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Una rivoluzione culturale: dall'antropocentrismo al cosmocentrismo PDF Stampa E-mail
La storia umana si è sviluppata sulla linea della lotta per la sopravvivenza e quindi sulla logica del potere e spesso della sopraffazione. Sopravvivere è certamente un'esigenza primaria, giusta e doverosa, ma supervivere a spese dell'equa distribuzione dello stesso diritto è semplicemente lesivo e talora distruttivo di ogni forma di giustizia, di equilibrio e di vita. L'armonia generale e la permanenza individuale del legittimo bisogno di sicurezza alla esistenza si saldano e si salvano soltanto se l'uomo smette di porsi egoisticamente al centro e al di sopra di ogni essere e di ogni realtà. Se si offende e si altera una sana convivenza, dal momento che si è interdipendenti, come, del resto, egli  farebbe a vivere decorosamente? Purtroppo la stupidità e l'individualismo esasperato sono oggi arrivati a un tale punto di saturazione da spegnere troppo spesso anche la luce della stessa intelligenza.
Questa visione antropocentrica del vivere, e per di più maschilista, si è diffusa e imposta soprattutto  in Occidente. Si deve ad Aristotele la distinzione fra anima vegetale. animale e razionale.  Solo a quest'ultima vengono riconosciute dignità ed eccellenza e tutto deve ruotare attorno a questa centralità: il resto, cioè l'intero creato, assurgerebbe solo a elemento di mezzo. Del resto con la teoria tolemaica la terra era considerata collocata nell'area principale dell'universo e all'interno della medesima signoreggiava l'uomo: tutto, quindi, ritornava ordinatamente al suo posto! Questa visione dell' esistere viene recepita e fatta propria interamente da S. Tommaso d'Aquino e dalla successiva Scolastica e per secoli diventa patrimonio dottrinale ufficiale del cristianesimo, ma anche, purtroppo, dell'intera cultura occidentale, fino a Copernico, Galilei, Keplero e poi Newton, che ne ribalteranno la  gerarchia.
Nell'antica tradizione dell'Oriente, ma anche in quella moderna, il discorso si presentava e si presenta invece in maniera diametralmente opposta: ogni cosa, compreso l'uomo, è figlia della comune Madre Terra e con essa ha il dovere di vivere in simbiosi armoniosa e fra di sé come  tanti  fratelli e sorelle. Questo lo si evince chiaramente sia negli antichi testi dei Veda e, tranne rare eccezioni, anche in altre latitudini, come, per esempio, fra gli Aborigeni Australiani. Per questi popoli tutto è permeato di sacralità: animali, piante, montagne, rocce, mari, fiumi, uomo. Ogni oggetto partecipa alla conservazione del meraviglioso Ordine Universale e alla difesa del Tutto ciascuno concorre con le proprie individuali specificità. Per queste culture senza  il rispetto verso ciò da cui si è circondati l'uomo risulterebbe  imprigionato nel suo guscio e, quindi, destinato a soccombere. Con la sua intelligenza egli può contribuire certamente a migliorare l'ambiente circostante, magari a modificarlo anche profondamente, però potrebbe spingersi anche a usargli scriteriatamente violenza e allora gli effetti di quest'ultimo atteggiamento sarebbero devastanti e, purtroppo, sono quelli che drammaticamente cadono oggi sotto i nostri occhi: pericolose mutazioni climatiche, dissennati abbattimenti di foreste e animali, pesanti danni inferti all'ecosistema, difficoltà di ogni genere per un adeguato approvvigionamento dei mezzi di sostentamento (ricerca di acqua e di fonti energetiche...), ecc. È evidente che in queste condizioni, generate e create perlopiù dall'uomo e dalla sua insaziabile ingordigia, di uno spazio per la vita e la sua protezione ce n'è ben poco, anzi quasi nullo. Il paradosso è che la stessa umanità, così facendo e se niente dovesse cambiare, è destinata a essere condannata con le proprie mani  a una non tanto improbabile autodistruzione.
Urge, allora, il recupero di una visione più chiara e completa delle cose e conseguentemente anche dell'esistere e del vivere: ognuno è un tassello essenziale del mosaico di un Tutto con il quale, peraltro, si è in continua interazione.
Ogni essere ha un ruolo da svolgere per conservare l'equilibrio universale: basta forzare  anche un po' quest'ultimo per  sconvolgere il buon funzionamento dell'insieme. Perciò il passaggio prospettico deve prevedere  il superamento del primitivo antropocentrismo, che vede ogni cosa al servizio esclusivo e interessato dell'uomo, e l'affermazione del biocentrismo, che innalza ogni forma di vita a valore supremo da rispettare e tutelare, per arrivare poi al cosmocentrismo, che pone la Natura, e quindi l'intera creazione, a soggetto con il quale comunicare e a punto di riferimento di ogni saggio comportamento. È in questa cornice di idee che bisognerebbe rivedere un po' il proprio modo di agire, cominciando ad assumere paradigmi culturali e operativi ispirati a una  maggiore delicatezza e umiltà: l'uomo è in funzione della creazione e non di se stesso, come a dire, garantendo la prima salva anche la propria personale esistenza. Da qui scaturisce il  dovere di esercitare il massimo riguardo verso ogni creatura, ben consapevoli del privilegio di aver ricevuto gratuitamente l'irripetibile dono dell'essere, ma anche  della verità dei propri limiti,  e soprattutto senza innescare inutili  sciocche provocazioni  che spesso si concludono in rovinose tragedie.
A questo punto occorre rifarsi in maniera più accorta al concetto di "religiosità cosmica", della quale parlava Einstein: se attuata, questa ben si coniugherebbe sia con la vera Fede che con la Scienza.  Sostanzialmente essa invita a rivedere profondamente l'atteggiamento dello spirito con l'adozione di un nuovo orientamento interno ed esterno da seguire nei confronti della realtà. I connotati fondamentali di una simile  rivoluzione culturale sono riconducibili ai seguenti: riconoscere l'importanza di ogni essere sia esso animato che non, imparare a saper leggere il ruolo che ciascuno è chiamato a ricoprire nell'insieme dei rapporti con gli altri esseri, assecondare nei limiti del possibile il libero fluire del loro operare nella salvaguardia dei ritmi e delle pulsazioni della Natura, favorire la qualità e la tutela del loro habitat, aiutare quelle esistenze che si trovano in una condizione  di difficoltà a ritrovare la propria libertà, scoprire l'alone di quella diffusa sacralità presente in tutte le cose, non ignorare il lato di mistero che si cela all'interno di ogni sia pur piccolo atomo, coltivare il sentimento dello stupore dinanzi a ogni forma di dispiegamento della vita, inserire la stessa morte vista come uno spegnersi di sera e un riaccendersi al mattino fra i processi di trasformazione dell'essere con l'inversione dei tempi, insomma saper indirizzare l'azione come a un operare "in funzione di" una appartenenza alla Complessità della quale si è, per così dire, commensali, sia pure non marginali. E questa va servita con lucida attenzione  e sincero amore. Una simile disposizione interiore dell'animo è forse la più genuina espressione della religiosità universale ed ha attraversato la vita e la visione del mondo da parte delle migliori personalità della storia umana: da Pitagora a Socrate e Platone, da Virgilio a Seneca, da Buddha a Gesù a S. Francesco d'Assisi e Albert Schweitzer, da Dante Alighieri   a Milton e Pascoli, dagli antichi naturalisti ai mistici e ai moderni etologi e cosmologi. È un susseguirsi di intelligenze che avevano e hanno ben compreso che l'uomo non è la suprema sintesi di ogni cosa né è il detentore del monopolio  del mondo, ma semplicemente si trova in un continuo "relazionarsi a", perché sostanzialmente egli è relazione, cioè tendenza a ridurre la frammentazione e a collegare in unità (cum-ligare = legare insieme) quello che solo in apparenza è molteplicità e dispersione: unicamente  così l'essere umano sarà in condizione di afferrare il vero significato della propria personale dignità e, quindi, il nucleo del senso ultimo del proprio destino.
L'umanità, allora, avrebbe bisogno di elaborare una seria riflessione sul proprio modo di essere nel creato, abbandonando l'abitudine  al sopruso e sapendosi interrogare meglio sul  posto corretto da occupare in esso, che fondamentalmente è quello di guida, mai dimenticando la sua chiamata a conoscere le leggi che regolano il movimento della realtà allo scopo di imparare a governarla con delicata sapienza e comunque a venirle incontro sempre. Conseguentemente andrebbe riorganizzata anche la società nelle sue politiche ambientali, nelle scelte legislative, in una più severa sanzionabilità di tutti i guasti causati a quanto vi è attorno e soprattutto nella formulazione di efficaci percorsi educativi socialmente mirati alla formazione delle nuove generazioni.
In questi ultimi tempi, per fortuna, un buon tratto di strada in questa direzione è stato compiuto con la nascita di tanti movimenti ambientalisti (WWF, Greenpeace, Goletta Verde...), di numerose iniziative  a sostegno  degli animali (ENPA, OIPA, LIPU, ...) e la stipula di vari accordi internazionali sul clima (Kyoto 1997-2005, Copenhagen 2007, Durban 2011), ma ancora molta c'è da percorrere, se si considera che in Italia nella sola notte di Capodanno 2012 a causa della inciviltà dei botti si è consumata una immane strage di animali domestici (237 fra cani e gatti),  per non parlare della moria di milioni di altri animali per contaminazioni di mari, di terra  e di aria, per la caccia e la pesca di frodo, per gioco o per le tante criminali scommesse clandestine.
In una visione olistica dell'esistente il microcosmo umano assume una posizione speculare e simmetrica rispetto al macrocosmo: nel primo si riflette l'Armonia Universale del secondo con il quale, anche a sua insaputa, l'uomo stabilisce correnti comunicative, che si manifestano nella costante frequenza dei segni e dei frutti di un tale incontro-confronto: le affinità che si costruiscono e si riconoscono senza necessariamente dover ricorrere sempre all'invocazione del mistero, la plasticità della materia, vivente e non, quando è sollecitata con la dovuta discreta sensibilità, la forza significativa di una risposta che è commisurata alla qualità elevata della domanda, la scoperta di un Io che diventa autentica Coscienza quando incrocia sul proprio sentiero il Noi, un mondo invisibile che si rende visibile e palpabile quando si eliminano i filtri e le barriere alzate dall'ottuso pregiudizio e dalla non trasparenza, ecc. Questa fenomenologia in un soggetto libero da resistenze e eticamente "pulito" è ordinaria nella sua straordinarietà e comunque rientra nell'ordine quotidiano delle cose,  anche se all'occhio superficiale non sembra tale e magari farebbe pensare a ben altro. L'esperienza dei Santi, d'altronde, questo insegna. In fondo della Natura con la limitatezza delle nostre fonti informative (i sensi) noi riusciamo a percepire solo il 4%, mentre il 73% e il 23% sono costituiti rispettivamente da energia e da materia oscure, perciò a noi assolutamente ignote.
In questo approccio epistemologico al reale caratterizzato  da un più ampio respiro speculativo, la conoscenza, dunque,  è sospinta a compiere ancora molti e decisivi passi: l'immensità e probabilmente la pluralità degli universi possibili impongono un atto di modestia e una più fine  acutezza intellettiva per poter cogliere di essi ancora più sottili vibrazioni, che spesso sono la parola rivelatrice di quella che è denominata la voce del silenzio.
L'antropocentrismo, allora, in una riconsiderazione più globale e complessiva degli umani standard  conoscitivi, deve cedere lo spazio a una indagine e a una esplorazione più articolate e pluridirezionali degli sconfinati orizzonti del sapere, attività che si prospetta come un potente stimolo alla ricerca, ma anche e soprattutto come una vivace sfida alla vuota presunzione di una zoppa e ignorante sufficienza. È in questa più aperta e lungimirante prospettiva che l'uomo paradossalmente, anche se  apparentemente marginalizzato, può invece reperire la traccia per una sua vera centralità, che coincide con la vocazione a un servizio amoroso nei confronti della creazione, della quale è o dovrebbe essere, come San Francesco, l' interprete, il cantore, il poeta e il fedele custode della sua originaria integrità. A un simile alto stadio di maturazione egli si ritroverebbe a essere finalmente non una monade vagante e un isolato dettaglio o, peggio, una scheggia impazzita, ma,  come nella sinfonia di un gioioso abbraccio per una recuperata universale fraternità con altre creature, un elemento vitale, importante e armonico illuminato dal volto e nato dal cuore premuroso e paterno di una Mente Divina che da sempre l'ha pensato e amato.
Rivoluzione culturale, dunque, ma come evoluzione radicale dall'umida oscurità di una giungla alla liberatoria solarità della prateria. Poiché nessuno, però, è da ritenersi perfetto per sempre, si può cambiare, ma si può rimanere, purtroppo, anche così come si è: perciò il cammino di un responsabile risveglio  si delinea  ancora molto faticosamente lungo.
(Da Il Giornale dei Misteri, Maggio 2012)
 

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