Le
testimonianze sull'esistenza storica di Gesù, a parte quelle che
provengono dalle fonti bibliche, sostanzialmente si poggiano su quattro
Autori: il giudeo Giuseppe Flavio e i romani Tacito, Plinio il Giovane
e Svetonio. Mi permetto di precisare, però, che non sono solo questi.
Andiamo un po' con ordine.
Giuseppe
Flavio è nato verso il 37-38 d. C., quindi, almeno nell'età giovanile,
ha avuto modo di conoscere e di parlare con qualche testimone oculare
degli eventi relativi alla persona di Gesù. Infatti di Lui parla in tre
passi nell'opera “Antichità giudaiche” (pubblicata fra il 93-94 d. C.):
nei primi due indirettamente (L. XVIII, cc. 116-119 e L. XX, c. 200),
nel terzo (L. XVIII, cc. 63-64) direttamente. Scrive in quest'ultimo:
“Ora ci fu verso questo tempo Gesù, uomo sapiente, seppur bisogna
chiamarlo uomo: era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di
uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei
e anche molti dei Greci. Costui era il Cristo. E, avendo Pilato, per
denuncia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non
cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti
comparve loro il terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i
divini profeti queste e migliaia d'altre cose mirabili riguardo a lui.
E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui,
sono chiamati i Cristiani”. Da storico attento, Giuseppe Flavio prima
di scrivere di determinati argomenti certamente ha dovuto documentarsi.
Il brano citato, peraltro, si ritrova nei codici più antichi delle
“Antichità giudaiche” e sulla sua autenticità non ci sono ormai dubbi.
Le
stesse osservazioni vanno fatte per quanto riguarda Tacito. Nato verso
il 55 d.C., poco prima del 117 d. C. pubblica gli ”Annali” e di Cristo
parla dettagliatamente nel L. XV, c. 44: “Questo nome (di cristiani)
viene loro da Cristo, messo a morte dal procuratore Ponzio Pilato sotto
il regno di Tiberio”. Si ricordi che Tacito è uno storico scrupoloso,
che per le sue affermazioni ha dovuto attingere a fonti assolutamente
attendibili. Probabilmente di Gesù ha sentito parlare da parte di
testimoni oculari quando si recò in Giudea con l'Imperatore Tito e
quando fu Proconsole in Asia (112-113 d. C) ove raccolse notizie in
occasione delle persecuzioni contro gli stessi cristiani. Certamente
aveva letto anche, per documentarsi, le relazioni che i vari
Procuratori ogni anno inviavano a Roma dalla Palestina per informare
l'autorità imperiale di ciò che in quella regione accadeva.
Plinio
il Giovane, Proconsole della Bitinia, scriveva a Traiano nel 112 la sua
celebre lettera (Epistolario, L. X,, lettera n. 96). In essa solo
indirettamente parla di Cristo, quando, riferendosi alla Bitinia,
afferma: “Qui i cristiani sono soliti radunarsi prima dell'alba e
cantare a Cristo che considerano un dio”. È la constatazione di un dato
di fatto.
Svetonio scrive invece verso il 120 d. C. e, trattando
di Claudio e di Nerone, accenna a fatti compiuti “nel nome di Cristo”
(“Vita di Claudio”).
Nei primi decenni dopo la morte di Gesù
circolavano numerosi “detti” di Cristo (in greco “loghia”), riportati
da vari papiri della prima metà del II secolo d. C.: Rylands,
Oxyrhynchus Papiri, Egerton…
Alla fine del II secolo d. C. risale
anche la stesura del “Mishna”, una raccolta di leggi e di usanze
ebraiche, espressione della tradizione rabbinica. In essa non poche
volte si parla di Gesù, anche se naturalmente in maniera polemica.
S.
Giustino (II secolo) nella sua opera “Apologetico” ( L. I, c. 48)
allude agli “Acta referentia res gestas sub Pilato”, un testo che
circolava negli ambienti degli studiosi. In esso spesso viene ricordata
la figura di Gesù.
Il documento sconosciuto al quale spesso si fa
riferimento è la cosiddetta “Lettera di Lentulo”, inviata al Senato
romano da un favoloso predecessore di Pilato di nome Lentulo e messa in
circolazione durante il Medioevo (probabilmente nel XIII secolo). È
autentica o no? Francamente non lo sappiamo con certezza. La riporto,
nelle parti principali e nel suo testo originale latino.
Ecco il
testo: “Apparuit temporibus istis et adhuc est homo magnae virtutis
nominatus Christus, …quem eius discipuli vocant filium Dei, suscitans
mortuos et sanans (omnes) languores, homo quidam statura procerus
mediocris sed spectabilis, vultum habens venerabilem…, capillos habens
coloris nucis avellanae praematurae, planos fere usque ad aures, ab
auribus (vero) circinnos crispos, aliquantulum ceruliores et
fulgentiores, ab humeris ventilantes, discrimen habens in medio
capitis, …, frontem planam et serenissimam, cum facie sine ruga et
macula,…nasi et oris nulla prorsus (est) reprehensio;… barbam habens
copiosam capillis concolorem, non longam, sed in mento (medio) parum
biforcutam;…oculis glaucis variis et claris existentibus…aliquando
flevit, sed numquam risit; in statura corporis propagatus et erectus,
manus habens et brachia visu delectabilia, in colloquio gravis, rarus
et modestus…”
In conclusione a quanto detto fin qui: facendo
un'analisi comparativa tra le varie fonti (neotestamentarie e non
cristiane) l'esistenza storica di Gesù non può assolutamente essere
posta in dubbio. La concordanza nelle asserzioni e la logica
connessione fra i vari elementi storici riferiti inducono il semplice
buon senso a riconoscerne l'evidenza. Nel caso contrario, si
spiegherebbe forse qualcosa di quanto accaduto, scritto e tramandato
fino ad oggi in materia? Di qualche dettaglio di un “fatto” si può
anche discutere, ma negare il “fatto” stesso, sul quale confluisce una
pluralità probante di indizi, sarebbe quanto meno poco intelligente.
(da 'Il Giornale dei Misteri')
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