Nel prossimo giugno ricorrerà il dodicesimo anniversario della scomparsa del prof. Generoso De Rogatis, la cui figura di uomo, di studioso e di artista già è stata ricordata dai proff. Nino Casiglio, Antonio Ceci, Michele Zuppa da altri e dal sottoscritto nel Convegno del 26-1-1989, organizzato dal Comune di S. Severo-Assessorato alla Cultura e dall'Associazione "Lo Scrigno", moderatore della serata il Direttore del nostro giornale, il dr. Desio Cristalli.
Ritorno ora di nuovo su De Rogatis, perché certi uomini non solo meritano un frequente e grato ricordo per il lustro che hanno saputo dare alla propria comunità, ma anche e soprattutto perché le nuove generazioni possano ricevere da quelli che non ci sono più lo stimolo al rigore dell'analisi, all'attenzione verso l'interlocutore, all'elasticità metodologica, alla coerenza e fedeltà verso se stessi.
Generoso De Rogatis, Rorò per gli amici, era nato nel 1926. Per molti anni è stato Ordinario di Lettere presso il nostro Liceo Classico e poi Preside in quello di Torremaggiore. Forgiatore illuminato di coscienze e di menti, sempre disponibile, cordiale e fraterno con chiunque avesse voluto instaurare un processo comunicativo di sostanza, Rorò era profondamente un uomo di ricerca culturale, un fine cultore di estetica artistica e un acuto e intelligente indagatore delle interne strutture che legano i movimenti del pensiero e le sue forme espressive. Ben noti e apprezzati sono i suoi studi critici su Plauto (Pseu-dolus), Tasso (Aminta), Goldoni (La famiglia dell'antiquario), De Filippo (Contratto) e su Casiglio (Il Conservatore). Crociano per formazione, e forse anche per tendenza, non disdegnò l'apertura ad altre letture del testo letterario, specie a quelle suggerite dalla Critica stilistica. In tal modo le sue analisi si dispiegavano in raffinate quanto documentate rivisitazioni dell'opera d'arte tali da far pensare non al critico-patologo sul corpo dell'Autore ma all'artista che affonda i suoi occhi nel cuore di un altro artista, pervenendo così a una sintesi, che restituiva l'Autore alla sua genuinità.
Il nuovo approdo della sua ricerca estetica fu la simbiosi fra stile e contenuto, fra il detto cioè e la veste del detto, come a dire la bellezza, secondo lui, aveva bisogno della sua degna collocazione per essere ammirata come tale.
Rorò, però, non è stato soltanto il cultore della parola, questa potente arma che distrugge e crea, condanna e salva, è stato anche compositore di immagini, cioè pittore della natura, colui che ha dato corpo in linee e forme visive al pensiero, al mondo onirico, alla storia ancestrale della nostra terra e dei suoi protagonisti, come i contadini, i vecchi, le case nel loro indefinito silenzio, dove il mutismo delle figure maschera un disperato bisogno d'infinito, di luminoso, di eternamente significativo. Sue mostre di pittura sono ricordate a Firenze e S. Severo (1975); inclusi nel Catalogo d'Arte Bolaffi 1975, ne L'Eco della Critica (1975-76) e nel Catalogo Brunellesco (1975); molti suoi quadri sono in Francia, Svizzera e Germania.
Rorò è stato anche un uomo impegnato sul versante specifico del sociale per aver militato nelle file del PSDI prima e del PSI poi, oltre che per essere stato per alcuni anni membro del Consiglio di Amministrazione del nostro Ospedale.
Soprattutto io amo ricordarlo, oltre che per la splendida Prefazione al mio libro “Alla ricerca dell’Infinito”, soprattutto come una persona squisita, brillante, entusiasta dei progetti belli e puliti, profondamente sensibile alle domande che salivano dal mondo dei deboli e alle curiosità derivanti dall'incalzare del nuovo, ma sempre e comunque un uomo equilibrato nel giudizio definitivo da dare su una cosa. Rorò è stato un protagonista silenzioso ma incisivo
(Da Il Giornale di San Severo, 27 gennaio 1991)
|