L'esperienza con la metafonia mi ha
convinto a parlare e a scrivere di Dio come di un Padre tenero e affettuoso, che
pensa, provvede e difende i Suoi figli lungo il percorso della loro esistenza.
A
tal proposito Gesù ha suggerito di invocarLo con la bellissima preghiera del
"Padre nostro, che sei cieli...", come anche le "voci" sottolineano il
"Grande amore di Dio per il Suo universo", aggiungendo "Meraviglioso,
meraviglioso è": questo aspetto conoscitivo del divino è come attraversato
da un'onda di immenso stupore che invade la coscienza. L'invito di Gesù non è
assolutamente smentito dai fatti, anzi a una più acuta osservazione degli stessi
si evince, anche se con qualche comprensibile difficoltà, che il benefico
intervento di Dio-Padre è costante, premuroso, misericordioso e mirato non solo
alla conservazione della natura e della sua bellezza (fiori, animali, l'intera
creazione...), ma soprattutto allo sviluppo della singola persona umana, perché
dinanzi ai Suoi occhi si è tutti Suoi figli, perciò importanti e comunque
depositari di una "missione" da compiere per la salvezza di sé e del prossimo:
certamente ognuno ha da seguire un "proprio" tracciato diverso e distinto da
quello degli altri, tutto sta a saperlo "riconoscere" e, se non si è grado di
farlo, almeno a lasciarsi guidare dalla mano sapiente della Provvidenza divina,
i cui fini solo fuori dalla dimensione "spazio-tempo" potranno acquistare una
coerenza nella lettura del loro contenuto. L'aiuto viene offerto da Dio in
svariate maniere e modalità, che spesso sfuggono alla terrena empirica verifica,
ma che si rendono ben visibili soltanto se si attiva un minimo di attenzione e
se viene offerto lo spazio alla capacità di intuire come al di là delle
apparenti assurdità esiste un significato più profondo da conferire alle cose e
a ciò che avviene nel mondo.
Tante nella storia sono state le tragedie
che si sono abbattute inesorabili sulla testa dell'uomo, seminando distruzioni,
rovine, disastri e morte, specialmente di innocenti, fra i quali in primo luogo
sono da annoverare i bambini. Alcune di queste, come le guerre, le stragi, gli
odi etnici e le epidemie, sono certamente causate dall'ingordigia e imprevidenza
umana; altre, invece, sono prodotte dalla veemenza delle forze primordiali e
ancestrali della natura, come i terremoti, i maremoti, le eruzioni vulcaniche,
ecc. Sia le prime che le seconde colpiscono perlopiù quasi sempre i più poveri e
i più deboli, cioè quelli emarginati dalla partecipazione e fruizione ai beni
comuni del nostro pianeta. Immane e atroce è quella accaduta recentemente nel
sud-est asiatico con il suo incalcolabile numero di vittime e il terrificante,
orribile e straziante spettacolo di spaventose devastazioni provocate a cose e
ambiente.
Come spiegare tutto ciò? Se esiste un Dio Padre dell'uomo come
conciliare questo con la Sua bontà?
In realtà una risposta a questi legittimi
e drammatici interrogativi è molto difficile da dare, se non comunque ardua,
perché siamo come tanti emigranti che vagano nel mistero dell'essere, del vivere
e dello stesso universo. Pur dotato di uno spirito chiamato all'immortalità,
l'uomo è nei fatti una creatura piccola, fragile, provvisoria, balbettante,
vulnerabile e perciò soggetta alle ferite delle varie violenze originate
dall'esterno. Si è ancora presenti nella materialità e questa ha le sue fasi
evolutive, che se talora generano catastrofi, forse è proprio per ricordare a
tutti che non si è onnipotenti e che il paradiso non è quaggiù, su questo
minuscolo pianeta di uno dei tanti sistemi solari inseriti in una delle
innumerevoli galassie che popolano l'immenso spazio. Certamente Dio Padre non
vuole né programma o permette le ecatombi né tantomeno le apocalissi con le loro
luttuose sciagure, anche se queste oggi si presentano globali nelle loro
conseguenze dolorose come altrettanto globali e permanenti dovrebbero, però,
presentarsi le risposte a tali emergenze. Semplicemente accadono e Lui non è
assente né impotente a evitarcele. Dio soffre con l'uomo, ma prepara anche un
"disegno", a quest'ultimo ignoto, mediante il quale, come un forte shock
traumatico, spingerlo a elevarsi maggiormente dagli schemi dei suoi ciechi
egoismi, inducendolo a scrivere una nuova pagina di speranza, di serenità e di
pace in direzione del superamento dei propri confini spazio-temporali e traendo
così miracolosamente da un oggettivo male anche una briciola di bene: le Sue vie
sono molto diverse dalle nostre! In questo modo la vita e la morte di ognuno
sono un "segno" per l'intera storia contemporanea e futura, perché questa cambi
in stile e qualità per le presenti e le successive generazioni. Senza queste
terribili esperienze nessuno forse mai capirebbe il vero volto del vivere,
adagiandosi magari unicamente in una visione impazzita e godereccia
dell'esistenza.
Si obietterà a questo punto: ma cosa c'entrano i bambini,
i poveri, gli onesti, un tempo gli ebrei eliminati dalla furia nazista nei campi
di sterminio o nei forni crematori? Si potrebbe ancora chiedere: perché proprio
ad alcuni in particolare e non ad altri? Se delle calamità, come le guerre e i
genocidi, è certamente responsabile la follia umana, di quelle naturali chi ne è
l'autore? Francamente qui nessuno può dirlo: l'ineluttabilità o
l'imprevedibilità di un evento naturale potrebbe indurre a pensare al caso, al
destino, a una forma di fatalità all'uomo sconosciuta e da questo non
controllabile. Ma non sempre è così, perché quanti effetti distruttivi di tali
eventi sono anche il frutto di tanta umana disattenzione ai "segnali" o
"sintomi" premonitori che la natura comunque pure dà e che sistematicamente
spesso rimangono disattesi e inascoltati. Di esempi qui se ne potrebbero addurre
tanti: la deforestazione con frane, l'inquinamento con alterazione
dell'ecosistema (clima e ritmi stagionali), la non efficiente organizzazione
mondiale nei monitoraggi del pericolo e della relativa non comunicazione
preventiva dello stesso e così via. In ogni caso della natura, che andrebbe
sempre rispettata, mai bisognerebbe aver paura ma neanche sottovalutarla,
violandola, provocandola e sfidandola con ignorante supponenza: alla fine
potrebbe ribellarsi, prendendosi, come talora fa, una irata rivincita! Tutto
questo le "voci" lo ripetono spesso, quando, riferendosi ai comportamenti umani,
dicono: "Che guaio, un bel guaio!".
Dio tace, si ritira dal
rumore, si fa silenzio, perché l'uomo cominci a essere e a vivere da "uomo",
cioè a pensare solidalmente e a condividere ogni cosa come parte di una
comunità, a studiare la maniera più saggia per difendersi, ad attuare
concretamente, nel nome dell'etica dei valori, una più equa distribuzione delle
risorse economiche e tecnologiche fra i popoli non solo nei momenti della
sventura ma sempre, a non sostare al livello del meschino agire centrato
prevalentemente sul soddisfacimento delle personali smanie di possesso o di
potere. Dio tace perché l'uomo è libero anche di autosopprimersi e di
autoescludersi dal parlare una "lingua diversa" da quella della dominante
banalità. Dio "sembra" essere assente, ma in fondo è il grande sofferente per
l'uso distorto che si fa dell'umana libertà. Il Suo progetto rimane la vita, la
felicità, una umanità più giusta e pacifica, la piena e totale realizzazione
delle più profonde esigenze dell'animo umano, solo che esso, purtroppo, è
continuamente frenato, contraddetto, spesso ribaltato dalle tante rozze scelte
operate da ognuno nel tempo. Dio così è come costretto a "riadattare"
costantemente tale "disegno" amoroso in maniera creativa, in attesa che l'uomo
"ritorni" in se stesso e "ritrovi" il suo cammino equilibrato e dignitoso di un
essere chiamato a ben altro che alla semplice transitoria comparsa sulla scena
di questa terra. Spesso è duro, razionalmente ingiustificabile e inaccettabile
tutto questo, come strano e incomprensibile appare il silenzio di Dio, ma a ben
riflettere tutto ha un nesso, un legame, una ipotesi, un "senso": solo
occorrerebbe saperli leggere con gli occhi acuti di un'intelligenza più fine e
più attenta. Si scoprirebbe allora che è solo nel "silenzio" che Dio parla al
cuore dell'uomo: e purtroppo, nell'attuale condizione, soltanto il dolore
conduce quest'ultimo al "suo silenzio interiore", indispensabile premessa per
l'incontro con il Creatore di tutto, che è anche il comune Padre. D'altronde non
è forse nel silenzio che si colgono maggiormente le vibrazioni dello spirito,
come nell'amarezza di una sventura la possibilità di attingere quel lembo di
Luce da sempre intravisto ma altrettanto quasi sempre sfuggente per l'umana
superficiale distrazione?
In questo discorso gli innocenti bambini, che,
in conseguenza di simili tragedie, come angeli ritornano a Dio sono comunque
come tante stelle che si accendono con il loro sorriso nel mondo dello spirito
per illuminare e aiutare qualche coscienza che quaggiù ancora brancola nel buio.
Ai molti sembrerà inspiegabile o illogica l'eventualità di questa prospettiva,
ma nel mistero che avvolge ogni cosa forse sarà proprio così e soltanto alla
fine del tempo individuale ciò potrebbe rivelarsi, nonostante tutto, nell'intera
sua chiara e generosa bellezza. Lo stesso deve dirsi per quelli che rimangono
orfani di affetto o per quelli che sono oggetto di turpi e criminosi mercati
della vita operati da parte di chi sarebbe stato meglio che mai fosse nato:
anche per questi innocenti esistono un Dio, un giorno "che verrà" e
un'auspicabile severità verso gli innominabili autori di tali ignobili scelte.
Quanto sopra scritto si può oggi percepire solo con l'intuito e/o, per
chi crede, con la Fede, ma le sue ultime ragioni sono ancora lontane dall'essere
pienamente comprese. Anche qui le "voci" accennano spesso al "mistero"
che circonda tutti e tutto e che difficilmente, molto difficilmente, potrà
essere colto dalla umana intelligenza nella sua totalità. Comunque su questo
argomento a ognuno la libertà delle proprie deduzioni. La realtà, però, al di là
di un diffuso quanto non sempre giustificato scetticismo, sembra stare proprio
in questi termini.
(da 'Il Giornale dei
Misteri')
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