Da più parti ormai si parla e si
scrive del 2012 come di un anno di chiusura di un'era e dell'avvio di un'altra,
che, a seconda della personali convinzioni, dovrebbe essere costituita o da elementi
catastrofici (terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche, profondi sconvolgimenti
climatici, scomparsa quasi totale della vita, ecc.) o catartici, cioè di
rinnovamento dello spirito e di cammino verso orizzonti meglio caratterizzati
dalla presenza di valori. Una volta
circolavano le paure millenariste: tutti ricordano quelle relative alla fine
del I millennio e le ultime legate al II (millennium bug). Oggi le distanze
temporali si sono accorciate e le paure sono diventate a scadenza decennale,
come se si temesse (o si desiderasse masochisticamente) la fine della storia
umana, di questa nostra storia, con una
generalizzata apocalisse. Certamente oggi il male c'è, come peraltro c'è sempre
stato nel tempo, la brutalità forse è più diffusa, le incertezze dominano in
tanti settori del vivere, ma è anche vero che queste sono realtà cicliche già
accadute in passato (pestilenze, guerre, eccidi, persecuzioni etniche e
religiose, terremoti, ecc.), come è anche ben chiaro il sentimento dell'
attesa
dell'Evento come di una costante ricorrente: basti ricordare quanta angoscia vi era nel
mondo al momento della rivelazione del terzo segreto di Fatima.
Ritornando al 2012, cosa c'è di
vero e cosa di fantasioso? Per dare alla
domanda un risposta il più possibile adeguata occorre analizzare con un po' di
attenzione le ragioni addotte per una visione e lettura negative del 2012 e le
relative controrisposte per tentare poi di trarre una conclusione ragionevolmente obiettiva. Al di sopra di
tutto deve, o dovrebbe, sempre prevalere il bisogno e il conseguente rispetto
per la verità, qualunque essa sia.
Ritornando al 2012, cosa c'è di
vero e cosa di fantasioso? Per dare alla
domanda un risposta il più possibile adeguata occorre analizzare con un po' di
attenzione le ragioni addotte per una visione e lettura negative del 2012 e le
relative controrisposte per tentare poi di trarre una conclusione ragionevolmente obiettiva. Al di sopra di
tutto deve, o dovrebbe, sempre prevalere il bisogno e il conseguente rispetto
per la verità, qualunque essa sia.