Negli
ultimi anni la personalità di I. Bergman è venuta imponendosi in modo
particolare, quasi clamoroso, se si considera l'attenzione di cui il regista
svedese gode sia presso la critica che presso il pubblico.
Bergman,
nato a Stoccolma nel 1918 da un pastore protestante, iniziò la sua carriera
come regista al Teatro Reale di Stoccolma. E' del 1944 la stesura della prima
sceneggiatura per un film,
precisamente per Hets (Spasimo) e al 1945 risale Krisis, il suo primo film.
Dal 1950 al 1955 il regista cerca di chiarire a se stesso, prima che al
pubblico, le idee direttrici della sua tematica, in bilico ancora tra la satira
e l'ansia verso il trascendente. Ma alla fine quest'ultima finisce per prevalere. Abbiamo allora tutto
un susseguirsi di films, che denotano in lui una grande qualità, quella di
analizzare con acutezza il profondo dell'animo umano. Basti pensare a "Il
settimo sigillo" (1957), "Il posto delle fragole" 1958), "Il volto" (1959), "La fontana
della Vergine" (1960), "Come in uno specchio" (1961), "Luci
d'inverno" (1962), e "Il silenzio" (1963).
Indubbiamente
al critico, che osserva con attenzione queste opere d'arte cinematografica, non
può sfuggire di fare un accostamento col grande regista danese Dreyer. Ambedue
portano sullo schermo le idee che riflettono particolari correnti artistiche e
letterarie tipiche di quei paesi nordici.
Kierkegard,
Proust, Jojce, Kafka fanno sentire il loro influsso di pensatori inquieti
sull'animo degli intellettuali nordici. Un certo benessere economico, una
concezione ambientale paganeggiante di vita, porta certo al pericolo d'una materializzazione
della propria esistenza, per cui, in chi avverte impellenti le esigenze
superiori di una spiritualità, viene a provocarsi uno stato di ribellione, un
senso di solitudine e di noia della vita stessa.
A
questa problematica, sembra che Bergman ancora non offra una chiara soluzione.
Di qui un continuo affannarsi del regista per trovare una via di sblocco al
pensoso travaglio interiore che pervade la coscienza degli uomini moderni.
Isacco, l'interprete principale
del film " Il posto delle fragole », è l'esempio tipico d'un uomo, che ha
condotto la sua vita in un isolamento e in una solitudine direi quasi
egoistica, e un passo ancora manca alla disperazione e al suicidio.
In "Luci d'inverno", per
Bergman sembra che neanche Dio risponda al silenzio implorante dei personaggi.
In tale primo stadio di ricerca potrebbe essere applicabile anche a lui la
confessione di Thomas Wolfe: « Il mio sentimento della vita si fonda sulla
salda persuasione che la solitudine non è per nulla qualcosa di raro o> di'
singolare, qualcosa di peculiare solo a me e pochi altri uomini solitari, ma
il fatto ineluttabile centra dell'esistenza umana». E; una confessione
pessimistica che non lascia adito a uno spiraglio di speranza.
Non vogliamo pensare che Bergman si fermi a questa conclusione. Un
senso di superamento incipiente della solitudine già lo troviamo accennato nel
film suindicato "Il posto delle fragole", quando Isacco cerca di disgelare i
suoi rapporti con il prossimo e con la vita, mediante un maggiore interessamento
umano ai suoi problemi, mediante una maggiore apertura sul divino.
Concludendo ci auguriamo
vivamente che Bergman possa trovare alla fine quella luce rischiaratrice, che
dà un senso all'esistenza, quella fede, che, al dire di
Kierkegaard "è la nostra vittoria sul mondo, anzi noi
facciamo più che vincere ».
Bergman è moro il 30 luglio
2007.
(Questo articolo risale
al 1967)
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