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In ricordo di Maria Vittoria Venturo-Lamedica PDF Stampa E-mail
E' un dovere della memoria, oltre che del cuore , ricordare le anime di quelli che hanno lasciato di sé una traccia nella storia di una comunità. Una di queste è la professoressa Maria Vittoria Venturo-Lamedica, una persona ricca di variegati interessi intellettuali, di una vasta cultura classica e storica , di una raffinata capacità di lavorare sapientemente la parola parlata e renderla evocatrice di pensieri, di affetti e di emozioni, ma soprattutto di una profonda, generosa e delicata umanità. Contrariamente a quanto afferma un proverbio russo ("La luna brilla, ma non riscalda") Lei continua a illuminare, riscaldando la coscienza di tanti.

Della Signora Lamedica avevo letto lo studio che nel 1969 pubblicò, presso la Laurenziana di Napoli, sul Poeta del Tavoliere Umberto Fraccacreta e ne avevo sentito parlare bene già dagli anni '60, quando m'intrattenevo in colloquio con don Peppino Stoico, col Preside Zuppa, con il prof. Fini e con il Preside Rorò De Rogatis. Fu, però, solo in occasione degli esami di Stato del 1988 , quando fui nominato Commissario di Italiano al Liceo "Tondi" e la Signora Lamedica era membro interno per la sua classe, che ebbi modo di conoscerla bene e di apprezzarne le doti di studiosa e di educatrice che sapeva difendere con efficacia i propri alunni. Tutte le volte che in seguito c'incontravamo, mi ricordava sempre quella felice esperienza.

Da quel momento il dialogo fraterno con la Signora Lamedica si sviluppò nel tempo in tante circostanze: agli incontri culturali a "Lo Scrigno", all'Istituto Magistrale per la Commissione del "Premio Fraccacreta", nella partecipazione alle eccellenti sue letture di Autori classici e soprattutto nell'occasione della presentazione a S. Paolo di Civitate della mia raccolta di poesie "La mia terra" (31.01.1998), della quale, peraltro, ebbi il piacere e l'onore di avere una sua Prefazione. Fu una serata indimenticabile: davanti a un numeroso pubblico e alle principali autorità provinciali la Signora Lamedica con la sua relazione ufficiale e la relativa lettura di alcune liriche impressionò enormemente in positivo i presenti. In quella circostanza volle farmi la sorpresa di far declamare una lirica anche al mio bambino Stefano, amico del suo nipotino Giuseppe (allora frequentava la IV elementare). Lo addestrò rapidamente raccomandandogli, da consumato e naturale talento della dizione: "Devi leggere lentamente, fermarti con una pausa alle virgole e ai punti e soprattutto metterci il cuore dentro le parole di tuo papà". L'insegnamento fu subito recepito dal bambino, che in quel momento si mostrò un ottimo allievo della Signora se la sua lettura commosse tutti. Questa era anche la Signora Lamedica. Di Lei si potrebbe dire con il poeta polacco Leopold Staff:

"E il verso sbocciato dalla corda percossa
Diviene, assumendo ritmo e tono,
Chiaro come uno sguardo negli occhi
E semplice come il porgere la mano"
(Ars poetica)

Quando era ancora in vita, ma già sofferente, ebbi modo di andarla a trovare a casa. Parlammo di fede, del senso del vivere, della comune preoccupazione sul futuro dei giovani, di Dio. Lei manifestò sempre intensa e cristiana serenità. Volli farle l'omaggio di un mio articolo sulla sua personalità, apparso su La Gazzetta di San Severo del 10.10.1998. Ne fu felice.
Poi gli eventi precipitarono e il 26.12.1998 ritornò nel Luogo delle anime giuste. In quel periodo, insieme a Lei, scomparvero anche tanti altri cari amici. E' andata, come liricamente scriveva il poeta e narratore russo Boris Pasternak

".. .a tuffarsi nell'ignoto
e nascondere in esso i propri passi,
come si nasconde nella nebbia
un luogo, quando vi discende il buio.
Altri, seguendo le tue vive orme,
faranno la tua strada a palmo a palmo"
(Essere rinomati...)

Di Lei conservo il ricordo di una persona squisita, colta, elegante traduttrice in latino di alcune poesie di Montale (apparse sul primo numero dei Quaderni del Magistrale di San Severo), avida di conoscenza, materna, di una nobiltà d'animo, di cui è difficile trovare oggi tracce significative. La memoria di queste persone, quindi anche della Signora Lamedica, nonostante la diffusa superficialità e uno smodato rampantismo strisciante nel tessuto di questi nostri tempi, non muore e non morirà facilmente nei cuori. Dice Seneca nel "De benefìciis" (1,2-3): "Nemo beneficia in calendario scribit" (Nessuno scrive i benefici sul calendario). La testimonianza di questa serata, invece, è un segno modesto e affettuoso ma eloquente che sulla pagina del romanzo della vita abbiamo inserito, con riconoscenza, anche il nome di Maria Vittoria Venturo-Lamedica.

(Commemorazione tenuta a San Severo, nella Chiesa di S.Antonio Abate, 20.02.2000),

 

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