Onora il padre e la madre! |
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Il testo completo del
comandamento è contenuto nel cap. 20, vss. 12 dell'Esodo e dice: "Onora tuo
padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il
Signore, tuo Dio". Nel Libro del
Siracide (cap 3, vss. 12-13.16) viene aggiunto: "Figlio, soccorri tuo padre
nella vecchiaia... compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del
vigore. [...]... chi insulta la madre è maledetto dal Signore".
Il comandamento, dunque, prende
in considerazione le due persone che hanno donato la vita fisica, difendendola e sostenendola nel suo crescere
psicofisico, molte volte in mezzo a mille sacrifici e talora dimenticando se
stessi, e soprattutto in segno di
gratitudine fa leva sul verbo "!Onorare". Cosa vuol dire tutto questo?
Il padre e la madre sono due esseri
umani che con il loro amore danno origine a un
corpo animato dal "soffio vitale"
(anima) che proviene direttamente da Dio. Ogni creatura è stata pensata e amata
dall'eternità dal Signore della Vita., che in un particolare momento decide di
farla incarnare e apparire sulla scena di questo mondo, prendere autoconsapevolezza
della propria originale individualità e ritornare a Lui con un altrettanto atto
di amore: questo è il grande mistero del vivere che non sempre si riesce a
capire nel suo profondo e ultimo significato. Quindi il processo generativo è
una sorta di collaborazione all'atto creativo di Dio, visto nel grande disegno
della formazione di una comunione degli
uomini fra di loro e di questi con il loro Creatore.
Ebbene verso gli autori della
procreazione fisica, che in qualche modo nel figlio o nei figli perpetuano la
loro sopravvivenza terrena, il primo dovere da parte di questi ultimi è il ringraziamento
e il rispetto, che si sostanziano nell'onorare la loro persona avendo sempre
ben presente che ognuno ha una propria "personale" missione da compiere e
questa va aiutata a venir fuori, a respirare in libertà e a evolversi nella sua
realizzazione. Onorare significa ricambiare il bene ricevuto, non mortificare i
genitori nella loro dignità, ascoltare i loro saggi consigli nel sapersi
muovere con prudenza e discrezione nel ginepraio dell'esistenza e del male, che
c'è ed è anche diffuso. Una simile riconoscenza del cuore si manifesta o si dovrebbe
manifestare nel tempo venendo concretamente loro incontro nelle necessità
dovute all'avanzare dell'età e all'inevitabile insorgere di qualche malattia.
Il tutto in un contesto circolare di amore: si è ricevuto tanto da bambini e da
giovani, ora è giusto e doveroso ricambiare il bene nel momento del bisogno. È
in questo scambio amoroso che si
sviluppano l'armonia e l'equilibrio fra gli esseri viventi.
Un tempo nell'organizzazione
patriarcale della famiglia, pur con i pregi e i limiti/controlli che essa
comportava, questo intreccio affettivo in qualche modo era garantito e la
"memoria" era salva, oggi nella nuclearità e spesso subnuclearità questo non
sempre accade, un po' per esigenze di lavoro che costringono a spezzare
l'anello dell'unità familiare con l'emigrazione, un po' anche per il non
superamento degli egoismi che fanno sì che ognuno troppo frequentemente si
chiuda in se stesso. E così avviene che la famiglia nuclerare, specchiandosi in
se stessa, si scopre essere centrifuga: come tante isole non ci si sa più porre
in attento ascolto dell'altro! In questo quadro vitale frantumato accade, si
dice, che "non si ha più il tempo" da dedicare ai propri cari, spesso
abbandonati alla loro solitudine, in mano magari a qualche badante che può
sfruttarli o lasciati tristemente morire in qualche oscuro reparto di ospedale
a lunga degenza. Un genitore anziano non ha tanto bisogno solo di assistenza
quanto piuttosto e soprattutto di affetto: questa sarebbe la migliore medicina
per farlo sentire ancora utile, attivo e importante.
Con questo comandamento divino
quanti comportamenti occorrerebbe rivedere, quanta testimonianza bisognerebbe
recuperare, quanti legami dissolti andrebbero riannodati, quante lontananze
avrebbero bisogno di ridiventare vicinanze! Un tempo ritmato dalla lentezza la
presenza in casa di un genitore anziano era per i figli un motivo di forte "richiamo"
alle origini, oggi non rare volte in questa vorticosa e stressante corsa (verso
dove poi?) egli diventa perlopiù un peso da scaricare, da parcheggiare in un
ospizio o, peggio, del quale sbarazzarsi perché d'ingombro alla vacanza:
finanche la solennità della morte sta smarrendo la sacralità della veglia per
ripercorrere insieme i ricordi, evidenziandosi troppo spesso in una fretta inconscia
con la quale ci si intende liberare quanto prima di chi ha solo tolto il
disturbo di vivere! Quanta pietà e misericordia ci vorrebbero!
Agendo così, quali messaggi positivi
potranno mai essere trasmessi alle giovani generazioni, se si è perduta la
religiosità dell'istituzione famiglia? "Onora
il padre e la madre" in fondo, se si riflette bene, significa salvare anche un
poi' se stessi, "prolungando", come dice Dio, "I propri giorni" di vita. Come
sarebbe necessario, dunque, ripristinare questa chiave di lettura del proprio e
dell'altrui progetto di esistenza!
(La Gazzetta di San Severo, 29 giugno 2013)
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