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Non rubare! PDF Stampa E-mail
Che non si rispetti da parte di moltissimi quanto è degli altri o perlomeno appartenente al bene comune è un fatto che ogni giorno balza sotto gli occhi di tutti e non c'è bisogno di prospettarne un elenco di dati. In fondo i prodotti della terra dovrebbero essere un appannaggio di ogni essere umano, perché ognuno ha diritto a partecipare con uguale dignità alla mensa della vita, come è ovvio che ogni forma di arricchimento personale non può prescindere dal merito e comunque non può e non deve essere il frutto di éscamotage, di furbizie, di scorretti giochi sotterranei, di ottusi egoismi a scapito del rispetto delle regole, di evasioni, di una politica e di una finanza avulse dall'osservanza delle norme etiche con uso e perlopiù abuso illegale delle risorse collettive. L'illecito guadagno da attività criminali come i vari comitati di affari o i riciclaggi camuffati e i raggiri truffaldini e usurai sono come una palude che prima o poi viene alla luce ed esplode nella sua interna e devastante distruttività.
Il comandamento "Non rubare" (Esodo 20,15) nella sostanza prescrive di non impossessarsi indebitamente di cose non proprie, ma fare in modo che ciascuno possa godere liberamente di ciò che lo pone nelle  condizioni di una sopravvivenza decorosa: è appunto la dignità della persona  che andrebbe prioritariamente salvaguardata ed essere al centro delle attenzioni e a questa non si può derogare con sotterfugi opachi ispirati, in una purtroppo finta democrazia, alla scaltrezza, alle sperequazioni esorbitanti e scandalose  o, peggio, all'approdo fraudolento in paradisi fiscali più che alla giustizia e alla chiarezza dell'onestà.
Rubare, però, non significa soltanto sottrarre agli altri ciò che è degli altri o di tutti, ma implica anche il rispetto per il sacrificio di chi paga le tasse, per le persone, i loro diritti, i loro sentimenti, la loro speranza, il loro onore, il loro futuro. Tutto ciò non va assolutamente "rubato" né tantomeno eliminato dall'orizzonte del vivere, perché dietro le cose o il denaro, che sono semplici mezzi, si accompagnano sempre gli esseri viventi, ivi compresa la stessa natura, perché i primi (cose-denaro) se assolutizzati o idolatrati vanno ad annullare o a ferire e uccidere anche le seconde, che, considerate le precarie condizioni della vita terrena, sono intimamente legate ai primi, perché  costituiscono un unicum, in costante e stretta interazione continuativa fra di loro.
Questo vale anche per un altro aspetto: non approfittare del ruolo sociale o pubblico per privilegiare o ingigantire la propria posizione economica o il personale protagonismo a danno dell'apertura al servizio o all'amore per il prossimo: ricoprire un ruolo in una comunità, di qualunque natura esso sia, è un sapersi porre a generosa disposizione di essa, non servirsene astraendo dalla stessa. Tutti si è persone di serie A: a nessuno è consentito di considerare e trattare le altre come fossero di serie B, specialmente se non hanno la voce per far valere questa chiamata e appartenenza alla universale fraternità.
Mi chiedo spesso: perché non si riesce a capire questa elementare verità o a fingere di non volerla accettare per mettere magari a tacere la propria coscienza e favorire così  la propria insaziabile voracità di possesso? È mai possibile che debba esserci chi si arricchisce enormemente con strumenti spesso dubbi "a spese di", creando peraltro con lo sfruttamento dipendenza e schiavitù, e chi invece non riesce ad arrivare a sera senza un sicuro tozzo di pane necessario a  sfamare i propri figli? È una profonda distorsione dell'esistere vedere un mondo nel quale i beni di tutti sono proditoriamente nelle mani di pochi senza  con ciò porre le premesse per gravi stati di disagio ed eventuali futuri possibili disordini. Il merito qui c'entra poco per  giustificare un utilizzo alterato e talora corrotto della libertà: nello stesso tempo si può giustamente meritare ma occorrerebbe anche imparare a saper condividere con i più deboli le opportunità e il risultato del proprio operare. Non tutti si è fortunati alla stessa maniera come non si nasce sicuramente identici nelle occasioni di partenza.
Se ciascuno comprendesse e applicasse questa lapalissiana e fondamentale lezione di umanità, la nostra realtà potrebbe prendere un'altra piega e assumere un'altra direzione: e sarebbe la salvezza per ognuno e per l'intera comunità umana. Basterebbe solo riflettere un po' di più sopra una semplice evidenza: un giorno non si deve forse lasciare e spogliarsi di tutto per  rendere conto delle proprie azioni a Chi è l'unico padrone della vita? Purtroppo molto spesso solo con  ritardo e "in articulo mortis"  si è costretti a prendere atto (seppure!) di questa nuda e cruda verità! Allora "cui prodest" far finta di niente?

 

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