Elvira
Azzeruoli (S.Paolo di Civitate 1875-San Severo 1963) è stata una delle
educatrici più luminose, più attente e con maggiore affetto ricordate nel
tempo. Dopo un'infanzia non certo felice, trasferitasi a San Severo, fu prima
accolta in casa Prinari, poi si stabilì definitivamente presso la famiglia Moffa, dove, come ricorda Alfonso Moffa, "fu tenuta come figlia, sorella e madre".
D'intelligenza acuta e aperta, l'Azzeruoli giovanissima si diplomò maestra elementare e subito dopo, presso l'Università di Napoli, si laureò in Lingua e Letteratura Francese.
Per trentacinque anni
insegnò presso le Scuole Elementari e Francese presso quelle Tecniche,
riscuotendo stima, affetto e riconoscenza da parte di tutti. Piccolina di statura, ma grande di cuore, l'Azzeruoli
seppe ripagare con l'amore quello che la vita non riuscì a donarle.
Per questo fu molto aperta alla socialità,
specie a quella più
attraversata dalla sofferenza : tanti la ricordano come Dama di Carità,
Terziaria Francescana e soprattutto
come fondatrice a San Severo dell'Associazione Ciechi, una donna tutta dedita a promuovere attorno a sé un po'
di speranza. Il 10.09.1931 le fu conferita la Medaglia d'Argento "in
riconoscimento dell'opera particolarmente zelante ed efficace a vantaggio
dell'istruzione primaria e dell'educazione infantile".
Oltre al ben noto libretto sulla storia e il
folklore di San Severo, fonte per molti di preziosi dati per le loro ricerche
storiche, l'Azzeruoli lasciò alcune pagine manoscritte intitolate "Ricordi" di collegio-Vigilia di Natale
- 1894" e un volumetto non datato "Pagine vissute", stampato
a Napoli da una "Tipografia Moderna" ai Pellegrini.
Al di là del valore storico o letterario di queste
opere, che pure è notevole, resta il fatto della testimonianza coraggiosa di
una donna, che, nonostante un'esperienza infantile scritta nel dolore, ha
saputo reagire con grande senso di dignità e, io aggiungerei, di maturità
interiore, trasformandola da semplice "maestra elementare" in "maestra
di vita" : questo non è poco in
un mondo in cui la vita non ha più "maestri"
ma prevalentemente marionette. Ma tant'è, ognuno lascia la traccia di quello che è.
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