L'Oltre è un'ipotesi che non è più
solo tale. Alla superficiale affermazione della "morte negata" dovrebbe far
seguito l'impegno a sviluppare una nuova antropologia e una nuova cosmologia.
Troppe sollecitazioni sono date alla nostra intelligenza, e da fonti disparate,
perché si possa più rimuoverlo. Certamente questo non elimina né svuota il
carattere di misteriosità che lo circonda o quel senso diffuso di inconscia
paura o timore che si prova quando si va a sondare un mondo di questa
fluttuabilità. Si fa un passo in avanti, ma subito ci si ritira, per dirla con
V. Hugo, ma senza questo coraggio, cauto ma aperto e fiducioso, non si riuscirà
mai a far compiere un balzo in avanti alla nostra fondamentale domanda di
conoscenza. Chi ha subito e sofferto la lacerante perdita d'una persona cara
troverà nell'Oltre un consolante motivo di conforto e sicurezza. Chi ama la
verità, qualunque essa sia, vi trova una sfida stimolante: in fondo con lo
strumento della ragione (l'unica nostra risorsa attuale per conoscere) possiamo
pervenire a qualcosa, anche se occorre dire che l'iniziativa dello "squarcio del
velo" non è dell'uomo ma dell'Oltre. Il perché di questo è un mistero. Bisogna
aggiungere che questi è sempre disponibile se i nostri pregiudizi non lo
escludessero scioccamente dal loro ambito di indagine. Lo scettico (e l'ansioso)
dirà: meglio vivere il presente, radicandosi alla realtà effettuale di ciò che
si vede, senza porsi tante difficili e inquietanti domande; se c'è qualcosa,
meglio rinviarne la conoscenza al "dopo". Credo che quest'ultimo atteggiamento,
comprensibile ma di per sé anche un po' rinunciatario, non porti in alcuna
direzione né ad alcunché di positivo: alla fine la domanda, esorcizzata e
rimossa o cacciata dalla finestra, ritorna prepotentemente dalla porta centrale.
Non si può, cioè. fuggire da se stessi. Tanto vale, allora, affrontare il
problema e "affrontarsi" con lucidità e serenità. La vita non potrebbe
riacquistare senso e qualità?
Sintetizzando ora tutto il nostro discorso
sviluppato fin qui, alcuni elementi certi conseguenti a questi studi possono
darsi per acquisiti:
·
La morte è un passaggio
vissuto con una sensazione di leggerezza, come di liberazione.
· Il sonno ristoratore come momento di
riequilibrio psichico da adattamento alla nuova situazione dopo il "risveglio" e
di avvio del processo evolutivo.
· L'incontro incoraggiante con parenti e
amici.
· Esame della vita davanti a un amoroso
Essere di Luce.
·
Evoluzione dello spirito
senza che esso perda la propria identità.
· Sviluppo pieno e integrale della
libertà.
· Conservazione dei legami affettivi con
quelli che sono ancora nell'Aldiqua.
· Destino di amore e di luce per tutti,
anche se in misura diversa, ma ugualmente appagante sul piano
personale.
·
Eterno presente, in una
coesistenza simultanea (Lama Govinda), con una condizione che "va oltre il tempo
e lo spazio" (Mircea Eliade), perché è lì che cessa il "divenire" e inizia il
"l'essere".
·
Solo chi "non vuole" non
partecipa a questa "festa dell'Essere" ( questo è l'Inferno).
·
Chiarito questo, l'essenza del vivere
risiede, dunque, nel nostro pensiero e, quindi, nella nostra coscienza. Essa è
energia che crea, malgrado noi, modella il "proprio" mondo, si associa ad altri
mondi affini per contiguità spirituale. Sicché l'Oltre è formato, a seconda dei
vari gradi evolutivi, da molte "dimore", ciascuna abitata da "affinità" che
fraternizzano fra di loro. A questo si arriva dopo un periodo di "sosta", di
purificazione e poi di smistamento: ci sarà anche un "Centro di Informazione"
perché ciascuno possa ritrovare la persona cara. Sullo sfondo agisce sempre
l'amore misterioso di Dio, questa Suprema Energia Pensante (o Punto Omega, come
lo chiamava Teilhard de Chardin) che dà vita e forza alle singole energie: è da
Lui che si attinge la capacità della continua autoprogettazione nel proprio
particolare universo. Dio si presenta come Luce benefica e realmente e
infinitamente paterna che vuole la felicità di ogni coscienza: pone tutti in
condizione di accedervi, anche quelli che nella loro vita terrena sono stati
incapaci, per viltà o egoismo, di perdonare o di aprirsi alla dimensione
dell'amore sincero.
Per questi ultimi ci sarà una forma di
autoconoscenza dolorosa dell'amore non donato e il conseguente avvio del
processo interiore di purificazione e di crescita in vista della definitiva
vittoria sulle forze negative che ne avevano deturpato il volto. Come?
Certamente con un periodo di tempo ( o condizione di vita, più psichica che
cronologica) di rigenerazione dell'essere descritto nelle diverse culture in
varie maniere (Purgatorio, Reincarnazione...): tutto guidato dall'Amore, quello
stesso che poi li spinge, non in modo metaforico ma reale, a viverci accanto e a
darci una mano nel nostro cammino terreno. Solo chi "volontariamente" si chiude
a questa ulteriore offerta d'amore si autoesclude da una tale dinamica
evolutiva, vagando lontano dalla Luce come "anima in pena" o "spirito confuso":
e sarà l'Inferno (anche questa è una realtà che si configura come il supremo
gesto di rispetto che l'amore di Dio ha per le libere scelte di ognuno: cfr.
Matteo 12, 31). D'altronde proprio questo sembra adombrare la I Lettera di S.
Pietro (c.3, 18-20), quando riferisce della "discesa di Cristo agli Inferi"
(=regno dei morti) per annunciare a tutti la liberazione: anche nell'Oltre,
quindi, ci sarebbe una possibilità di salvezza. Si legga, peraltro, nella I
Lettera di S. Giovanni (c.3, 20): "Dio è più grande del nostro cuore" e, quindi,
anche della nostra miseria.
Credo che, anche se in embrione, tutto
l'Oltre sia già presente nel cuore di ogni uomo o, come afferma S. Paolo
(Efesini 4, 6): "Dio Padre di tutto è presente in tutto". Solo che la fase di
gestazione di questo misterioso progetto, vissuta nel grembo dell'attuale e
spesso contraddittoria esperienza terrena, andrebbe condotta avanti con serena
lucidità, finalizzandola alla "meraviglia" che appena s'intravede chiusi come si
è fra i limiti della nostra materialità. Ogni tanto una "buona mano" (e a tutti
accade di averla, almeno una volta nella vita) fa sentire il tocco della sua
tenera vicinanza. A ciascuno l'accortezza di affinare il "terzo occhio" per
"vedere" o il "terzo orecchio" per "sentire". Questa non è poesia o vuota
fantasticheria, ma un'intuizione profonda che si avverte distintamente, anche se
non si riesce a quantificarla nella sua visibilità: basta essere solo un po'
meno distratti.
Ci sono ormai troppi "segni", innumerevoli "presenze"
umanamente inspiegabili, molti "gesti" di aiuto da non poterci più autorizzare a
fare i finti sordi o i finti ciechi. Una fede, se c'è, diventa così certezza,
fiducia e gioia; se non c'è, questi "fatti" ne stimolano la nascita e un
eventuale sviluppo: una vita senza una fede non è vita.
Se sotto certi
aspetti, dal momento che ci troviamo in un contesto di fede cristiana, la Chiesa
fa bene a raccomandare prudenza in queste ricerche (e lo dicono anche tutti gli
studiosi più attenti), sotto altri non dovrebbe temere nulla da esse, perché non
si tratta in alcun modo di magia, stregoneria o spiritismo (cose sulle quali il
dubbio e, spesso, la condanna sono sempre legittimi e per tanti motivi)), ma di
esperienze scientifiche, occasione di un possibile arricchimento non solo del
patrimonio conoscitivo ma anche di quello etico e, perché no, religioso: a certe
rigidità, spesso frutto più di disinformazione che di altro, Dio può rispondere
tranquillamente, a seconda dei tempi e delle necessità, con la Sua libertà
d'intervento. Credo, inoltre, che la Chiesa, al di là del Decreto del
Sant'Uffizio del 1917 (che, peraltro, al nostro caso non è applicabile, perché
non si tratta di evocare nessuno per trarne effimeri vantaggi), abbia un urgente
bisogno di prendere contatto con tutte queste ricerche di frontiera, che vengono
condotte avanti, grazie anche alle sollecitazioni offerte nella "Gaudium et
Spes" del Concilio Vaticano II (P. III, c. II), perché è dovere del ricercatore,
nel rispetto della propria coscienza e della propria libertà, procedere nelle
sue indagini, i cui risultati alla fine possono essere utili a tutti, quindi
anche allo sviluppo del patrimonio conoscitivo della Teologia, che, come tale,
dovendo interpretare i "semi" fondamentali della Rivelazione, è sempre
suscettibile di evoluzione. Osserva a proposito P. David M. Turoldo: "Sulle cose
è la Fede a dire la prima, ma la Ragione a dire l'ultima...E comunque, anche
l'ultima parola della ragione non sarà per chiudere il discorso ma per lasciarlo
aperto" (Cfr, Il dramma è Dio, p.63).
Chi scrive non può che concludere
affermativamente sulla positività di questo vissuto esperienziale: esso segna di
sé la storia di una coscienza. Ciò che la filosofia, la scienza, la ricerca
antropologica, letteraria e storica non riescono, se interrogate, a dare come
risposta esauriente, simili eventi "straordinari", se ben letti, possono
offrirla. Tutte le ipotesi avanzate crollano l'una dopo l'altra davanti
all'inesorabile evidenza delle cose. Credo che le "vere" difficoltà siano più
nelle resistenze umane che non nella realtà oggettiva della ricerca. Non si
tratta di burle altrui o di autoillusioni. Qualcuno ha detto: "Il prodotto
dell'inganno è come il frutto di un albero malato che marcisce prima di
maturare". Se ciò non è accaduto (e non accadrà), vuol dire che l'albero-fonte
di conoscenza era ed è buono.
Queste ricerche vanno vissute con
tranquillità, senza fanatismi, con gli occhi della mente sempre bene aperti, con
il confronto costante con altre esperienze analoghe, senza più o meno inconsce
motivazioni consolatorie o fideistiche, ma soprattutto senza abusare mai
dell'apertura del "varco". Da una conoscenza precisa, onesta e corretta dipende
buona parte del corso qualitativo della vita.
Nel film "L'orso" si dice :
"Il Paradiso è dentro il tuo cuore. È lì che devi trovare la forza e il coraggio
di essere ciò che sei destinato a essere". In fondo questo è il progetto
dell'Oltre. Alla mente aperta le sue valutazioni di merito.
(da 'Il Giornale dei
Misteri')
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