Recentemente, a venticinque anni
dalla scomparsa (16 giugno 1988), sono state pubblicate alcune opere inedite di
Andrea Pazienza, il nostro grande fumettista che con la sua genialità si è
imposto all'attenzione del mondo. Con il suo linguaggio vivace e intelligente
ha saputo raccontare in immagini la storia di una intera generazione di giovani
con testi permeati di raffinata e suggestiva creatività. È stato il "padre" di
tanti notissimi e straordinari personaggi: Zanardi, Pentothal, Pompeo...
Ricordo ancora quando il suo caro
papà Enrico, mio amico da sempre, in occasione di una mostra a San Severo
all'indomani della scomparsa di Andrea ad appena 32 anni, tenendomi
sottobraccio mi invitò con parole venate di delicato affetto: "Michele, vieni a
vedere Andrea mentre lavorava". Mi commossi allora dinanzi a tanta tenerezza
paterna per un figlio.
Ritornando agli inediti c'è da
dire subito che siamo di fronte a figure che illustrano un percorso
esistenziale con un quadro di elementi fondamentali: la centralità della figura
umana nella sua solitaria titanicità rivisitata con un pennello agile e vigile anche
su particolari anatomici, l'idea del "viaggio" talora veloce (a cavallo)
talaltra lento fatto di assorta riflessione, la forza e la mistica potenza
della natura di fronte alla quale si interroga con stupore in muta w rispettosa
contemplazione del suo mistero, lo sfogliarsi di quelle nude abitazioni nelle
quali si nascondono i tanti e inespressi tormenti e segreti del vivere. Qui
arte, filosofia e poesia si incontrano, s'intrecciano e si fondono
nell'invenzione di un unico nuovo affresco d'insieme dal quale emergono alcune
istanze di fondo: la continua ricerca di un significato da conferire all'esistere,
l'impulso interno a esternare come d'impeto quelle frementi emozioni che si
andavano delineando e sostanziando non solo nella fantasia ma anche nella
mente, la chiara sensazione del rapido consumarsi del tempo forse
inconsciamente consapevole del termine che
gli era stato concesso, quella concentrazione di tetti sotto i quali pure vibra
e pulsa l'energia della vita ma che non sempre riesce a venire allo scoperto,
la frantumazione e la decostruzione/riscrizione in soluzioni originali degli schemi narrativi nella loro linearità che
come in una sorta di "salti quantico"
tendono a porsi al di là della comune e consueta continuità formale come a voler attingere quello che non è
racchiudibile in uno spazio-tempo definito e perciò limitato.
Andrea era un ragazzo geniale, arguto
e molto più maturo della sua età, che andava intuito più che capito e
soprattutto ascoltato nelle pause e nei silenzi. Questa genialità si mascherava
dietro l'ironia, talora sarcasticamente sferzante, ma era solo la semplice
espressione di un rifiuto dell'omologazione al già dato e della nostalgia di un
ritorno a quell'innocente ritmo
primordiale sempre sognato e ricercato. Non so quanti l'hanno visto così, fermandosi
ad apprezzare magari e perlopiù solo gli effetti visibili (la sua vasta
produzione artistica) senza risalire alle dinamiche della sue domande di fondo
che non sempre hanno incrociato interlocutori in grado di afferrarne la sincera
portata e la complessità della sua interiorità. Quella generazione degli anni
'70 aveva bisogno di parlare con coscienze "vere", sensibili e intelligenti,
che purtroppo, non sempre al momento opportuno si rendono presenti all'animo con
discrezione e disinteresse ieri come oggi. Il resto che generalmente si
racconta di Andrea è prevalentemente la sequenza biografica del fluire del suo breve
vissuto terreno (collaborazione a riviste famose come Cannibale, Il Male,
Frigidaire, Linus, Tango, Corto Maltese, scenografie e manifesti
cinematografici, amicizia con personaggi illustri come P.V. Tondelli e Roberto
Benigni, omaggi d'arte, intitolazione di strade e luoghi...), meraviglioso ed
eccezionale cammino certamente e giustamente riconosciuto come tale, ma
assolutamente non esaustivo della profonda e inesplorata ricchezza della sua
personalità, che ricorda tanto l'agostiniano "Inquietum est cor nostrum...", così
pervaso da una implicita domanda di immenso e di eterno.
La parentesi della sua intensa
esperienza vitale e artistica sulla scena di questo pianeta è stata come un dono
di luce da parte di una stella apparsa improvvisamente all'orizzonte che
avrebbe solo bisogno di occhi diversi per essere colta in tutta la sua ancora rara
bellezza. Mentre la sua memoria rimane e rimarrà nel cuore di tutti, ora il suo
corpo riposa insieme a quello del suo caro papà Enrico all'ombra di un albero
con lo sguardo che, oltre il velo della Gran Madre Terra, può finalmente ammirare estasiato l'incanto di quel cielo infinito
nel quale ambedue, prendendosi per mano, si muovono liberamente a cantare con pienezza e per sempre il loro perenne
e grato Inno alla Vita.
(La Gazzetta di San Severo, 22 giugno 2013)
N. Michele Campanozzi
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