Antonio Irmici è nato a S. Severo (Via S.
Onofrio, 30) il 20 dicembre 1845 da Francesco Paolo e da Maria Giuseppa
d'Angelo ed è morto a S. Severo (Via Trionfo. 16) il 28 febbraio 1927. Ricoprì
per anni l'incarico di Segretario dell'Arciconfraternita del Rosario (Celestini) e della Confraternita di S.
Croce (Croce Santa) e fu da sempre presente nella vita della Chiesa del
Carmine, contribuendo non poco al suo abbellimento e al suo decoro: dall'età di
15 anni cominciò a frequentarla come organista.
Padre esemplare di cinque figli (il can. don Vincenzo, Luigi, padre
dell'ex-Commissario Vescovile Aldo e dell'ex-Priore Delio nonché Segretario per
circa 30 anni dell'Arciconfraternita del Carmine, Elia, il pittore, Giuseppina
eTeresina), fu un uomo molto attento allo sviluppo di una religiosità
autentica, fatta più che di sentimentalismo, di azioni-testimonianza,
rendendosi lucido interprete dei bisogni dei più poveri e promotore
instancabile di iniziative ammirevoli e coraggiose per quei tempi, come la Pia
Opera del Pane dei poveri di S. Antonio, Santo del Quale era devotissimo:
questo fu un suo modo per accostarsi e solidarizzare con la sofferenza dei più
umili, allora più che mai soggetti agli egoismi padronali. I giornali del tempo
lo ricordano come uomo serio, cittadino integerrimo, cristiano aperto e mai
bigotto, studioso sensibile al recupero e alla salvezza della memoria storica.
Di lui si ricordano vari scritti perlopiù inediti: Il pane di S. Antonio da
Padova (Morrico, S. Severo 1896), La Madonna della Pietà di S. Severo ( in
"Ape Cattolica", S. Severo 13.12.1900), Notizie sull'origine e
progresso della Venerabile Arci- confraternita del SS. Rosario in San Severo
pel segretario Antonio Irmici (manoscritto in 2 volumi del 1905), Brevi notizie
sulla Chiesa e Confraternita di Maria SS.ma delle Grazie e del SS. Crocifisso
in San Severo (manoscritto del 1909), Brevi cenni sulla Arciconfraternita
dell'Orazione e Morte di N.S.G.C, (manoscritto del 1912), Notizie intorno la
Chiesa ed Arciconfraternita della SS.ma Vergine del Soccorso in San Severo
(manoscritto del 1912), Notizie riguardanti la Chiesa e la Confraternita di S.
Croce (manoscritto del 1913), Notizie sulla Chiesa e l'Arciconfraternita del
Carmine (manoscritto andato perduto), Notizie sulla Chiesa di S. Nicola
(manoscritto del ?), Vocabolario dialettale (andato perduto), vari appunti
sparsi su fogli e in parte ancora conservati nell'Archivio
dell'Arciconfraternita del Carmine. Il materiale rimastoci è notevole per la
mole di informazioni che offre.
L' Irmici non sarà stato uno storico di
professione, ma uomo colto sì, se quello che scrive è generalmente sempre ben
documentato nelle sue fonti: non si dimentichi che si era alla fine dell"800 e agli inizi del
'900, quando j cioè la critica storica non aveva ancora fatto grandi passi.
Ciò, però, nulla o ben poco toglie : alla precisione e alla vivacità
del suo scrivere.
Oltreché cultore di storia
locale, Antonio Irmici fu anche un eccellente musicista: fra le sue
composizioni si annoverano molti canti sacri e soprattutto le Messe
polifoniche, che poi venivano eseguite dalla Schola Cantorum della Chiesa.
Tutta la vita di quest'uomo,
dunque, fu caratterizzata da un'assidua laboriosità. Non meraviglia, allora, se
ai suoi funerali la sua scomparsa, come annotava "L'Ordine", "fu
un cordoglio generale... La Chiesa del Carmine vide accolto ammiratori, che ne
tributava lode... Seppe perdonare, e guadagnarsi anche l'affetto dei suoi
nemici e la sua memoria sarà sempre benedetta". Al corteo funebre parteciparono
il Capitolo Cattedrale, il clero parrocchiale, tutti i sacerdoti
della Città, le rappresentanze delle Confraternite e dei Circoli Cattolici
"Don Bosco", "Mario Chiri" e "Federico Ozanam".
Fra questi gruppi si distinse l'Arcinconfraternita del Carmine, che gli volle
tributare grande riconoscenza con una Messa Solenne "praesente
cadavere", cantata dalla Schola Cantorum della Chiesa del Carmine. Il
discorso funebre fu tenuto dal dr. Recca (padre del futuro Deputato alla
Costituente Raffaele) e dal l rag. Giuseppe Fasino.
Uomini di questo genere non
devono morire nella memoria e nella coscienza di un popolo, perché si pongono,
pur con i limiti e la modestia imposti dai loro tempi, come stimolo di crescita
in umanità per le nuove generazioni.
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