Non nominare il nome di Dio invano |
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Il testo
completo è contenuto nel cap. 20, vss. 7
del''Esodo: " Non pronuncerai invano il nome del Signore,
tuo Dio". Gesù aggiunge: "Non spergiurare" [...]. Ma io vi dico: Non
giurate affatto" (Mt 5, 33-34).
Il Comandamento
prescrive il divieto non di pregare, ma di nominare "invano", cioè senza una
giusta ragione, il nome di Dio perché
sacro e santo. Cosa vuol dire questo?
Innanzitutto si
deve precisare che con Dio si può parlare liberamente con la mente e con il
cuore per chiederGli aiuto e ringraziarLo dei tanti doni ricevuti continuamente
e che giornalmente elargisce a ciascun essere umano: la vita, benefici vari,
perdono per gli errori commessi, la buona salute... L'atto del "Grazie" è un
riconoscere la Sua Bontà infinita e soprattutto la Sua Paternità estesa a tutto
l'universo dei viventi e non. Agire in maniera contraria significa misconoscere
la Sua Dignità e il Suo immenso Amore per la creazione.
Le azioni concrete con le quali
l'uomo offende questa Paternità universale sostanzialmente sono due: la
bestemmia con tutte le sottoforme di imprecazioni e lo spergiuro come
giuramento chiamando a pretesto Dio su una realtà oggettivamente falsa.
La bestemmia, compresa quella
cosiddetta giocosa o per inveterata abitudine, costituisce una manifesta
scorrettezza nei confronti di Dio, come a volerLo quasi colpevolizzare per un
errore commesso invece dall'uomo. Il vero problema è nel non constatare gli
effetti delle libere scelte umane, talora deleterie, e proiettarle poi su Chi
non ne è assolutamente all'origine: perché ciò? Questa è la domanda alla quale si dovrebbe dare una risposta. È come uno scrollarsi
e uno scaricarsi di responsabilità personali per addossarle, per così dire,
sulle spalle di Chi ha dotato l'uomo di libero arbitrio, che in quest'ultimo è
incluso, purtroppo, anche quello di poter compiere il male, senza che egli predisponga
sempre gli opportuni anticorpi (autocontrollo) per prevenirlo o contrastarlo.
Neanche si può bestemmiare Dio per il Suo silenzio su guerre o malattie
improvvise, silenzio talora subito per saggiare la serietà della volontà umana
nella ricerca e nel perseguimento del bene. Dio talora tace, non perché
assente, ma perché sono gli umani a non saper ascoltare non solo la propria
coscienza, ponendo magari attenzione alle futilità, alle rivalità fratricide e
ai crimini più atroci, ma anche perché non rare volte si parla e si agisce troppo
e a vanvera: come si può percepire la vibrazione del divino in mezzo alle tante
inutili e dannose operazioni con le numerose chiacchiere mentali e verbali che
molto spesso coprono e vanificano la Sua voce? Usando ingiustamente improperi,
non Gli si può rimproverare questo Suo non parlare, al quale, in un certo qual
modo, Egli è come costretto, quando piuttosto è l'uomo che non ha appreso
l'arte del dialogo, che è fatto soprattutto di reciproco vigile ascolto. Per
queste elementari osservazioni di buon senso la bestemmia alla fine risulta con
il trasformarsi in una forma di
boomerang lanciato da chi non sa né riflettere né rispettare e né tantomeno comunicare
in modalità logica.
Poi c'è lo spergiuro. Come ci si può
appellare alla testimonianza della presenza di Dio per confermare o
giustificare un'affermazione umana decisamente bugiarda? Dio non può essere un
testimone del male né il chiamarLo in merito è un segno di riguardo per Lui
come a dar valore a quanto si va dicendo o facendo. Dio non può avallare il
meschino e talora perverso gioco umano né può far erigere a luce ciò che è solo
calcolo interessato. Dio non è un amico che accondiscende solidarizzando con
ciò che non può essere oggetto di solidarietà, ma Egli è Verità, Trasparenza,
non ombra o penombra. Perciò lo spergiuro è un ricorso non solo inadatto ma quasi
costrittivo come a voler indurre arbitrariamente Dio ad aprire indebitamente
gli occhi sulle malefatte umane e pretendere poi da Lui il Suo consenso. Come
si può credere che il Bene Assoluto diventi Male o la Verità Assoluta muti la
sua natura in menzogna impudente?
Il Comandamento, dunque, poiché
Dio è una Essere serio sebbene buono e misericordioso con il quale però è vietato
scherzare o barare, invita tutti a essere altrettanto seri, coerenti e
responsabili nelle proprie scelte di vita e a chiamarLo in causa è solo in casi
eccezionali come quando è previsto dalla solennità di un momento, nel quale è
richiesto un impegno fondamentale e formale di onestà al quale occorre prestar
fede per il bene comune, come, per esempio, il giurare sulla Bibbia se si ha una verità da affermare o davanti a
Lui quando c'è da emettere una promessa di fedeltà da osservare come nel vincolo
matrimoniale. Ricorda Gesù: "Io vi dico: adempi con il Signore i tuoi
giuramenti" (Mt 5,33). Agire senza criterio o, peggio, con
leggerezza sarebbe, oltre che un dileggiare la sacralità di Dio, un venire gravemente
meno anche al rispetto che si deve a se stessi e alla propria credibilità di
esseri pensanti, cioè dotati di un'anima destinata e evolversi nella sua
purezza spirituale sia sul piano dell'integrità che su quello della crescita in
conoscenza del vero significato del
proprio esistere.
(La Gazzetta
di San Severo, 6 luglio 2013)
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