico si tenga ben presente tutto questo, perché avere la coscienza dei limiti significa stabilire una terapia che sia veramente adeguata alla realtà della persona malata.
b) Fattori ambientali
Abbiamo già accennato prima alla loro importanza. Li specifichiamo meglio ora, anche se in maniera necessariamente sintetica. Innanzitutto bisogna pensare all'influenza intrauterina. È risaputo che alterazioni ormonali, infezioni, i fattori nutritivi della madre influiscono sullo sviluppo del feto. Vi sono poi i traumi intracranici perinatali e post-natali, l'alimentazione nella sua qualità e quantità, le circostanze che creano stress, paure, aritmie nei sistemi ciclici (come, per esempio, nel sonno), la significatività e la costanza delle prestazioni affettive, le condizioni socio-culturali con la loro ricchezza o povertà di stimoli, il linguaggio con la sua complessità o povertà di strutturazione, le figure parentali con loro coerenza o incostanza comunicativa, la qualità delle tradizioni, il contesto liberante o soffocante della morale dominante, i mass-media con il potenziale stimolatorio o alienante.
Sta di fatto che con la crescita si costituiscono sempre nuove connessioni sinaptiche fra le cellule nervose, che poi funzioneranno a tempo debito. L'ambiente interviene per l'avvio o per la selezione di una funzione. Per quanto riguarda l'uomo l'ambiente può influire non solo sul comportamento istintivo (l'imprinting), ma anche su quello già programmato geneticamente (il pattern). Grazie alla plasticità del nostro cervello, l'ambiente non solo attiva parecchie combinazioni possibili già determinate dal programma genetico, stabilizzandole e quindi costruendole, ma addirittura dà loro istruzioni per meglio esplicitarsi e crea occasioni di nuove connessioni, forse anche non programmate.
Scrive a questo proposito J. Monod: "Rinunciare all'illusione che vede nell'anima una sostanza immateriale non è negarne l'esistenza, ma al contrario ricominciare a riconoscere la complessità, la ricchezza, l'insondabile profondità dell'eredità genetica e culturale come dell'esperienza personale, cosciente o no, che insieme costituiscono l'essere che noi siamo, unico e irrecusabile testimonianza di noi stessi".
Comunemente si ritiene che nell'uomo siano compresenti tre cervelli in uno: quello rettiliano (secondo l'espressione del neurofisiologo MacLean), formato dalla sostanza reticolare, dall'ipotalamo e dall'archeocorteccia (l'ipotalamo, è risaputo, è la sede di schemi comportamentali elementari come la fame, la sete, la sessualità e forse l'aggressività); quello detto "sistema limbico" (che presiede alla funzione olfattiva ad alcuni sistemi motori, alla regolamentazione del comportamento emotivo); quello della neocorteccia (che regola i processi della conoscenza, della simbolizzazione).
Si sa anche che questa complessità è ben integrata nelle sue strutture mediante i circuiti riverberanti o retroattivi, come si sa ancora che queste funzioni sono intercambiabili dato il carattere di vicinanza che ogni cellula esercita su di un'altra. Non siamo, quindi, di fronte a un computer con funzioni indelegabili e fisse, ma di fronte a una realtà molto complessa e soggetta a variabili, di cui per buona parte ignoriamo ancora leggi e procedimenti.
In tutto questo l'ambiente ha un ruolo di enorme importanza che esercita e di questo nel trattamento terapeutico bisogna tenere in debito e attento conto.
Se questi sono i fattori principali, che intervengono nello sviluppo, passo ora a esaminare gli stadi che questa crescita percorre. Li tratterò da un duplice punto di vista: quello psicodinamico e quello cognitivo.
Quello psicodinamico si rifà alla psicanalisi di Freud. Secondo questi l'energia fondamentale che guida e motiva il comportamento umano è la libido, intesa generalmente come principio del piacere o di vita. L'uomo come è fatto per dar corso alle sue pulsioni piacevoli, perché solo così può realizzare il suo bisogno di espansione vitale. Ciò che contrasta questo flusso energetico crea nevrosi con il quadro delle varie manifestazioni sintomatiche (principio di morte). L'Io si difende dalla fuoriuscita del vissuto negativo con i meccanismi di difesa, che hanno lo scopo di difendere dall'ansia e di bloccare l'inconscio; in realtà, però, si trasformano essi stessi, essendo inconsci, in occasioni di ansia. Tutti conoscono il nome di questi meccanismi: rimozione, proiezione, identificazione, negazione, formazioni reattive, ecc. L'inconscio però fa uscire lo stesso il vissuto, come si diceva sopra, tramite i segni, i lapsus, le dimenticanze e i motti di spirito. Il soggetto non se ne accorge, ma a un'osservazione attenta risulta chiaramente che ne è condizionato nei suoi comportamenti quotidiani. Il linguaggio dell'inconscio, per questo motivo, è mascherato, ricco di simbolizzazioni, frantumato nelle sue parti, leggibile a vari stati, apparentemente slegato nei frammenti che lascia venir fuori. La logica dell'inconscio segue le leggi della condensazione e dello spostamento, non procede cioè in maniera lineare e discorsiva. Con questa indiscutibile realtà bisogna oggi fare i propri conti. Ha ragione A. Ossicini quando afferma: "La rivoluzione copernicana che le scienze del profondo hanno portato nel nostro comune modo di pensare è che d'ora in poi bisogna fare i conti con l'inconscio, cioè con la paura di avere un demonio dentro di noi".
Freud ha illustrato cinque stadi, o fasi, nello sviluppo psicodinamico dell'individuo: lo stadio orale, quello anale, quello fallico, di latenza, genitale.
La fase orale si sviluppa nel primo anno di vita. L'oggetto è il seno materno, fonte di gratificazione e di integrazione emotiva. Quando lo sviluppo si fissa a questo periodo, bloccandosi nella sua evoluzione e quindi chiudendosi a qualunque rapporto con altri oggetti diversi dal capezzolo materno, si è allora nel caso della schizofrenia, che è quindi la più grave forma di regressione psichica. Nella tarda fase orale, quando cioè l'oralità si accompagna all'aggressività, se lo sviluppo vi si blocca, insorgono manie, depressioni, nevrosi impulsive e organiche, ipocondria.
La fase anale è caratterizzata dalla manipolazione del corpo, dalla primitiva manipolazione delle funzioni secretorie e di cose fino alle loro involontarie distruzioni. Se lo sviluppo si ferma qui, è il caso delle varie forme di preansia e di masochismo. Nella tarda fase anale, contraddistinta da una manipolazione più rafforzata del corpo e del controllo delle funzioni escretorie, se lo sviluppo si blocca a questa, è il caso delle nevrosi ossessive, del sadismo.
La fase fallica, che s'instaura sui 3-4 anni, è dominata dall'angoscia di castrazione e dello stabilirsi del complesso edipico. Se la persona si ferma nel suo sviluppo a questo stadio, è il caso dell'isteria e dell'omosessualità. Per superare quest'angoscia, l'individuo comincia a strutturare il primo embrione di Super-Io, di identificazione (non opposizione) con il padre potente.
Nella fase successiva, quella cioè di latenza, che va dai 5-6 anni agli 11-12 anni, scompare il complesso di Edipo, ristruttura il Super-Io (chi non ricorda l'obbedienza tipica di questa età?), si sviluppano i processi di simbolizzazione e desessualizzazione della realtà.
L'ultima fase è quella genitale, che inizia con la pubertà e si stabilizzerà poi con il tempo.
Oltre a questo schema di sviluppo psicodinamico, ne esistono anche altri, cui accenno soltanto.
Per Jung, per esempio, la linea è costituita da questa successione: sensazione → pensiero → sentimenti → intuizione. Di questi quattro, però, solo uno prevarrebbe nella vita.
Per R. Spitz, alla nascita il bambino è indifferenziato fino all'ottavo mese; a questo stadio si scopre l'oggetto totale (la crisi dell'ottavo mese).
Per O. Rank, alla base del processo di sviluppo c'è il trauma della nascita; in seguito ogni separazione sarà sempre vissuta come trauma.
Per Lacan l'inconscio è strutturato come linguaggio. L'uso di esso si acquista con la costituzione dell'Io. Importante è qui la teoria dello specchio, attraverso il quale si sviluppa il processo di identificazione; il bambino cioè fa propria l'immagine riflessa nello specchio. Se non riuscisse a farlo, saremmo nella psicosi.
Questo è il concetto di stadio di sviluppo secondo la psicodinamica.
Lo sviluppo, però, può essere studiato anche dal punto di vista cognitivo e qui non ci si può non rifare a Piaget. L'illustre epistemologo svizzero, biologo e psicologo, parte da questi concetti-base: l'organismo cresce seguendo un quadruplice processo: assimilazione, accomodamento interno, adattamento alla realtà. E ciò allo scopo di raggiungere sempre nuovi equilibri, che egli chiama "equilibrazioni maggioranti". Sicché lo sviluppo è un susseguirsi di equilibrazioni continue; così l'organismo si espande fino a quando non è più in grado di poter attivare questo processo. Trasferendo questo concetto sul piano dello sviluppo cognitivo, Piaget, conducendo interessanti e originali esperienze, ha distinto alcune tappe fondamentali:
- Il periodo senso-motorio (primi due anni di vita). È un periodo preverbale, caratterizzato dalle reazioni circolari primarie (ripetizione delle stesse azioni), dalla costanza dell'oggetto (verso la fine del secondo anno), dal coordinamento psico-motorio, dalla imitazione differita, dalle prime rappresentazioni.
- Il periodo preoperatorio (2-6 anni), caratterizzato dal ragionamento per transduzione (il particolare cioè al particolare), dalle prime forme di intuizione, dall'animismo e dall'artificialismo (ogni cosa è fatta da un altro).
- il periodo delle operazioni concrete (7-14 anni), che, pur se legato alle percezioni immediate, produce classificazioni, relazioni, numerazioni e quindi è reversibile, cioè il pensiero può ritornare indietro nei suoi processi.
- il periodo delle operazioni formali (14 anni in poi; si compie sui 18 anni). È il periodo del pensiero ipotetico-deduttivo, fondato sull'attività combinatoria, sulla analisi del possibile, sull'astrazione.
Queste, secondo Piaget, sono le principali tappe che si susseguono nello sviluppo del pensiero umano. Implicitamente chiunque avrà intuito che se qualcosa non funzione in qualcuno di questi meccanismi si originano comportamenti patologici. A modo esemplificativo ne elenco alcuni, distinguendoli in cinque gruppi: debilità mentale, turbe del linguaggio, turbe del comportamento, turbe sociali, turbe professionali.
La debilità mentale grave (con Q.I. fra 30-50) può essere causata da vari fattori, di cui alcuni organici (mongolismo, malformazione del cranio, disfunzione della tiroide, da danni recati al feto dalla rosolia e dalla toxoplasmosi, da anossie perinatali, da emorragie cerebrali, da meningiti, da encefaliti virali, da traumi cranici gravi) e altre psicologici (carenze di rapporti ambientali e gravi inibizioni affettive).
Le turbe del linguaggio - Oltre a quelle dipendenti da una patologia organica (emisfero sinistro), come l'afasia, esistono altre di natura funzionale come la dislalia, la disfasia. Alcune hanno una causa psichica come il mutismo emozionale e cronico (associata a sordità e da autismo). Esistono poi anche i ritardi linguistici e la povertà linguistica, davanti allo svantaggio culturale. Interessanti a questo proposito sono gli studi di Kegan e di Bernstein sul codice ristretto delle classi sociali più povere. Anche se il linguaggio, come sostiene Chomsky, fosse una struttura innata (forma del pensiero), ciò nondimeno il sistema di stimoli ambientali gioca il suo enorme peso nella sua costruzione e strutturazione.
Le turbe del comportamento (fughe, suicidi, bugie, furto, pigrizie varie, rifiuto della scuola, enuresi, anoressia mentale, limitabilità motoria, tic, balbuzie, ecc.) sono perlopiù riconducibili o a inadeguatezza nelle relazioni intra-familiari, o a errori pedagogici o a inibizioni affettive o a una cultura dominante priva o povera di stimoli di liberazione. Ha ragione la Rita Levi Montalcini quando associa all'idea di aggressività quella di gregarismo: è proprio dell'uomo-massa l'esercizio della delega con la conseguenza sul piano personale, della frustrazione e quindi aggressività.
Le turbe sociali (delinquenza, fughe e vagabondaggio, droga, delitti sessuali, prostituzione dei minori) sono poco riconducibili a fattori costituzionali (come i cromosomi 47xyy) o patologici (psicosi), ma molto a quelli ambientali (socio-economici, culturali, familiari), i modelli di società purtroppo sono nevrotizzanti e totalizzanti e quindi emarginanti le diversità. Molte volte,se non quasi sempre, a pagare sono i primi indifesi. Gli stessi mass-media, impoverendo la creatività della fantasia, quante volte non aprono spazi, tendenti a prospettare solo o prevalentemente violenze e negatività o, nel migliore dei casi, banalità.
Infine le malattie professionali, dovute a stress, a organizzazioni alienanti del lavoro, a produttività a scapito dell'identità, a sfruttamento esasperato dei bisogni. Quanti cardiopatici e quante forme nevrotiche si sviluppano nei posti di lavoro, laddove l'individuo non è più una persona, ma un ingranaggio, che deve esprimere solo efficienza. In una società tecnologicamente avanzata, se non si affronta il grosso problema del ruolo del lavoratore nell'impresa, si rischia di produrre una distruzione dell'umanità fisica oltre che psicologica. Medici e psicologi non si dovrebbero vendere alle aziende per trenta denari; il loro codice deontologico dice che, prima di ogni cosa, bisogna difendere la vita, specie quella dei più minacciati. A questo punto non si può sottacere il problema ecologico. L'uomo di oggi sta insensatamente distruggendo l'ambiente naturale, creando un profondo squilibrio nell'ecosistema, del quale tutti facciamo parte. La cronobiologia insegna che molto dipende dalla conservazione di questo equilibrio. La natura, se salvata, offre stimoli meravigliosi alla sopravvivenza e alla salvaguardia della serenità interiore. Chi di noi non si ritempra sul piano psicofisico davanti a una panoramica incantevole?
L'uomo ha un urgente bisogno di fare pace con la natura circostante; è necessario che ponga in atto tutti i mezzi a sua disposizione per ripulire l'ambiente e non depredarlo ulteriormente, come anche si rende indispensabile un maggior controllo nelle sofisticazioni alimentari e una maggiore sicurezza nello sfruttamento delle fonti energetiche. Il problema è di salvare la vita e di porla nelle migliori condizioni di sviluppo; l'uomo è un anello dipendente da questa catena. Non lo si dimentichi.
Venendo alla conclusione, c'è da dire che lo sviluppo umano nella linea dell'espansione della persona è un impegno che dovrebbe stare al cuore di tutti (medici, psicologi, operatori sanitari e scolastici, genitori, politici). Se si lotta a rendere un po' più intelligente il lavoro di informazione presso le famiglie, se i mass-media interpretassero meglio certe domande della gente, se i politici rivedessero alla luce di una più saggia coerenza i loro parametri culturali e comportamentali, se l'individuo riuscisse a prendere coscienza delle enormi potenzialità che in loro si nascondono, forse l'umanità del duemila potrebbe riscrivere una pagina diversa di storia. L'individuo ha bisogno di interagire con il proprio ambiente; se quest'ultimo è malato, è compito della persona che ha capito tutto questo fare in modo che con la propria presenza critica e creativa qualcosa cambi, senza compromessi e senza patteggiamenti in quanto alla propria identità. Mi pare che il mondo di oggi ha un urgente bisogno di queste persone coraggiose.








 

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