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La vita è un sogno? PDF Stampa E-mail
In una delle sue opere teatrali più famose Pedro Calderón De La Barca a questa domanda aveva risposto in maniera affermativa. In realtà non si sa cosa volesse veramente intendere. Che il tempo fugga e per ciascuno si spenga inesorabilmente è una semplice constatazione. Che il sogno faccia parte di un'esperienza biologica (sonno REM), di una contemplazione diurna a occhi aperti o di una progettualità a lungo vagheggiata come un desiderio della mente, della fantasia e della emotività è una presa d'atto anche questa. In concreto, però, si può dire che la vita sia solo un sogno destinato a frantumarsi e poi a morire nel nulla delle cose pensate, cullate e infine andate irrimediabilmente perdute con relative frustranti e brucianti delusioni? Cosa è il sogno? Cosa è il vivere?
A questi tre interrogativi comincio con il provare ad abbozzare una risposta al terzo.

Il vivere
Il filosofo Aristotele aveva identificato l'elemento essenziale della vita non tanto nella capacità di riprodursi quanto nel movimento. Ovviamente questa è una visione limitativa del fenomeno o almeno troppo generica. Ci può essere un movimento esterno senza segni di vitalità, ma anche uno soltanto interno come fortemente indicativo e significativo di una vivace dinamica esistenziale (es. il pensare). Dunque il vivere è una esperienza molto complessa che non si può banalizzare riducendola a una meccanica esecuzione di alcune funzioni, che, pur importanti sul piano biologico quando si è ancora inseriti nelle coordinate spazio-tempo, non sono, però, quelle che denotano la sostanza del vivere. Naturalmente qui sto riferendomi a quello configurato dalla condizione umana individuale.
Come prima cosa è da dire subito che il vivere è principalmente e soprattutto "essere" e conseguentemente "esserci", cioè il contrario del nulla e l'opposto della immobilità relazionale. Vivere è esistere, assumere cioè in pieno le sue connotazioni che potrebbero essere sintetizzate nelle seguenti: coscienza vigile, mente aperta anche ai dettagli, assunzione di regole che accompagnino il rispetto del limite, un'etica e una fede che illuminino e riscaldino il monotono grigiore del quotidiano, la ricerca e la pratica di un "senso" che dia un significato valido all'incessante fluire del tempo, un amore-dono che faccia tutti crescere nella stabilità della pace e della serenità, un aiuto generoso che allevii le ombre e le ferite del dolore e assicuri tutti che non si è soli, un sorriso e una carezza che rievochino il calore di un affetto, una seria progettualità tesa a promuovere veramente l'autorealizzazione e il bene comune, un costante sforzo di conoscenza di ciò che ci circonda, insomma acquisire ogni giorno sempre di più la chiara consapevolezza del Sé, della posizione del proprio essere e del proprio responsabile ruolo nel mondo, dell'assoluta necessità di evolversi verso stadi sempre superiori di esistenza, dell'apertura anche a ciò che all'apparenza sembra invisibile, della continua e sincera indagine nel trovare una risposta ai tanti interrogativi che attorno si levano. Tutto questo vuol dire vivere e non dormire o, peggio, lasciarsi trascinare dagli eventi con la constatazione alla fine che si è consumato il regalo del tempo come se non si fosse realmente mai vissuti.

Il sogno
Si sa che fisiologicamente il sogno ha il compito di assolvere la duplice funzione di rielaborare il vissuto passato e recente del soggetto e, sotto certi aspetti, di disintossicare il sistema nervoso, liberandolo da quell'accumulo inutile e spesso dannoso di informazioni-spazzatura che certamente non giovano al benessere e all'equilibrio della persona. Un sonno senza sogno non è normale, perché quest'ultimo costituisce come una valvola di sfogo per ciò che dentro preme e questo avviene tre-quattro volte per notte alla distanza di due-tre ore e dura in media un quarto d'ora circa. Simili tre cicli di sogni sembrano essere come legati fra di loro in un continuum spazio-temporale e talora possono alludere o addirittura prefigurare eventi comunemente considerati "strani" che poi puntualmente si verificano (sogni premonitori). Questi ultimi saranno espressione di paure, di presentimenti, di preoccupazioni, di attese temute o di qualcosa d'altro, come, per esempio, un libero passaggio di input fra dimensioni parallele di vita o di coscienze, non si sa con certezza: una ipotesi del genere, comunque, in una concezione olistica della realtà fondata sulla interazione informativa fra vari sistemi o piani di esistenza, non andrebbe né ignorata né tantomeno scartata.
I contenuti dei sogni sono quanto mai variegati, perché il mondo onirico, come generato da fantasmi creativi, è popolato da numerosissime immagini sfuggenti e impalpabili, talora mai viste prima, e sono regolati, come hanno ben spiegato Freud e Jung, da alcune leggi aventi tutte lo scopo di far emergere quanto di più profondo e complicato si muove e si agita all'interno della psiche umana (condensazione, spostamenti, proiezioni, archetipi, ecc.). Il grande regista Federico Fellini ogni mattina, al risveglio, era solito appuntare su un taccuino le visioni avute nei suoi sogni notturni e lavorando su di esse riuscì a creare alcuni dei suoi più memorabili capolavori. E come lui tanti musicisti, scrittori e scienziati.
Fra tutti i sogni, forse quelli più vividi e ritenuti come verosimili sono costituiti dagli ultimi prima del totale risveglio, quando cioè gli elementi cosiddetti ipnagogici sembrano come confondersi con la realtà: in verità sono tali principalmente per il fatto che il soggetto sta per riprendere il suo contatto con lo spazio-tempo e con le interferenze implicate dallo stesso e ciò che sfugge a quest'ultimo tende a essere dimenticato, e in questi casi evidentemente non è così.
Oltre a questa particolare tipologia di sogni che fa riferimento allo strumento fisiologico del cervello, ce n'è un'altra formata dai cosiddetti "sogni a occhi aperti". E questi sono le nostre fantasie, i nostri slanci poetici e romantici, le proiezioni su altri dei nostri pensieri, i desideri che si intenderebbero realizzare, le varie visioni di vita colorate di entusiastico ottimismo, le aspirazioni che non sempre tengono ben conto della realtà, le potenti emozioni dell'animo e quant'altro che in qualche maniera spinge la mente a fuoriuscire per un momento dall'angusta barriera del visibile. Questi ultimi caratterizzano e attraversano soprattutto l'età dell'adolescenza e della giovinezza e interessano prevalentemente i soggetti femminili (in questi tempi, forse, di meno!) e qualche elemento maschile più dotato di raffinata sensibilità. Con il passare degli anni e in conseguenza del continuo, e spesso duro, confronto con il vivere questa tipologia di sogni, però, tende quasi sempre a ridimensionarsi e poi a venir meno, riportando la persona alla sua nuda e spesso cruda e grigia realtà del quotidiano: non a caso in molti anziani, o in chi è stato colpito da un grave lutto, serpeggia strisciante come una inconscia e quasi rassegnata sensazione di sfiducia e di stanchezza e quindi, pur avvertendo un attaccamento alle cose, una voglia non detta di rinuncia e di andarsene, tanto, ripetono, a cosa serve essere ancora attori in questo misero teatro della finzione e spesso di una vera e propria tragicommedia? Indirettamente tutto ciò fa richiamo a un immenso bisogno d'eterno e d'infinito. Certamente questi sogni a occhi aperti aiutano a vivere, perché comunicano e forniscono energia, come l'amore e l'amicizia: se non ci fossero, verrebbe a mancare la forza della speranza e il baratro della depressione sarebbe sempre in agguato. Quest'ultimo aspetto, purtroppo, unito a un'assenza di fede in un qualcosa, sta denotando buona parte dei comportamenti delle nuove generazioni. Se questi sogni servono, allora, a progettare un mondo diverso e migliore del presente, ben vengano: il futuro, del resto, è di quelli che hanno il coraggio di sognarlo e di tradurlo poi faticosamente e pazientemente nelle scelte concrete che contribuiscono a determinare i cambiamenti della storia. È proprio grazie ai coraggiosi che, forse, il mondo sta oggi ancora in piedi! Martin Luther King e Madre Teresa di Calcutta ne sono un esempio e una riprova.

La vita è un sogno?
Io penso che, precisato quanto detto sopra, il vivere debba essere permeato da sogni, che sappiano, però, coniugarsi con la concretezza delle domande e delle soluzioni da dare ai problemi di ogni giorno. Il fatto è che l'esperienza quotidiana insegna che il tempo a livello di percezione psicologica prima sembra trascorrere lento (infanzia), poi tumultuoso (giovinezza), alla fine assume una tale velocità che appare inarrestabile (età adulta e avanzata). Gli eventi si presentano come avessero internamente la spinta a cancellarsi rapidamente dallo schermo del vivere, trasformando in brevi momenti gli ultimi istanti vitali come per avvertire che l'esperienza terrena è ormai giunta al suo epilogo: è il metaforico capostazione che sta indicando con la mano che il treno è pronto sul binario e bisogna partire e questo allo scopo di lasciare spazio e tempo a chi ancora rimane e così di seguito ciclicamente. In tal modo si ha l'impressione che la vita sia stata come un evanescente e celere sogno che travolge tutto, condensando tempi e luoghi, tanto da far chiedere spesso: ma veramente è accaduto quello che è registrato nei nostri ricordi? Non si è, per caso, il contenuto temporale di un sogno fatto da un altro essere magari situato e abitante al di fuori e al di là delle attuali apparenze? Legittime sono le domande, ma altrettanto aggrovigliato e misterioso è il tentativo di una eventuale risposta!
Per stare, comunque, sul piano del circoscritto reale e non dell'illusoria utopia e per quanto ci è possibile capire, io credo, ma è una mia ipotesi, che il vivere sia una miscela molto fluida, magmatica e sovente anche contraddittoria di fatti concreti e di vuoti improvvisi, di un passivo e pigro lasciarsi andare allo scorrere delle ore e di necessari shock per prendere coscienza di ciò che si è e si fa, di attimi fuggenti da imparare a saper cogliere e di silenzi inquietanti da riempire, di sogno di possibili progetti futuri (ma spesso irrealizzabili) e di intensa attenzione a fruire intelligentemente del presente, insomma dell'"essere" e dell' "esserci" a raccontare e a scrivere la propria storia e di segno di un'assenza il cui terreno è spesso occupato da altri. Quante volte si è portati a riflettere e a concludere: tutto è passato come fosse un sogno, sembra essere stato tutto un sogno! Ma allora cosa è realmente il vivere? Un inganno, uno scacco, una sfida o un assaggio, anche se talora oggi amaro, di Altro? È certamente un po' di tutto questo, ma anche e soprattutto un dovere a percorrere con più lucidità la propria strada nella ricerca della personale identità e verità, nella prospettiva di trasformare se stesso in una traccia stimolante per sé e per quelli che compariranno sulla scena passeggera di questo mondo, insomma una opportunità unica e irripetibile per la quale vale la pena spendersi in vista di un Qualcosa di più prezioso che mai muore. Se non si riesce a capire ciò e soprattutto a non agire di conseguenza, allora avrebbe ragione Calderón De La Barca: si è nati a essere una potenziale e splendida luce chiamata a illuminare e donare vita alle oscurità e invece insensatamente e con fin troppa frequenza questa si estingue e si perde per finire poi risucchiata nella spirale di un buco nero che tutto polverizza nel suo sgradevole e ingordo squallore!
(Da Il Giornale dei Misteri, dicembre 2007)
 

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