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Il pensiero
Il termine pensiero deriva dal latino pensum (participio del verbo pendere:
"pesare") e stava a indicare un determinato quantitativo di lana che
veniva appunto "pesata" e poi
passata alle filatrici che avevano il compito di trattarla. Il "pensum" era quindi la materia
prima, designante metaforicamente un elemento o un tema che doveva essere in
seguito trattato, elaborato e acquisire così una nuova forma.
Il
pensiero si presenta come un qualcosa di straordinariamente semplice, la cui
attività con il "pensum" si esplica
nel comporre oggetti.
Il
pensare è caratterizzato da alcune proprietà:
- Utilizzo di modelli, simboli, diagrammi e
disegni;
- Utilizzo dell'astrazione;
- Utilizzo della ripetizione e della ricorsione per la formazione del
concetto;
- Riduzione dell'attenzione finalizzata a un
aumento della concentrazione focalizzata su un concetto;
- Impostazione e revisione degli obiettivi
fissati;
- Utilizzo del dialogo e del confronto con
altre menti pensanti.
A. Il pensiero dal punto di vista filosofico
In alcune correnti della storia della filosofia, come nell'idealismo, a
cui appartengono filosofi pur diversi tra loro (Platone, Berkeley, Fichte,
Schelling, Hegel...), il pensiero è stato solitamente contrapposto ai sensi fino
ad essere considerato sinonimo della realtà stessa.
Anassagora, fra gli antichi greci, riteneva che il pensiero
non fosse dei singoli ma appartenesse ad una mente universale (detta Νούς, Nùs)
o Intelletto cosmico, che poneva ordine nel caos primordiale.
Pitagora identificava nel numero il
fondamento del pensare e della stessa realtà: secondo lui, il pensiero era strutturato secondo le leggi della
matematica.
Per Parmenide
ogni pensiero è sempre pensiero di qualcosa. Nel Poema sulla natura
scrive: "Senza l'essere ... non troverai il pensare". Perciò il divenire,
presentato dai sensi, non è pensabile, perché è
impossibile che l'essere nasca e muoia. La via maestra per approdare
all'essere è proprio il pensiero, che deve abbandonare ogni dinamismo per
riconoscere la semplice verità secondo cui "l'Essere è, e non può non
essere".
Con Socrate
il pensiero nasce e si sviluppa essenzialmente come pensiero
critico e come autocoscienza dei propri limiti: suo oggetto non è la verità, ma
il dubbio da chiarire.
La dimensione ontologica (la verità) sarà resa più
esplicita dal suo allievo Platone, che
distinse due modalità del pensiero:
- quello intuitivo, capace di cogliere più
propriamente la verità dell'Essere, coincidente con le Idee;
- e quello logico-dialettico, basato sul
ragionamento discorsivo e sulla confutazione dell'errore.
Il primo tipo ha la capacità di trascendere i
fenomeni sensibili risalendo fino all'astrattezza dell'unità, il secondo invece
è rivolto a distinguere e analizzare il molteplice. Il pensiero intuitivo è
però superiore a quello dialettico, perché guida il filosofo verso la
contemplazione, mentre la dialettica è solo uno strumento. Le Idee sono il
fondamento e la meta finale del pensiero: esse sono per così dire le
"forme" del pensiero, i modi con cui ci è dato pensare il
mondo. Platone così concepisce il pensiero in forma gerarchica: al livello più
alto esso è identico al pensiero statico parmenideo, e riflette in pieno la
verità dell'essere; man mano che si scende giù nella gerarchia, però, il
pensiero diventa sempre più inconsistente e fallace.
In seguito Aristotele, pur respingendo la teoria platonica delle idee, formulerà una distinzione
abbastanza simile a quella del suo predecessore: per lui vi è da un lato il
pensiero intuitivo-intellettivo (o noético), capace di cogliere le essenze
universali delle realtà che ci circondano, astraendole dal loro aspetto
particolare e sensibile; dall'altro vi è il pensiero logico-sillogistico, che
da quei princìpi primi fa scaturire delle conclusioni coerenti con le premesse,
scendendo a definire e catalogare il molteplice. La dinamica è la seguente:
l'Essere tende a passare dalla potenza all'atto, i sensi ne attivano un primo
movimento (pensiero latente, Intelletto
potenziale), intervento dell'Intelletto attivo dotato di coscienza,
autocoscienza, contemplazione sell'Atto Puro (pensiero di pensiero: Dio).
Con il Neoplatonismo
il pensiero mantenne e anzi acquistò una
valenza maggiore non solo sul piano conoscitivo, ma anche su quello ontologico
e salvifico, nel senso che l'anima (in forma di autocoscienza) vi ritorna per
mettersi in salvo. Solo nell'autocoscienza infatti il pensiero riesce a cogliere
la verità su di sé. Al di sopra di tutto c'è l'Uno assoluto per arrivare al
quale il pensiero deve completamente annullarsi, spogliandosi e uscendo da se
stesso in una condizione di estasi. (Plotino)
Per farsi meglio comprendere, Plotino paragona l'essere
alla luce: su un piano assoluto, il principio della luce è contrapposto
all'ombra. La luce, man mano che si allontana dalla sorgente, tende ad
affievolirsi, non perché si trasformi in ombra, ma solo perché viene a
mancare. Nell'oscurità, come vedere il
buio significa non vedere, così pensare il nulla equivale a non pensare
affatto. Fondamento del pensiero per Plotino sono le Idee platoniche, che poi
sono "il pensiero" per eccellenza, cioè infiniti modi di pensarsi di
quell'unica Mente o Intelletto (Nùs), che emana dall'Uno e coincide con
l'Essere. Di quest'ultimo non è dimostrabile l'esistenza, ma esso si giunge,
mediante il processo intuitivo, solo con l'ascesi mistica.
In seguito saranno gli autori cristiani, come Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino, San
Bonaventura, Cusano, ecc.,, a fare propria la tradizione neoplatonica e
aristotelica, che facevano del pensiero (contrapposto ai sensi) la chiave di
accesso alle realtà trascendenti e a Dio. Elementi fondamentali sono: il
principio di non contraddizione, il riconoscimento dell'intuizione, come forma suprema e immediata del sapere, coincidenza
fra essere e pensare, complementarietà del pensiero alla fede (Sant'Agostino),
il pensiero come forma di amore con il quale Dio si rende presente all'uomo (San
Tommaso), il pensiero come originato da
una Verità attingibile solo con l'intuizione (N. Cusano).
Nell'età moderna Cartesio per
primo cercò di costruire un sistema di pensiero autonomo, indipendente da
criteri teologici: per lui hanno valore
soltanto quei pensieri di cui si ha coscienza e che sono definiti in forma
chiara e oggettiva.
L'empirismo
anglo-sassone riduce il pensiero a un fatto, un concetto fissato e
"plasmato" dall'esperienza sensibile, in maniera quasi meccanica con
una attività mediata dai sensi .
Dopo Cartesio, tuttavia, ci furono nell'Europa
continentale dei tentativi di riportare il pensiero alla dimensione ontologica
e intuitiva dell'Essere con Spinoza (unità
fra idea e realtà) e Leibniz (esistenza
di diverse gradazioni di pensiero fino a quella suprema dell'autocoscienza).
Per
Kant il pensiero è una sorta di "legislatore della natura", cioè lavora quando
riceve dati da elaborare.
Partendo da Kant,
Fichte e Schelling arrivarono ala
conclusione che dal pensiero nasce e si produce tutta la realtà.
Hegel sostanzialmente concepiva il pensiero come un
fatto che sottometteva a se stesso, anche l'aspetto ontologico delle cose.
Al
giorno d'oggi prevalgono, da un
lato, spiegazioni del pensiero di tipo materialista e meccanicista, per cui il
pensiero sarebbe un prodotto fisiologico del cervello ottenuto dall'estrema
complessità delle connessioni neurologiche, da un altro la critica linguistica
alle contraddizioni di cui sopra.
B. Il pensiero dal punto di vista psicologico
In psicologia, il pensiero è considerato una delle
più alte funzioni cognitive e viene studiato in maniera interdisciplinare con
la logica, l'intelligenza artificiale, la teoria dei giochi. Si pensa cioè più
al modo come esso nasce si sviluppa (Piaget,
Skinner, la Psicologia della Gestalt) che a definire la natura del pensiero
stesso. In modo particolare Piaget distingue tre stadi: preoperatorio,
operatorio e formale. La ricerca contemporanea, soprattutto grazie alle
neuroscienze, sta mappando con sufficiente precisione le varie cerebrali interessate alla modulazione di determinati
pensieri (area logico-matematica. area artistico- creativa, area delle
emozioni, ecc.).
C. Il pensiero in psicoanalisi
In psicoanalisi (Freud)
vengono considerati pensieri tutti i processi cognitivi, sia quelli situati al
livello della coscienza (e tra questi i processi cognitivi di tipo discorsivo e
mediato), sia quelli che avvengono a un livello inconscio. Sempre secondo la psicoanalisi,
molte realtà che noi crediamo esistano realmente come fatti concreti, ad una
più attenta indagine si rivelano essere semplicemente e nulla più che
proiezioni del pensiero fuori di noi, quindi solo realtà interiori.
Nella psicoanalisi un posto centrale acquista lo
studio del sogno, che, secondo questa disciplina sarebbe una modalità di pensare come altre, ma
che diversamente dal pensare razionale non sottostà alle regole proprie al
pensiero controllato dalla ragione ma ha regole sue proprie q quindi il
pensiero inconscio si presenterebbe come autonomo da quello cosciente, che così
non sarebbe più quello unico o principale. Lacan
andò oltre Freud relegando l'io in una posizione secondario rispetto
all'inconscio, da lui chiamato Logos.
La scoperta e la messa in giusto valore del
fattore inconscio da parte della psicoanalisi fa sì che questa disciplina
costituisce un punto di rottura rispetto alla tradizione precedente della
storia del pensiero filosofico.
D. Prospettive filosofiche contigue
Questa tesi della psicoanalisi sull'autonomia
dell'inconscio ha influito sulle elaborazioni seguenti in vari altri campi come
per esempio la filosofia contemporanea dove la critica dell'Ego quale istanza
del pensiero aveva precedentemente subito una serie di analisi critiche già a
partire dal filosofo empirista David
Hume, precedendo in questa critica Friedrich
Nietzsche fino ad arrivare ai nostri
giorni a Martin Heidegger che giunge a negare che il soggetto del
pensiero sia l'uomo bensì l'Essere stesso e che l'uomo sia solo un tramite.
E. Il pensiero dal punto di vista antropologico
Secondo
Lev Semyoronovič Vygotskji la natura del pensiero è socialmente determinata
dalla cultura d'appartenenza. Egli suddivide il pensiero in due tipologie:
- processi
cognitivi elementari, comuni a tutti gli esseri umani, che
consentono loro la percezione del mondo: astrazione, categorizzazione,
induzione e deduzione;
- sistemi
cognitivi funzionali: il
modo di organizzare la conoscenza dipende dal contesto culturale e dalla
necessità di risolvere particolari problemi. Ogni cultura, quindi, ha un sistema cognitivo diversi.
Vygotskij
definì 2 stili cognitivi diversi:
- stile
cognitivo globale: dalla totalità del fenomeno ai suoi
particolari;
- stile
cognitivo articolato:
dall'articolazione dei singoli elementi alla visione globale.
Questi
due stili non sono antinomici ma si trovano in un continuum e possono
dipendere dalle necessità di un individuo.
F. Pensiero e comportamento
Il
comportamento è preceduto dal pensiero già al livello del pensiero. Il comportamento
non è altro che l'estrinsecazione di una visione del mondo. Da questo punto di
vista la vera azione si opera già sul piano del pensiero, di cui il comportamento è solo un fenomeno
secondario o derivato.
L'attività
del pensare è,o dovrebbe essere, quella che meglio caratterizza l'essere umano.
In realtà tutti pensano, la differenza sta nella qualità e nei contenuti del
pensiero: è da questi se esso sarà banale, comune, debole, forte, alto. Le
condizioni (qualità, contenuti), a loro volta, dipendono dalla raffinatezza o
meno delle strutture del pensare (logico, matematico, artistico, intuitivo...) e
dalla natura delle informazioni immagazzinate. Un modo di pensare raffinato
procede per elaborazioni lente delle idee, con chiarezza e alla fine perviene a
una sintesi, che è la conclusione naturale di un intero ragionamento. Naturalmente
la sua comunicazione verbale è articolata in maniera discorsiva e pacata, senza
contrazioni linguistiche e senza enfasi oratoria. Ovviamente il tutto va
riempito di contenuti essenziali, veritieri, di forte spessore significativo.
Al pensiero qualitativamente raffinato si perviene gradualmente, ma, se si è
mentalmente liberi e aperti, anche con una costante continuità, che può
ammettere momenti di stasi, ma comunque li supera più o meno agevolmente.
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