È l'ipotesi avanzata da alcuni
studiosi. Parte dal presupposto che tutto ciò che il cervello elabora, formula
ed emette (onde sonore e visive) non si distrugge, ma si conserva, si trasforma
(in che modo e in che cosa?) e, quindi, almeno teoricamente, sarebbe recuperabile
e registrabile. Lo stesso dovrebbe accadere per i defunti. Qualcosa di essi
verrebbe conservato in una sorta di "memoria cosmica" (che potrebbe così
spiegare l'esperienza soggettiva, sotto ipnosi, di reincarnazione, come interferenza cioè del cervello del
vivente con frammenti di questa "memoria"), come elemento vagante pronto a
essere captato con opportune strumentazioni elettroniche. C. Kölher le
definisce "relitti di individualità umane, frammenti di coscienza umana
dispersa", Jordan "risonanze psichiche
di defunti" e William James (professore all'Università di Harvard) "serbatoio
cosmico". Colui, però, che ha esaminato con maggiore attenzione questa
prospettiva è stato il Padre Benedettino (di Venezia) Alfredo Pellegrino
Ernetti. Secondo questo studioso le "voci" non sarebbero né espressioni
dell'inconscio né testimonianza di una presenza da parte di Entità
ultraterrene, ma solo forme o particelle di nuclei di personalità ormai
scomparse, ma conservate nel deposito della "memoria cosmica". Allo scopo il
P.Ernetti ideò e costruì una macchina, che chiamò "fotografia del tempo" o
"Cronovisore". Con essa negli anni '70 lo studioso, stando alla sua
testimonianza, sarebbe riuscito a
registrare suoni e immagini di una tragedia rappresentata nel 169 a.C.: era il
Tieste di Ennio, opera perduta e della quale si conosceva solo il titolo. Il
"Cronovisore", stando a come riferiscono alcuni testimoni, ora sarebbe allo studio in alcuni Paesi e,
per ovvi motivi di sicurezza (militare, politica e industriale), oltre che per
il grave rischio che il suo uso comporta, il suo funzionamento (a raggi laser?)
è tenuto sotto stretto segreto.
Che dire in merito? Che ci siano
delle "onde stanziali" sembra essere un fatto accertato e rientrerebbe nella
"normalità" della Meccanica Quantistica. Esse attraverserebbero tutti i luoghi
e tutte le epoche ed, essendo indistruttibili, si depositerebbero come
fossili nell'etere (=memoria cosmica). Quindi teoricamente sia i suoni che le
immagini come del presente così del passato potrebbero essere ripescati da
questa "memoria", registrati e queste, appunto, sarebbero le "memorie vaganti".
Sicché sia le "voci" registrate che le immagini impresse su videocassetta,
secondo questi studiosi, non sarebbero altro che pezzi residui di coscienza
sospesi e rimasti liberamente in circolazione. A questo punto faccio notare
alcune cose.
Do per possibile "afferrare" tramite registratore qualche sequenza di
questi "dialoghi" sospesi o per TV immagini fluttuanti nell'etere, ma non
sarebbero che "fossili", cioè brandelli di comunicazioni staccate, naturalmente,
dal contesto dialogico presente e interagente con lo sperimentatore e
soprattutto riferibili e circoscrivibili a fatti, circostanze e luoghi
decisamente ben definiti nello spazio e nel tempo. Invece cosa accade nella
metafonia? Si verificano fenomeni che con le "memorie vaganti" hanno ben poco
da spartire.
Innanzitutto le "voci" danno la
netta sensazione di conoscere bene il luogo e il momento, nei quali si sta
eseguendo "hic et nunc" la registrazione. Chiamano per nome sia lo
sperimentatore che gli astanti e dimostrano di star vedendo con una tale
precisione, che sfugge allo stesso sperimentatore, i dettagli della stanza e
gli stessi pensieri così come si vanno elaborando nel presente. Talvolta
addirittura intervengono per far notare particolari nella disposizione degli
oggetti e nella loro individuazione.
È mai possibile che una "memoria
passata" riconosca il presente, si adatti alle nuove situazioni in maniera così
flessibile, duttile e intelligente e interagisca secondo modalità tipiche di una coscienza vigile e critica,
che è contemporanea al momento nel quale il dialogo si sviluppa? La "memoria
vagante", allora, non è più un "fossile", che escluderebbe un interscambio significativo, né tantomeno un frammento di coscienza
"passata", ma una individualità chiara, completa e unitaria nella sua struttura
e che come tale si pone in comunicazione, non nella direzione di passato a
presente ma di presente a presente o di presente a futuro. Supporre il
contrario mi sembra forzare artificiosamente la situazione oggettiva del set
comunicativo e soprattutto non spiegherebbe un bel niente dei contenuti che si
vanno registrando.
Capita, inoltre, che nell'ambito di una stessa domanda,
almeno per quanto riguarda la mia sperimentazione, si pongono due o tre
sotto-domande e puntualmente arrivano, secondo l'ordine di queste ultime,
risposte adeguate e pertinenti, cioè alla serie di domande corrisponde
simmetricamente la serie delle risposte, come in una "normale" comunicazione
interpersonale . Ciò implica la presenza di un'attenzione lucida a ciò che si
chiede, come pure accade che quando si pone una domanda, alla quale in qualche
precedente registrazione già era stata data una risposta, le "voci" non
rispondono perché "già è stato detto".
La presupposta "memoria vagante"
non si comporta così, perché, al limite, la sua conoscenza, se tale ancora è,
dovrebbe essere circoscritta al passato e poi le parole dovrebbero essere
sempre le stesse, cioè avulse da un contesto nuovo, com'è quello presente. Nel
nostro caso, invece, così non è.
Vi è, inoltre, da far osservare
un'altra cosa. Supposta come buona l'ipotesi di questi frammenti di coscienza,
c'è da chiedersi "chi" organizza questi vari pezzi di mosaico in maniera tale
da offrire un quadro comunicativo coerente e logico. Da soli non farebbero
dialogo, messi insieme potrebbero darne la parvenza: ma "chi" tira i fili
dell'insieme in modo da far nascere e sostenere un discorso compiuto?
"Mistero", dirà troppo sbrigativamente qualcuno. Ma può essere questa una
spiegazione?
Un'ultima annotazione. Le "voci"
aiutano anche concretamente lo sperimentatore nelle sue necessità presenti e
future: a me così è capitato. Non è pensabile che semplici "memorie" abbiano
questi poteri precognitivi né tantomeno d'intervento concreto nelle situazioni
presenti di vita. L'ipotesi postulerebbe, dato che entra di mezzo il fattore
"discernimento", un'altra ipotesi esplicativa e ciò non è possibile per la
natura stessa dell'ipotesi
In conclusione, per tutta questa
serie di ragioni, e se ne potrebbero aggiungere tante altre, mi sembra quanto
meno molto, ma veramente molto improbabile la possibilità di spiegare le "voci"
con il ricorso alle "memorie vaganti" o, peggio, a uno stock di emissioni
satellitari viaggianti nell'etere. Pur ammettendo in via teorica l'esistenza di
"onde stanziali" e l'eventualità di una loro registrazione con il
"cronovisore", per quanto riguarda la metafonia ipotizzarle come una sua
spiegazione mi sembra improponibile.
(Da N. Michele Campanozzi, "Le voci dei Viventi nell'Oltre", SugarCo, Milano, 2002)
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