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Il sogno sincronico PDF Stampa E-mail
Sull'argomento del sonno e soprattutto del sogno si è detto e scritto molto, come diverse cose si sanno sui meccanismi psicofisici che regolano quest'ultimo, la sua varietà e il suo significato. Qualcosa è stato ipotizzato anche sul cosiddetto sogno premonitore e sulle sue possibili implicanze con il paranormale. Certamente nel complesso tutto resta ancora un grande mistero, che, partendo dall'antichità, ha affascinato sempre molto l'animo umano e che a tutt'oggi né è stato totalmente chiarito né tantomeno risolto.

L'anno scorso sul GdM  ho scritto qualcosa relativamente a quanto raccontato nella Bibbia a proposito del sogno. Ora mi preme fare un passo in avanti e volgere lo sguardo e l'attenzione su una tipologia particolare di questa fenomenologia onirica: il sogno sincronico riferito a un passato del tutto sconosciuto al soggetto. E mi soffermerò illustrandone brevemente uno capitato a chi scrive, ma che, credo, sia accaduto e accada anche ad altri, sebbene spesso concernente il  presente (sognare un  evento mentre  si sta verificando altrove). Si tratta di questo.

Era la notte fra il 28-29 giugno del 2000, ricorrenza festiva dedicata ai SS. Pietro e Paolo. Sognai a lungo un mio antico professore di filosofia, che non rivedevo da oltre 40 anni. Sapevo soltanto che era ancora in vita. Nel sogno mi apparve in tutta la sua solennità accademica, con una espressione dolce  nel volto e un atteggiamento molto affettuoso nei miei confronti. Mi appoggiò benevolmente e quasi paternamente la sua mano destra sulla mia spalla e con un accento assai delicato mi disse: "Figlio mio, io ti ho sempre voluto bene". Ovviamente durante il sogno provai una sensazione di gradevolezza come se mi sentissi protetto e benvoluto da una persona che per me era stata comunque un punto di riferimento culturale importante. Nel frattempo, sempre nel sogno, una strana voce di fondo andava lentamente scandendo: "Il professor Pietro S. è morto". Il mattino seguente mi svegliai in preda a un duplice sentimento: di intenso calore umano per quanto il professore mi aveva comunicato e di diffuso sgomento per quella misteriosa voce che mi annunciava la notizia della sua scomparsa. Annotai il tutto sul mio diario e lasciai la cosa lì in attesa di incontrare qualche mio vecchio collega di università per saperne qualcosa di più. Preciso che, oltre a non aver più rivisto il prof. da decenni, in tempi recenti né avevo sentito parlare di lui né avevo chiesto di lui a qualcuno e né avevo letto qualcosa sul suo conto, per cui esclusi subito l'ipotesi che si fosse trattato di una possibile quanto improbabile e ingiustificabile rielaborazione da parte del mio cervello di eventuali informazioni pregresse per il semplice motivo che non ce n'erano state. E poi quella laconica voce di fondo!

Due giorni dopo, il primo luglio, mentre stavo preparando i bagagli sulla mia macchina per un viaggio fuori sede, ebbi la ventura di imbattermi in un mio amico di sempre (Franco M.), anch'egli  allievo del prof., e a lui raccontai l'accaduto, chiedendogli se sapesse qualcosa di più sicuro in merito. Con mia somma sorpresa e non senza un misto di dolore, da lui appresi che effettivamente il prof. era morto presso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo qualche mese prima, cioè a marzo. Naturalmente nella mia mente s'imposero subito alcune domande: come mai era potuto succedere di aver avuto una particolare conoscenza di un fatto, i cui contenuti erano a me totalmente ignoti? Da dove proveniva? Chi me l'aveva fornita? E quella voce di fondo che volesse come confermare il tutto? Bella, e complicata, questione da dover capire e risolvere! Ho cercato allora, essendo uno spirito razionale, di formulare alcune ipotesi.

Prima. Rielaborazione di un mio vissuto recente. Non era possibile per i motivi indicati sopra.

Seconda. Rielaborazione onirica di un evento remoto significativo e comunque traumatizzante sul piano personale. Anche questa era da scartare perché esperienze di tale natura potrebbero certamente riemergere, ma questa, l'amicizia cioè con uno stimato ex professore universitario, era una delle tante e poi tutto era stata fuorché traumatizzante. E infine come spiegare la coincidenza con il giorno del suo onomastico (S. Pietro), occasione durante la quale non stavo minimamente pensando a lui?

Terza. Il sincronismo. Il problema è stato ampiamente studiato da C. G. Jung e ripreso poi  dal Premio Nobel per la Fisica W. Pauli. Sostanzialmente esso consiste nel fatto che eventi lontani nello spazio possono essere percepiti contemporaneamente da più soggetti, tanto che si pensò a un "tempo qualitativo" e alle cosiddette "coincidenze significative". A questo riguardo Jung ipotizzò l'esistenza di "archetipi" presenti in un universo costituito e abitato da un "inconscio collettivo", che dal soggetto vengono poi "ripescati"e rivissuti sotto forma di "simboli" di un qualcosa che andrebbe solo decodificato nel suo significato. In altre parole l'inconscio individuale sarebbe in continuo contatto con questo immenso serbatoio cosmico, nel quale andrebbero a depositarsi (sotto forma di onde elettromagnetiche) esperienze, vissuti, eventi individuali e  generali di ogni tempo e di ogni luogo. Durante l'attività onirica si verificherebbe una sorta di "travaso" informativo anche se in qualche modo ancora "coperto" da uno strato di non chiara evidenza. W. Pauli, per qualche anno paziente di Jung, rimase molto affascinato da questa prospettiva, tanto da avanzare la proposta di una possibile spiegazione con essa dei molti paradossi della fisica quantistica (come, per es., l'interazione fra elettroni lontani nello spazio, ma che un tempo erano parti dello stesso nucleo) e, contemporaneamente, E. P. Jordan (eminente fisico tedesco) teorizzò un universo subquantico fino ad arrivare ad alcune moderne ipotesi sulla materia oscura e sull'esistenza di un "reale velato" (D'Éspagnat). Come si può facilmente intuire, fra materia e psiche si stabiliscono stretti legami di continuità e di contiguità (parallelismo tra Fisica e Psicologia o Biopsicocibernetica), che solo all'apparenza sembrano essere dualisticamente distinte e distanti, ma in sostanza si sarebbe di fronte alla stessa realtà finalisticamente programmata e orientata (L. Fantappié), anche se a più facce e a più spettri di visione, di lettura e di senso. Alle tre dimensioni spazio-tempo-causalità andrebbe aggiunta allora una quarta, quella della sincronicità come "principio di nessi a-causali". Si è dunque immersi in una variegata e imponderabile globalità, che potrebbe agevolmente chiarire anche tanti di quei fenomeni afferenti al paranormale (telepatia, chiaroveggenza, infestazioni, sogni premonitori, medianità, ecc.). Tutto si fonderebbe sulla nozione di "simultaneità" (passato-presente= presente-presente).

Ritornando al sogno esposto sopra, io credo che forse questa terza ipotesi potrebbe illuminarne bene modalità e contenuti con un accettabile standard di plausibilità, anche se mi rendo ben conto che attorno e dentro di noi ci sono più cose invisibili e inafferrabili di quanto si possa immaginare. Con mota probabilità c'è stato qualche "contatto" fra il mio inconscio personale e quello, chiamiamolo, cosmico, in conseguenza del quale mi è stata fornita l'informazione sulla scomparsa del mio ex professore. Quando, nel sogno, l'Io attenua i suoi controlli, è facile che questi fenomeni possano avvenire e a tutti. Del resto noi siamo essenzialmente "energia" anche in parte divina e la nostra pluriforme attività psichica lo dimostra diffusamente, sicché nulla di strano se alcune volte può verificarsi una "connessione" con quella universale, nella quale e con la quale si è inseriti e interdipendenti, anche se in maniera non sempre chiara e intelligibile. In una visione olistica della realtà tutto ciò diventa comprensibile: anche la stessa fede cristiana, del resto,  insegna che il "regno di Dio" è dentro di noi e conseguentemente vi è una "comunione" (comune-unione) fra le innumerevoli entità psichiche presenti nel creato.

La "voce di fondo" non potrebbe essere il connettore e il trasduttore acustico in linguaggio umano del messaggio? Rappresenta una persona concreta (e chi mai poi?)  o è semplicemente un traduttore automatico? Chi, in verità,  può affermare con sufficiente sicurezza una cosa del genere? Anche a questo riguardo gli interrogativi che si pongono non sono pochi.

Di quella "particolare" comunicazione, come aspettativa,  non ne sentivo né l‘urgenza né la necessità, ma molto probabilmente mi era stato offerto, e donato, un segnale conoscitivo in più, per convincermi forse ulteriormente ed essere indotto così a  rafforzare maggiormente la mia certezza nella esistenza  del mistero che ci circonda e della sua relativa complessità: lo provavano la constatazione della sua verità oggettiva e storica (morte del professore) e  la "coincidenza significativa" con il giorno del suo onomastico.

Ho voluto riferire questa esperienza personale per sottolineare e, semmai, confermare ancora una volta che le "eccezioni", delle quali parlava la Direttrice del nostro GdM dott.ssa Vajro nel suo magnifico Editoriale apparso sul numero di febbraio, sono uno squarcio che si apre per capire di più e meglio il valore e le varie sfumature dell'esistere che non sono imbrigliabili nell'angusto ambito delle sole leggi fisiche. Insomma l'eccezione non serve ad accertare soltanto la regola, ma più frequentemente invita a ricordare l'opportunità, in alcuni casi, di un suo superamento. In ciò risiede la grandezza delle umane risorse, anche se non bisognerebbe mai dimenticare o tralasciare la pratica dell'umiltà che dovrebbe sempre accompagnare ogni serio e attento processo di ricerca e di  osservazione su quanto accade attorno.
Da Il Giornale dei Misteri)

 

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