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I limiti della conoscenza umana/2 PDF Stampa E-mail
Indice articolo
I limiti della conoscenza umana/2
Alcune osservazioni conclusive
Bibliografia
I limiti della conoscenza umana - II parte

6. Il tentativo di ricerca del significato

Ci sono molti eventi che non hanno una esauriente spiegazione scientifica, nonostante gli sforzi che si possano fare per averla. Ne elenco solo alcuni: coincidenze non casuali, apparizioni "vere e autentiche" e non allucinazioni, dialogo strumentale con le "voci" con risposte logiche e sconosciute nei contenuti allo sperimentatore, eventi miracolosi non statisticamente spiegabili con le comuni leggi naturali,  ecc.  Per tutta questa serie di "fatti" bisogna prospettare delle ipotesi, cerando di scoprire e di leggere qualche significato in essi nascosto. In fondo costituiscono delle informazioni e queste vanno decodificate. La conoscenza non può fermarsi al semplicistico e sbrigativo  "Non so" o "Non riesco a capire, dunque sono inesistenti".

La nozione di significato, nella riflessione filosofica condotta avanti nel tempo, è andata incontro a una varietà di interpretazioni: rappresentazione del reale, connotazione di un oggetto quando è portatore di un'informazione e "vettore di campo" (A. P. Hushenko). In ogni caso essa implica che ciò che accade sotto gli occhi o nella sperimentazione, oltre che il riferimento a un oggetto particolare,  può indicare  anche "altro" che attorno a esso tende a svilupparsi e questo va ulteriormente indagato, se si vuole approdare a una visione d'insieme. Ě quello che fa la semantica. Non ci si può legare, dunque, magari bloccandosi, solo ai dati, ma imparare a saper volgere lo sguardo, non senza un pizzico di indubbio coraggio, anche un po' oltre. La "ricerca del senso"  è vitale, anche se non necessariamente dietro "ogni"  cosa c'è sempre l'obbligo intellettuale di porlo in moto.

Il termine significato  rinvia a quello di "segno" , cioè è simbolo e indicatore di una qualcosa di più profondo, che è direttamente collegato con esso. Ovviamente non in ogni evento avviene questo, però alcuni fenomeni impongono questo tipo di ricerca, come, per esempio,  quelli ai quali si faceva cenno sopra. Il vivere, per quanto lo si possa analizzare scientificamente, nel suo dinamico svolgesi resta sempre complessivamente un groviglio di mistero e così alcune sue manifestazioni.  Sarebbe troppo banale e arrendevole cercare di interpretarlo in maniera esclusivamente e riduttivamente meccanicistica.  Questa può illuminare la mente sulle modalità del suo esplicitarsi, ma non sulle ragioni di fondo che le danno un "senso", cosa che richiede riflessioni di altro genere e  riferimenti epistemologici  ad altre discipline. Chi ama la verità, qualunque essa sia, non può fossilizzarsi al "qui e ora", ma deve tentare di intravedere, se ne ha la possibilità, cosa si cela dietro l'apparente velo dell'incomprensibile e senza farsi tanto condizionare dalla fantasia.  C'è una forma di razionalità più fine, che va al di là della semplice connessione "causa-effetto"  o della "non contraddittorietà" tra le varie asserzioni di una proposizione: è la capacità di   scoprire alcuni legami solo apparentemente invisibili, quella cioè che io chiamo "il linguaggio del vuoto".

L'interazione psi spiega molti fenomeni naturali, come anche l'inconscio personale e collettivo, però non può chiarire il tutto, perché tale tutto particolare  non sempre o quasi mai è frutto di pure e semplici casualità o di un certo determinismo psicofisico. Una operazione del "perché accada proprio così" è da ricercare al di fuori del fenomeno stesso e delle sue dinamiche interne, dal momento che niente si spiega con se stesso (K. Gödel). Questo "al di fuori", da percepire non più con gli strumenti sperimentali della scienza,  è da porsi al di là del comune visibile, perché va oltre la condizione umana attuale, pur verificandosi in essa. Ovviamente ciò non ha nulla a che vedere con la fede, che si fonda su una rivelazione, ma non con il reale trascendente, perché, peraltro, quest'ultimo in qualche modo è ipotizzato e postulato, certamente in maniera velata, anche dalla stessa scienza (B. d'Espagnat).

Per alcuni fenomeni eccezionali il tentativo di ricerca del significato, in sé motivato e anche giustificato,  non può che condurre in questa direzione.

A tal proposito ho elaborato due semplici formule che rendono matematicamente leggibile il calcolo della probabilità, in base al quale pervenire a un significato di questo genere, se non si vuole rimanere chiusi nelle strettoie della pura fisicità:

f1web.png(1) Conoscenza aperta all'Infinito

Dove:
P = Probabilità
U = Uomo
∞ = Infinito
Sa = Scienza Aperta
Ii = Intuizione Indizi
Le = Logica coniugata all'Etica

f2web.png(2) Conoscenza Superstiziosa e/o Ignoranza
Dove:
C = Conoscenza
Si = Superstizione e/o Ignoranza

Questa visualizzazione del problema mi sembra che non abbia bisogno di tanti commenti: gli elementi parlano da sé, anche se il concetto di probabilità è andato incontro nel tempo a varie  e talora sofisticate interpretazioni (B. Pascal, P. de Fermat, L. J. Savage, R. von Mises, A. N. Kolmogorov, Th. Bayes, ecc.) . Di queste indico solo alcune.

Per esempio, A. Markov (1981) nella Teoria generale dei campi casuali ha focalizzato l'interesse e l'importanza  della ricerca sulla modellazione spaziale (distribuzione della probabilità fra insiemi e sottoinsiemi).

B. de Finetti (1974) afferma che "la probabilità non esiste". "Nell'asserire ciò," scrive a tale proposito D. J. Spiegelhalter, " egli (de Finetti) rifiuta ogni idea dell'esistenza di una "vera" probabilità oggettiva di un evento e spiega che la probabilità può differire in base alla persona, al tempo e alle informazioni accumulate: tutte le probabilità sono condizionate sulle evidenze ritenute rilevanti dallo stimatore. Com'è possibile, allora, spiegare il significato di probabilità? Da un lato le probabilità sono dei numeri che obbediscono a certe leggi matematiche di base che assicurano una consistenza su varie combinazioni di eventi. D'altra parte tali leggi non sono degli assiomi, ma possono essere derivate da criteri comportamentali intuitivi, particolarmente importanti alla costruzione e valutazione di sistemi esperti.... Si potrebbe affermare che non è ragionevole valutare un sistema esperto solamente sulle basi di predizioni numeriche, e che la chiarezza nella spiegazione, la facilità di stima, l'abilità di apprendimento e la trasparenza della rappresentazione della conoscenza sono solo degli aspetti desiderabili... Il ragionamento probabilistico, oltre ad essere teoricamente necessario in ogni contesto predittivo, è anche giustificato in relazione al criterio di cui sopra. Inoltre esso permette una propagazione efficiente delle evidenze..." (D. J. Spiegelhalter, o.c. in Bibliografia generale)

Quello esposto sopra è, appunto, un ragionamento probabilistico che presenta tre variabili (Scienza aperta, Intuizione indizi e Logica coniugata all'Etica) non numericamente quantificabili, e quindi non rappresentabili (probabilità imprecisa), ma non per questo non comprensibili nella loro interconnessione. Se una delle tre variabili ha un valore diverso da 1 o addirittura molto vicino allo zero, allora la probabilità perde il proprio equilibrio e diminuisce nella sua estensione.  Quindi le tre componenti dovrebbero coesistere in uguali proporzioni per avere la probabilità e/o la possibilità che l'uomo possa aprirsi all'Infinito.

Se, per esempio, avessimo un alto grado di Scienza aperta e di Intuizione degli indizi e, contemporaneamente, un basso livello di Logica coniugata all'Etica, allora il discorso di apertura si potrebbe facilmente bloccare; d'altro canto se una situazione analoga si verificasse per la seconda (Intuizione Indizi) e la terza variabile (Logica coniugata all'Etica) e non tanto per la prima (Scienza aperta), potrebbe prevalere un diffuso fideismo aprioristico; se, infine, i valori della prima e della terza variabile fossero alti e quello della seconda basso, allora la probabilità diverrebbe riferibile solo ad alcuni fenomeni (come, ad esempio, quelli studiati dalla scienza). 

Parlando non di sistemi predittivi, ma di eventi comportamentali, non si arriverà, però, mai alla certezza matematica, perché rimane sempre la questione della libertà personale, che, per tante ragioni (non escluse quelle legate alle resistenze interiori al cambiamento), può spingere l'uomo a negare il proprio assenso anche trovandosi di fronte all'evidenza. Perciò è necessario introdurre un nuovo termine VA, soggettivo, che rappresenta il grado della Volontà di Adesione  dell'individuo nei confronti di un eventuale Assoluto. In questo modo la (1) diverrebbe:

f3web.png(3) Conoscenza aperta all'Infinito con Soggettività
Dove:
VA= Volontà di Adesione

Si è, quindi, in grado di affermare che sia la Scienza, sia l'Intuizione, quest'ultima nella sua accezione più ampia di capacità cioè di lettura delle cose, e sia la Logica con il suo relativo rapportarsi mentalmente all'Etica sono gli indispensabili (ma non unici) prerequisiti per giungere a carpire qualche spicchio di verità e tentare così di andare anche oltre senza la paura di sfiorare eventualmente il mistero stesso dell'essere e del vivere.



 

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